Etiopia: cessate il fuoco con la ribellione del Tigray, ma bombardamenti sugli Oromo
Risale a circa un mese fa il cessate il fuoco concordato tra il governo di Addis Abeba e gli insorti del Tigray. Rimane invece irrisolta la questione dell’altra regione ribelle, l’Oromia.
di Gianni Sartori
Divisa in 12 stati federali, con la sua popolazione di circa 120 milioni di abitanti, l’Etiopia costituisce un vasto mosaico di gruppi etnici (un’ottantina), situazione che periodicamente ha portato a contenziosi e conflitti con il governo di Addis Abeba.
Risale a circa un mese fa il cessate il fuoco concordato tra il governo di Addis Abeba e gli insorti del Tigray.
Rimane invece irrisolta la questione dell’altra regione ribelle, l’Oromia.
Abitata dagli Oromo (presenti anche nel Kenya e un tempo conosciuti come Galla, termine caduto in disuso in quanto ritenuto dispregiativo) e che sarebbe opportuno coinvolgere nei colloqui peraccordi di pace.
Invece, sempre circa un mese fa (la notizia risaliva al 28 ottobre 2022), il Fronte di Liberazione Oromo (Olf) e l’Oromo Liberation Army (Ola) lanciavano una grave accusa al governo etiope, ossia di aver attaccato con l’aviazione causando la morte anche di centinaia di civili.
Gli Oromo costituiscono il più numeroso gruppo etnico (40 milioni, il 35% della popolazione complessiva) presente nel territorio dell’Etiopia. Ma spesso vivono in una situazione di sottosviluppo, marginalizzazione e discriminazione che, almeno in parte, sarebbe indotta dalle politiche del governo federale.
Fatalmente ciò ha favorito la nascita di movimenti e organizzazioni che intendevano battersi sia per l’autodeterminazione del popolo Oromo. Alcuni apertamente indipendentisti*.
Nata nel 1963, la Mecha and Tulama Self-Help Organization venne sciolta forzatamente nel 1966.
Maggior fortuna ebbe la Oromo people’s Democratic Organization (OPDO) che rappresenta uno dei quattro partiti al governo in Etiopia.
Tra l’altro è Oromo, il primo di questa etnia a ricoprire la carica, il primo ministro Abiy Ahmed.
L’anno scorso, nel dicembre 2021, nel quadro della commissione per il dialogo nazionale, vennero rimessi in libertà, oltre a esponenti del TPLF (Fronte popolare di liberazione del Tigray), anche membri dei gruppi Amhara e Oromo. Inoltre nelgennaio 2022, Abiy Ahmed ha invocato pubblicamente la “riconciliazione nazionale” durante le celebrazioni per il Natale ortodosso. Anche, si presume, per eludere la minaccia di sanzioni da parte degli USA.