Christopher Hein (Cir): «Le persone muoiono ai confini, ma da Bruxelles finora nessun aiuto»
«Siamo molto preoccupati, non solo perché finora non si sono visti da parte dell’Unione europea interventi per aiutare i migranti costretti a vivere al gelo, ma anche perché si prospetta una riforma del diritto di asilo europeo che renderà ancora più difficile ogni percorso di integrazione». Christopher Hein è consigliere strategico del Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati.
Le notizie che arrivano in questi giorni dalla Serbia e dalla Grecia sono drammatiche.
Alcuni rifugiati, tra i quali anche delle donne, sono morti ai confini di Bulgaria, Macedonia e Serbia. La situazione è drammatica in modo particolare a Belgrado visto che non tutti trovano un posto nei centri di accoglienza. Anche le Nazioni unite hanno lamentato che la politica di respingere i rifugiati ai confini lungo la rotta balcanica fa si che poi le persone rimangano letteralmente senza un tetto e in alcuni casi sono addirittura vittime di abusi e maltrattamenti da parte delle varie polizie. Per di più in Ungheria Orban ha annunciato l’intenzione di arrestare tutti i migranti che entrano nel paese, anche quelli che fanno domanda di asilo fino a quando non si è presa una decisione sullo status di protezione. Una decisione contraria a un’esplicita direttiva Ue secondo la quale nessun richiedente asilo può essere arrestato solo per aver presentato una richiesta di asilo.
Di fronte a tutto questo colpisce il silenzio dell’Unione europea.
Finora non ho visto nessun intervento preciso sull’emergenza freddo. La volontà di Bruxelles è che le persone restino in Turchia, quindi non sorprende che non sia intervenuta per evitare che le persone debbano morire di freddo quando si trovano fuori dai confini turchi. Inoltre la Germania mantiene la data del 15 marzo per ripristinare il regolamento di Dublino e rinviare i richiedenti asilo in Grecia. Mi auguro che cambi idea, ma per adesso è così.
Quest’anno potrebbe arrivare in porto la riforma del diritto di asilo europeo, ma non si annuncia niente di buono.
La commissione europea ha presentato a maggio una proposta sul cosiddetto Dublino IV e a luglio su tutti gli altri aspetti, che vanno dall’accoglienza alla procedura d’asilo ai diritti della protezione internazionale. L’ex presidenza slovacca ha poi introdotto il concetto di solidarietà flessibile, un programma di ricollocamento dei richiedenti asilo non obbligatorio, come dovrebbe essere e come è tutt’ora nella proposta dell commissione, ma nel quale ogni paese può decidere se accogliere rifugiati o partecipare in altri modi, magari inviando funzionari all’Easo o con un contributo economico. In più resta il principio del primo paese di approdo e il migrante che si sottrae viene punito con la detenzione e con un taglio ai benefici sociali fino a oggi previsti dalla direttiva sull’accoglienza. Un pacchetto che va nelle direzione per cui le persone devono rimanere dove si trovano e non vengano in Europa. E chi ce la fa comunque deve rimanere nel primo paese di arrivo che vuol dire innanzi tutto Italia e Grecia. Se si spostano vengono puniti. Questo è lo spirito che anima l’intero pacchetto di riforme e naturalmente tutta la società civile, le organizzazioni che in Europa si occupano della protezione dei rifugiati sono estremamente preoccupate. Tutto ciò alla vigilia del 25 marzo quando a Roma si celebrerà il sessantesimo anniversario del Trattato di Roma. Se questa riforma non verrà modificata, il rischio è che le persone saranno costrette a rimanere in un paese che per loro rappresenta solo una tappa necessaria per motivi geografici e questo renderà molto più difficile anche il percorso di integrazione. Inoltre il concetto di paese terzo sicuro ridurrà le possibilità di avere protezione dall’Unione europea, aumentando il rischio di respingimenti anche verso paesi come la Libia.
Carlo Lania
da il manifesto