Crollo al cantiere Esselunga a Firenze, quando il profitto colpisce a morte
di Renato Turturro
Sepolti dal cemento prefabbricato, in una catena di appalti e subappalti dove l’attenzione è rivolta tutta all’ opera da realizzare, a discapito della vita e della salute. In cambio la garanzia di poter soddisfare i bisogni della sopravvivenza. Spesso trasfertisti, pendolari di tratte sfiancanti, inquadrati in contratti distanti dalla mansione reale. Questo è una delle facce del settore edile, della realizzazione di opere come quella dell’ Esselunga di Firenze. Ci saranno indagini e verranno sicuramente individuate le ragioni tecniche di questo disastro, ma il campo non può essere soltanto giudiziario. Ci sono piani politici, sindacali, sociali, la questione lavoro con tutti i suoi aspetti è ancora un territorio da decolonizzare. Non può esistere sicurezza sul lavoro senza un salario dignitoso, non può essere barattata la sicurezza sul lavoro in cambio di un salario. Anche questo tema è un rapporto di forza dentro i rapporti di produzione e i rapporti sociali. Anche questo è cultura. È equilibrio ecosistemico.
Il centro di gravità dell’ edificio società è l’ organizzazione del lavoro in termini di sistema e di partecipazione reale dei lavoratori. Non ci serve l’ ennesima strage per allontanarne altre, alcune silenziose e quotidiane. Il lavoro e dei lavori in particolare, portano con sé dei rischi, l’ obiettivo della tanto declamata “prevenzione” è eliminare, ridurre e gestire questi rischi e i fattori determinanti sono molteplici. Il punto è: i lavoratori partecipano realmente all’ organizzazione del lavoro e alla tutela della loro sicurezza e salute? La risposta è: no! Continuare a negare questo è un atto contro la ricerca della verità. Si potrebbe anche rispondere: si, partecipano ma fino a dove viene concesso.
Esistono dei momenti storici che ci indicano che quando nell’ organizzazione del lavoro c’è la reale presenza operaia, affiancata da saperi con lenti operaie anziché aziendaliste, anche la salute e la sicurezza ne beneficiano. Non sappiamo se ciò funzionerebbe alla perfezione, all’ infinito, ma sappiamo certamente che questo sistema sociale dominante accetta e prevede una certa percentuale di infortuni, di vite di scarto, l’ umanità a perdere. Non bastano megacalcolatori per impedire una catastrofe, esiste il fatto accettarla e affrontarla per deviarne il percorso. Dentro i magazzini di Esselunga o nell’ ennesimo involucro riempito di merci estratte dal lavoro sfruttato di altri lavoratori e lavoratrici c’è qualcosa che lega anche altri settori come l’agricoltura, è la catena del valore.
Dispersi in tonellate di materiale, in zone d’ ombra e di silenzio, nelle aule di tribunale, in quartieri dormitorio, in presidi dignitosi, nel ruolo di “vittime” cucitogli comodamente addosso, facili da dimenticare, è qui che vivono questi fantasmi.
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