Prima picchiato, poi lasciato morire di emorragia interna sul pavimento di una cella: è la ricostruzione dei fatti proposta dall’agenzia indipendente egiziana Mada Masr delle ultime ore di vita del 22enne Mohamed Abdel Hakim Mahmoud, conosciuto da tutti come Afroto.
Dalle testimonianze dei compagni di cella e dai risultati dell’autopsia emerge una versione molto distante da quella fornita in prima battuta dalla polizia della stazione di al-Muqatam, quartiere operaio a sud est del Cairo: Afroto non è morto di overdose. È stato picchiato subito dopo l’arresto, poi sbattuto in una cella.
Gli altri detenuti hanno chiesto aiuto perché Afroto lamentava forti dolori all’addome: la risposta è stata il calcio di un poliziotto, che lo ha ucciso. L’autopsia nega la presenza di droghe nel corpo del giovane ma rivela lacerazione della milza e emorragia addominale.
Subito la morte del giovane aveva provocato la rabbia del quartiere: venerdì notte, dopo l’annuncio del decesso, centinaia di persone hanno provato ad assaltare la stazione di polizia, che ha reagito arrestando 43 persone e ferendone nove.
Ieri una svolta: la procura del Cairo-Sud ha ordinato la custodia per quattro giorni di due poliziotti, accusati di aver torturato e ucciso Afroto. Era stato arrestato poche ore prima, con l’accusa di spaccio di droghe. Lo hanno preso a calci e caricato a forza su un cellulare, raccontano testimoni a Mada Masr, nonostante non avessero trovato nulla perquisendolo in strada.
Chiara Cruciati
da il manifesto