Patrick Zaki resta dietro le sbarre mentre l’udienza sulla carcerazione preventiva che avrebbe dovuto tenersi lunedì è nuovamente rinviata.
Due giorni fa, per la quinta volta consecutiva, citando l’emergenza coronavirus e l’impossibilità di trasferirlo dal carcere al tribunale, la Procura della sicurezza del Cairo ha rimandato di un’altra settimana l’udienza che dovrebbe interrompere o estendere la detenzione preventiva.
Alla misura cautelare, abusata dalle autorità egiziane contro i prigionieri politici, Patrick è sottoposto dal 7 febbraio scorso, giorno dell’arresto all’aeroporto del Cairo, sebbene ufficialmente il fermo sarebbe avvenuto il giorno successivo.
Il giovane studente egiziano dell’Università di Bologna è detenuto nella famigerata prigione di Tora e i familiari non hanno modo di vederlo dallo scorso 9 marzo.
Di nuovo la motivazione è l’epidemia, emergenza abbastanza pericolosa per le autorità egiziane da impedire le visite familiari, ma non abbastanza da svuotare prigioni sovraffollate, dove da anni sono detenuti circa 60mila prigionieri politici.
Il rischio di un contagio di massa in celle sporche, piccole, con scarsa aerazione e luce solare, è elevatissimo. E cresce la preoccupazione per Zaki, malato di asma.
Fuori intanto prosegue il coprifuoco notturno, la chiusura di scuole, moschee, bar, ristoranti e – appunto – tribunali fino al 23 aprile, salvo estensione. A ieri i casi registrati in Egitto sono 2.190, 164 i decessi.
Chiara Cruciati
da il manifesto