Alika ucciso a Civitanova Marche è il frutto del clima avvelenato
di Sergio Sinigaglia
Il 5 luglio del 2016 a Fermo toccò a Emmanuel Chidi Namdi, ucciso con un pugno da Amedeo Mancini, frequentatore della curva di tifosi e “balordo” di cui si diceva avesse simpatia di estrema destra; il 3 febbraio del 2018 Luca Traini, già candidato per la Lega alle elezioni locali e noto per la sua appartenenza fascista, per puro caso non fece una strage sparando nel centro di Macerata e ferendo sei immigrati.
Il 29 luglio è stato il turno di Alika Ogorchuwkwu, nigeriano di 39 anni, che nel pieno centro di Civitanova cercava di vendere qualche confezione di fazzoletti. È stato brutalmente aggredito dall’operaio trentaduenne Filippo Ferlazzo perché a suo dire Alika “aveva importunato” sua moglie, tesi alquanto improbabile e di comodo e che nulla giustifica.
Lo ha inseguito, gli ha strappato la stampella con cui l’immigrato si sosteneva a causa di un incidente automobilistico, lo ha picchiato, fino a stenderlo a terra e soffocarlo. Intorno le persone hanno filmato, fotografato, ma non hanno alzato un dito per impedire che la tragedia si compisse.
Ancora le Marche, un tempo ritenute “isola felice”, lontane dalle cronache nazionali, decantate per la loro economia, modello vincente, incentrato sulla laboriosa piccola e micro industria, oggi massacrata da anni dalla crisi economica, dalla fine di un sistema basato sullo sfruttamento e spesso sull’autosfruttamento.
Un modello il cui fulcro era proprio nei luoghi in cui si sono verificati i fatti sopra citati. Ma la crisi forse c’entra relativamente con tutto questo, così come è relativa la collocazione politica. Ignoriamo se Ferlazzo votasse a destra, o chissà cosa. E’ del tutto secondario, dato che basta guardarsi intorno e verificare costantemente il mutamento antropologico avvenuto in questo Paese, come in buona parte d’Europa, ma che qui fa i conti con un lontano “passato” che incide ancora profondamente, come un fiume carsico.
Ci aspettano elezioni dove tutti gli indicatori vedono in testa il partito che insieme alla Lega più ha seminato odio e intolleranza nei confronti dei migranti ed è l’erede del fascismo italiano, la cui leader ha visto il suo libro autobiografico in testa alle classifiche dei testi più venduti per diverso tempo.
Ma crediamo che le pulsioni contro gli immigrati e le fasce disagiate della popolazione vadano appunto oltre la semplice collocazione ideologica. Sono il veleno seminato dalle stesse istituzioni, dallo Stato attraverso una legislazione vessatoria e discriminante, dove, tanto per fare un esempio, una legge di buonsenso come lo Ius soli non trova spazio, dove quotidianamente la guerra contro i poveri scorre nelle strade sotto i nostri occhi, in mille modi, con pratiche odiose e repressive che vedono in prima fila le forze di polizia. E in questo scenario, descritto sommariamente, che poi trovano linfa crimini come quello accaduto a Civitanova. Ci si può permettere di uccidere davanti a testimoni un immigrato perché si ha la consapevolezza che ci sia un contesto dove l’intolleranza verso gli ultimi è accettata e tollerata.
Gli ipocriti che oggi sui giornali commentano esterrefatti l’allucinante immagine di Ferlazzo che soffoca Alika farebbero bene a tacere e pensare a quanto in questi anni abbiano favorito la crescita di questo clima e soprattutto appoggiato governi che nel migliore dei casi, poco o nulla hanno fatto per invertire questa tendenza, proporre provvedimenti efficaci, anche sul piano sociale, per contrastare la deriva in atto. E a quanto facciano per impedire quotidianamente le decine di morti di chi cerca di arrivare sulle nostre coste. Compreso il governo che è ancora in carica.
A noi “costruttori di ponti, per dirla con il nostro Alex Langer, il compito di continuare ad agire come antidoto all’odio, all’intolleranza e al razzismo.
da pressenza