Nemmeno con Saddam – che io sappia almeno – eravamo arrivati a tanto. Ci voleva Erdogan. Qui siamo ben oltre il divide et impera. Qui si va seminando, concimando e innaffiando l’odio tra popoli ugualmente oppressi, ugualmente perseguitati per le prossime dieci generazioni.
Negli anni ottanta del secolo scorso poteva capitare ai curdi che si opponevano alle pulizie etniche operate dal regime iracheno di trovarsi di fronte anche combattenti palestinesi al servizio di Bagdad (una scelta dettata dalla disperazione, si presume).
Ma stavolta, in Rojava (Siria del Nord) siamo alla vera e propria sostituzione, alla sistematica colonizzazione. L’unico esempio che mi viene in mente è quello adottato da Londra quando inviò coloni scozzesi (celti come gli irlandesi, ma presbiteriani) nell’Ulster per occupare le terre degli indigeni. Un sistema poi adottato a varie latitudini.
I fatti. In alcuni villaggi di curdi yazidi del cantone di Afrin (territorio sotto l’occupazione dei militari turchi e delle milizie mercenarie islamiste), grazie ai finanziamenti ampiamente elargiti da Qatar e Kuwait (e grazie alla copertura umanitaria fornita da associazioni come “Le mani Bianche” e “Vivere nella Dignità”), la Turchia sta costruendo decine di abitazioni e insediamenti sia per le famiglie dei miliziani jihadisti al suo servizio, sia per quelle di sfollati palestinesi.
Solo negli ultimi mesi sono già state realizzate decine di colonie nei distretti di Jandris, Sherawa, Sheh, Mobata, Rajo, Bulbul e Shara. Oltre che nella città di Afrin.
Non è quindi per niente casuale che anche l’ultima – per ora – realizzazione, nel villaggio yazida di Shadiriya (distretto di Sherawa), sia stata denominata “colonia Basma”. Qui verrebbero collocati soprattutto palestinesi scacciati dalle loro case ancora nel 1948 e i loro discendenti.
Attualmente il complesso delle prime colonie comprende almeno otto blocchi residenziali (un centinaio di appartamenti), oltre a una moschea, un centro di “apprendimento del Corano” e un presidio sanitario.
A operare insieme a quelle turche nella realizzazione delle colonie in quel di Afrin, vi sarebbero varie società e istituzioni dei Paesi del Golfo. In particolare: Shelikh Abdullah Al-Nouru Charitable Society, l’Organizzazione internazionale di beneficenza islamica, il Ministero per gli affari religiosi dello Stato del Kuwait, Qatari Rama, La Casa kuwaitiana Zakat, L’Assemblea Mondiale della Gioventù islamica, La Società Riformata e il Comitato delle Opere Caritatevoli del Bahrein, La Società Caritatevole Kuwaitiana Al Najat.
Come è noto sia il Qatar che il Kuwait stanno contemporaneamente sostenendo vari gruppi islamisti in Siria.
Quella che si va prospettando è una vera e propria – e definitiva, temo – sostituzione etnica e demografica dei territori in precedenza abitati prevalentemente da curdi.
Non ho elementi in proposito, ma – così a naso – direi che la cosa dovrebbe risultare gradita (oltre che al regime di Damasco) anche a Israele. Un modo “elegante” per togliersi definitivamente di torno qualche centinaio di famiglie palestinesi dopo averle scacciate dalla propria terra e dalla propria casa.
Solo un’impressione naturalmente.
Gianni Sartori