Menu

Esecuzioni capitali negli USA

Pena di morte: Arizona, Tennessee e Texas

DOPO 7 ANNI L’ARIZONA VUOLE RIPRENDERE LE ESECUZIONI

Il Procuratore Generale dell’Arizona Mark Brnovich ha chiesto di riattivare la macchina della morte nel suo stato, ferma da 7 anni a causa di un macabro ‘incidente’, e ha chiesto alla Corte Suprema dell’Arizona di fissare le date di esecuzione per due condannati: Clarence Dixon e Frank Atwood. La mossa di Brnovich ha suscitato, giustamente, aspre polemiche in Arizona.

Sono passati sette 7 anni da quando l’Arizona portò a termine l’ultima esecuzione capitale, quella di Joseph Wood. Un’esecuzione ‘fallita’ nel corso della quale il condannato rantolò per due ore prima di morire (1).

Il 6 aprile u. s. si è saputo che il Procuratore Generale dell’Arizona Mark Brnovich ha chiesto alla Corte Suprema dell’Arizona di fissare le date di esecuzione per due condannati: Clarence Dixon e Frank Atwood. A marzo il dipartimento carcerario rese noto di aver ottenuto una fornitura del barbiturico pentobarbital e di essere pronto a riprendere le esecuzioni. Notiamo che fino ad ora nessuno stato USA, tranne il Texas, ha programmato esecuzioni per il 2021.

L’annuncio del Procuratore Generale Brnovich ha suscitato l’immediata reazione dei gruppi per la giustizia razziale e per i diritti civili.

Gli avvocati di Dixon e di Atwood hanno contestato aspramente le dichiarazioni del Procuratore Generale riguardo ai due casi. Dixon, dicono, è malato di mente e ha anche gravi disabilità fisiche, e il suo stato mentale non può essere adeguatamente valutato mentre le preoccupazioni legate alla pandemia limitano la possibilità degli esperti di viaggiare e di condurre gli accertqmenti necessari. Atwood sostiene la sua innocenza, ma la possibilità dei suoi avvocati difensori di indagare e presentare prove a sostegno di quanto afferma è ostacolata dalla pandemia.

“Alla luce della grave malattia mentale di Clarence Dixon e delle disabilità fisiche, compresa la cecità, sarebbe inconcepibile per lo stato dell’Arizona giustiziarlo”, ha dichiarato l’avvocato di Dixon, Dale Baich. “Inoltre, cercando di giustiziare Dixon, lo stato sta tentando di aggirare la propria responsabilità per non averlo protetto dagli orribili abusi e dall’abbandono che ha subito da bambino, per non aver attuato un’adeguata supervisione quando Dixon è stato trovato non colpevole per motivi di follia in relazione a un altro crimine solo pochi giorni prima dell’omicidio, e per non aver condotto un’indagine approfondita e affidabile sul caso”.

In un articolo dell’8 aprile, intitolato: “Non è folle giustiziare un assassino malato di mente?”, l’editorialista dell’Arizona Republic, E. J. Montini, ha notato che la “storia di malattia mentale di Dixon è lunga e incontestata”. Ci sarebbe “qualcosa di squilibrato in un sistema che lo dovesse mettere a morte”, ha scritto Montini.

L’avvocato di Atwood, Joseph Perkovich, ha detto che anche nel suo caso erano presenti problemi significativi. “La causa di Frank Atwood dall’inizio del 2020 è stata compromessa dalla pandemia di COVID-19”, ha dichiarato Perkovich. “Lo Stato sta ora tentando di spazzare via le problematiche più profonde che possono sorgere nel nostro sistema giuridico, tra cui l’effettiva colpevolezza del condannato per il crimine di cui è accusato, e se la morte sia una punizione moralmente o legalmente sostenibile. Atwood deve avere l’opportunità di presentare tali questioni prima che la Corte Suprema dell’Arizona decida di fissare una data per l’esecuzione”. Atwood dice che testimoni oculari hanno visto la vittima del suo caso viva diverse ore dopo il presunto incontro con lui.

Anche i sostenitori della giustizia sociale hanno fortemente criticato l’annuncio di Brnovich. In una lettera al governatore Doug Ducey, 18 gruppi per i diritti civili nazionali e locali guidati dall’ACLU statale e nazionale hanno esortato il governatore a “riconsiderare la decisione di riprendere le esecuzioni”. Nella loro lettera hanno notato che la pena capitale “continua a essere applicata in modo razzista, è soggetta a errori, è costosa e colpisce in modo sproporzionato gli individui vulnerabili”. La lettera mette in guardia sull’inaffidabilità della pena di morte, sottolineando le 10 assoluzioni di condannati nel braccio della morte in Arizona e le 185 a livello nazionale da quando la pena capitale è stata riattivata negli Stati Uniti negli anni ’70.

21 ex agenti penitenziari hanno scritto al governatore Ducey, avvertendolo che la ripresa delle esecuzioni potrebbe esigere un tributo significativo a carico dei lavoratori della prigione incaricati di effettuare le esecuzioni. “Quelli di noi che hanno partecipato ad esecuzioni hanno vissuto il trauma in prima persona, mentre altri sono stati testimoni dell’onere sopportato dai colleghi. Disordini da stress post-traumatico, abuso di sostanze e persino suicidi aumentano tra il personale penitenziario nella vicinanza di un’esecuzione, anche tra coloro che non vi partecipano direttamente”, hanno scritto. “Gli uomini e le donne che hanno intrapreso l’importante e impegnativo lavoro di mantenere le prigioni dell’Arizona sicure e protette non dovrebbero affrontare questo ulteriore peso”.

Quattro consiglieri spirituali che hanno seguito prigionieri giustiziati dal governo federale hanno fatto presente al governatore Ducey il trauma causato dalle esecuzioni. “Riconosciamo il profondo dolore delle famiglie delle vittime di omicidio, e auguriamo loro pace e guarigione”, hanno scritto al governatore. “Ma allo stesso tempo, abbiamo constatato che le esecuzioni non danno conforto, bensì perpetuano il ciclo della violenza e del dolore”.

(1) Vedi numero 215

FEBBRILE MOBILITAZIONE IN TENNESSEE PER SALVARE PERVIS PAYNE

In Tennessee era stata fissata per il 3 dicembre scorso l’esecuzione del nero Pervis Payne. Ma il condannato è ancora vivo anche a causa della fortissima e crescente mobilitazione in suo favore, non solo in Tennessee ma in tutti gli Stati Uniti d’America.

L’esecuzione di Pervis Payne condannato a morte in Tennessee era stata fissata per il 3 dicembre 2020 e nei mesi precedenti si era sviluppata una forte mobilitazione in suo favore. (1).

L’esecuzione di Payne era stata poi sospesa fino al 9 aprile u. s. Avvicinandosi tale data è cresciuta la mobilitazione in ambito nazionale e internazionale per salvare il condannato. Una petizione in cui si chiede la grazia per Payne, lanciata dal The Innocence Project, è stata firmata da oltre 600.000 persone.

I sostenitori di Payne fanno parte di numerose organizzazioni religiose, legali e per i diritti civili, tra i quali il Comitato dei Parlamentari di Colore del Tennessee, l’ACLU del Tennessee, l’associazione giudaica Bend the Arc, l’Associazione degli avvocati penalisti del Tennessee, i vescovi cattolici del Tennessee, l’Associazione dei Conservatori Preoccupati per la Pena di Morte, la Coalizione dei Disabili del Tennessee, l’Associazione Nazionale degli Avvocati di Colore (2).

Note personalità, tra le quali l’attivista per i diritti civili Martin Luther King III, l’ex giudice e accusatore Ken Starr, l’attrice Alyssa Milano, si sono unite a coloro che chiedono al Governatore Bill Lee di commutare la sentenza capitale di Peyne.

Oltre alla petizione promossa dall’Innocence Project, è stato realizzato e postato su TikTok un video che sostiene la causa di Peyne. Tale video è stato visualizzato oltre 9 milioni di volte.

Per contrastare gli sforzi dell’accusa di ottenere l’esecuzione di Payne, il Tennessee Black Caucus of State Legislators, un’associazione di parlamentari che difende gli afroamericani, è riuscita a far approvare il 14 aprile u. s. una legge che consente a tutti i condannati a morte di contestare la loro condanna a motivo della disabilità mentale (anche a coloro che, come Payne, furono condannati prima che la Corte Suprema USA consentisse ai condannati a morte di contestare la condanna a motivo della disabilità intellettuale). Per l’entrata in vigore di tale legge manca solo la firma del Governatore Bill Lee.

Payne si è sempre dichiarato innocente dell’omicidio di Charisse Christopher e della figlia di due anni avvenuto nel 1987. Dice di aver sentito grida di aiuto provenire dall’appartamento della Christopher, di essere accorso e di essersi imbattuto nella raccapricciante scena del crimine. Dice che durante il tentativo di aiutare la Christopher toccò il coltello che era ancora incastrato nella sua gola e si macchiò di sangue i vestiti. I Risultati di recenti test del DNA sono coerenti con la versione di Payne: il DNA di Payne è presente sulla lama del coltello, ma non sul manico dove è stato rilevato il DNA di un uomo non identificato (3). Il profilo del DNA di quell’uomo non è sufficientemente completo per essere rintracciato nel database nazionale del DNA e la giudice della Corte Penale della contea di Shelby, Paula Skahan, ha affermato che la presenza del DNA dell’uomo non identificato non è sufficiente a dimostrare l’innocenza di Payne.

La difesa di Payne sostiene che la sua condanna è anche frutto di pregiudizi razziali e di azioni scorrette dell’accusa. Nel dicembre 2019, un ordine della corte consentì per la prima volta alla difesa di accedere alle prove costituite da macchie di sangue su una sciarpa, sulle lenzuola e su un cuscino. Kelley Henry, uno degli avvocati che rappresenta Payne, ha detto: “L’accusa ha nascosto illegalmente queste prove per tre decenni. Questo è male”.

(1) Vedi numeri 276 e 277, Notiziario; 279.

(2) Riportiamo i nomi originali in inglese dei gruppi qui citati: Tennessee Black Caucus of State Legislators, ACLU of Tennessee, Bend the Arc, Tennessee Association of Criminal Defense Lawyers, Tennessee Catholic Bishops, Tennessee Conservatives Concerned About the Death Penalty, Tennessee Disability Coalition, Ben F. Jones chapter of the National Bar Association.

(3) Vedi n. 279

RUBEN GUTIERREZ, ANCORA VIVO IN TEXAS PER MIRACOLO, SI SALVERÀ?

Il 23 marzo u.s. è stato concesso un test del DNA a Ruben Gutierrez, la cui esecuzione era stata miracolosamente sospesa all’ultimo minuto avendo il Texas rifiutato al suo consigliere spirituale di entrare nella camera di esecuzione (1).

In una sentenza di 26 pagine emessa il 23 marzo, la giudice federale distrettuale Hilda Tagle ha aperto la strada a Ruben Gutierrez per ottenere il test del DNA che lui sostiene proverà la sua innocenza.

La sentenza è l’ultima svolta in un viaggio tortuoso attraverso il sistema legale in cui Gutierrez per due volte dal 2019 è stato sul punto di essere messo a morte.

Gutierrez fu condannato alla pena capitale per l’omicidio di un’anziana donna di Brownsville in Texas nel 1988, commesso durante una rapina. Gutierrez dichiarò alla polizia di essere a conoscenza del fatto che i suoi coimputati avevano intenzione di commettere una rapina ma che, mentre i coimputati rapinavano e pugnalavano a morte la vittima, lui stava aspettando in un parco. Ruben Gutierrez ha richiesto il test del DNA a sostegno della sua innocenza e ripetendo che l’omicidio fu commesso da uno dei coimputati.

Sotto le unghie della vittima la polizia aveva prelevato materiale organico e un capello ma senza che venisse fatto alcun test.

La legge del Texas concede ai condannati a morte il diritto al test del DNA e il diritto di presentare una petizione di habeas corpus per dimostrare la propria innocenza. Tuttavia, ha scritto la giudice Tagle, lo Stato ha reso tali diritti “illusori” limitando l’accesso al test del DNA solo ai casi in cui si vuole provare l’estraneità dell’imputato dal crimine. “Una procedura che equivale a un ‘rituale senza senso’ è storicamente e contemporaneamente smentita dai tribunali”, ha scritto la Tagle. “Dare a un imputato il diritto a una successiva petizione per la non colpevolezza … ma poi negargli il test del DNA … a meno che non possa dimostrare l’innocenza rispetto al crimine è fondamentalmente ingiusto e viola l’equità di un processo”.

Gli accusatori statali avevano sostenuto che Gutierrez non aveva diritto al test del DNA perché secondo la legge del Texas si può essere condannati a morte indipendentemente dal fatto che si sia personalmente commesso l’omicidio. La controversa “legge delle parti” ritiene un partecipante a un reato penalmente responsabile per gli atti compiuti dagli altri.

La difesa di Gutierrez, al contrario, ha sostenuto che la giuria non può votare per la condanna a morte a meno che non trovi che l’’imputato abbia ucciso o inteso uccidere nel corso del crimine. Gli avvocati difensori affermano che la prova del DNA dimostrando che lui non è l’assassino avrebbe fatto la differenza tra la vita e la morte.

Il team di difesa di Gutierrez ha dichiarato che l’accusatore distrettuale di Brownsville Louis Saenz ha, “senza dare spiegazioni,” ripetutamente rifiutato le richieste della difesa di accedere alle prove per condurre il test del DNA. “Se [Saenz] è così sicuro che la condanna del signor Gutierrez e la sentenza di morte siano valide e che il signor Gutierrez meriti di morire”, ha detto il difensore federale Shawn Nolan, “non ci può essere motivo di continuare a rifiutare le nostre ragionevoli richieste di questo test”.

Gutierrez è arrivato a 8 giorni dall’esecuzione nell’ottobre 2019, quando, senza pronunciarsi sulla sua richiesta di test del DNA, la Corte d’appello penale del Texas sospese la sua esecuzione a causa del mancato rispetto da parte dello Stato dei passi procedurali obbligatori nell’emissione e nella notifica del suo mandato di morte. Nel giugno 2020 Gutierrez era arrivato ad un’ora dall’esecuzione prima che la Corte Suprema degli Stati Uniti la sospendesse per il rifiuto del Texas di permettere a un cappellano di accompagnare Gutierrez nella camera della morte.

L’accusa ha immediatamente fatto ricorso contro la sentenza favorevole a Gutierrez.

articoli ripresi dal «Foglio di collegamento» del Comitato Paul Rogeau