La storia giudiziaria di Vincenzo Vecchi potrebbe avviarsi verso la conclusione. Oggi la Cour de Cassation di Parigi decide il destino di Vincenzo Vecchi, l’unico condannato per gli scontri che è riuscito a sottrarsi all’arresto. 21 anni dopo l’Italia vuole farselo consegnare. Dopo due No dai tribunali francesi una sentenza europea ha riaperto il caso. Dalla parte di Vecchi anche la premio Nobel Annie Ernaux: «L’Italia applica una norma fascista»
di Giansandro Merli
A 7.750 giorni dalla fine del G8 di Genova giunge al capolinea anche la vicenda giudiziaria. L’ultimo atto sarà scritto oggi dalla Cour de Cassation di Parigi. Riguarda Vincenzo Vecchi, l’unico dei dieci manifestanti condannati a oltre 100 anni di carcere riuscito a sottrarsi all’arresto. Gli altri nove hanno scontato le loro pene, costretti a pagare tutto a differenza dei condannati delle forze dell’ordine che in cella non hanno trascorso neanche un giorno. Il 22 settembre scorso è stato liberato Luca Finotti. Dietro le sbarre rimaneva solo lui.
VECCHI, oggi 49enne, si era reso irreperibile dopo che il 13 luglio 2012 la sentenza di 12 anni e mezzo di carcere era diventata definitiva. Dei quattro reati di cui è stato giudicato colpevole il principale è «devastazione e saccheggio», punito con dieci anni di reclusione. L’8 agosto 2019 la polizia francese, in contatto con la digos di Milano, l’ha arrestato a Rochefort-en-Terre, paesino di 650 abitanti in Bretagna dove lavorava come imbianchino. Sulla sua testa pendeva un mandato di arresto europeo (Mae) emesso il 6 giugno 2016 dall’Italia. Sembrava l’epilogo della fuga, invece la straordinaria mobilitazione del comitato «Soutien Vincenzo», composto da alcune decine di compaesani indignati, e l’azione dei legali Maxime Tessier e Catherine Glon hanno ribaltato un verdetto che pareva scontato.
TRE MESI DOPO l’arresto, la Corte d’appello di Rennes ha liberato Vecchi e chiesto all’Italia un’integrazione di documenti. A novembre ha rifiutato la consegna dell’uomo per motivi procedurali. La Cassazione francese ha annullato questa decisione e la causa è finita davanti alla Corte d’appello di Angers. Anche questa ha negato la consegna di Vecchi allo Stato italiano perché il codice penale transalpino non contempla il crimine di devastazione e saccheggio. La decisione si basa sul principio della «doppia incriminabilità» secondo cui il reato deve essere riconosciuto anche dal paese che dà esecuzione al mandato d’arresto europeo.
IL PROCURATORE GENERALE di Angers ha presentato un nuovo ricorso in Cassazione che a sua volta ha sollevato tre questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia Ue chiedendo di interpretare alcune parti del Mae. Il tribunale di Lussemburgo ha stabilito una lettura restrittiva della doppia incriminabilità affermando che non serve una corrispondenza esatta tra gli elementi costitutivi del reato. Ha poi affermato che la proporzionalità della pena è garantita dall’autorità giudiziaria che ha emesso la condanna. Privilegiando così il principio del «riconoscimento reciproco» tra i sistemi penali.
UNA SCELTA che i difensori di Vecchi ritengono pericolosa, non solo per il loro assistito. «La doppia incriminabilità serve a proteggere i cittadini dagli Stati in cui c’è una deriva anti-democratica. Immaginiamo che un paese proibisca completamente l’interruzione volontaria di gravidanza. Una donna condannata per aver abortito si rifugia in Francia. Dovremmo consegnarla? Sarebbe gravissimo e in contrasto con i nostri principi giuridici», afferma Tessier. L’avvocato è convinto che in ballo ci sia la violazione di diritti fondamentali del cittadino e ha posto alla Cassazione una questione di priorità costituzionale che questa potrebbe trasmettere al Consiglio costituzionale.
È UNA DELLE QUATTRO possibilità che Vecchi ha davanti. Nella migliore la Cour de Cassation conferma la decisione del tribunale di Angers. Nella peggiore respinge gli argomenti della difesa e dispone direttamente il trasferimento in Italia. In alternativa può passare la palla a un altro giudice che dovrebbe decidere sulla base della sentenza Ue.
LA VICENDA DI VECCHI ha fatto molto rumore in Francia. Non tanto per la storica disponibilità ad accogliere militanti politici perseguitati dall’Italia, quanto per la specificità del reato di devastazione e saccheggio. Un detrito giuridico dell’epoca fascista utilizzato dagli anni ’90 contro gli ultras e dopo il G8 di Genova contro molti manifestanti. In un’immagine diffusa dal comitato «Soutien Vincenzo» si vede Mussolini che poggia un peso sulla bilancia in mano alla dea della giustizia, con gli occhi bendati da una bandiera europea, facendola pendere da un lato.
IMPORTANTI PERSONALITÀ del mondo della cultura e dello spettacolo hanno difeso pubblicamente Vecchi. Tra loro la premio Nobel per la letteratura Annie Ernaux che insieme ad altri scrittori e registi ha firmato un articolo su Le Monde in cui definisce l’articolo 419 del codice penale italiano un «dispositivo fascista lontano dal diritto democratico», una minaccia alle libertà pubbliche e al diritto di manifestare. Particolare indignazione suscitano le fattispecie del reato che prevede pene durissime, tra 8 e 15 anni, sulla base del concorso morale o della compartecipazione psichica agli scontri di piazza. Quindi anche senza responsabilità dirette. Come avvenuto con i manifestanti di Genova, compreso Vecchi. Gli intellettuali chiedono alla Cour de Cassation di tutelare i diritti fondamentali confermando la decisione di Angers.
L’ASSOCIAZIONE Ligue des droits de l’homme, fondata nel 1898, ha parlato di «accanimento giudiziario» contro una persona «perfettamente integrata in Francia da dieci anni». A sostegno di Vecchi ci sono state molte manifestazioni, sabato scorso anche a Milano, e 76 parlamentari della Nupes hanno firmato un appello. Il leader della forza di opposizione rosso-verde Jean-Luc Mélenchon ha partecipato di persona alla presentazione dell’iniziativa dichiarando: «Sarebbe un cattivo presagio vedere Giorgia Meloni arrivare al potere in Italia, patria dell’umanesimo, e avere come prima relazione con la Repubblica francese la consegna di chi non ha commesso alcun crimine».
da il manifesto
***************
Vincenzo: una storia che non smette di iniziare mai
La storia giudiziaria di Vincenzo potrebbe avviarsi verso la conclusione.
Vincenzo, è un compagno ed un amico: per questo abbiamo cominciato a raccontare la sua storia nel settembre del 2019.
Prima siamo andati direttamente a Rochefort En Terre a conoscere il Comité Soutien, nato nei giorni immediatamente successivi al suo arresto (qui l’intervista); sempre lì siamo tornati dopo la sua liberazione dal carcere di Rennes e chiacchierando con lui abbiamo registrato una lunga testimonianza ( che potete riascoltare qui); durante lo stesso viaggio abbiamo chiesto al Comité Soutien di raccontarci del M.A.E. e della situazione legale di Vincenzo (qui).
Nei due anni seguenti abbiamo seguito i passaggi decisivi del procedimento giudiziario, pubblicando un commento alla sentenza di Anger, quella che ha negato l’estradizione per devastazione e saccheggio (lo trovate qui), e un commento ai quesiti posti alla Corte di Giustizia Europea dopo il ricorso in cassazione (lo trovate qui).
Infine quest’estate abbiamo chiesto a uno degli avvocati italiani di Vincenzo di spiegarci come e perché Vincenzo rischia nuovamente l’estradizione (lo puoi riascoltare qui).
Inoltre, sempre attinente, in occasione del ventennale di Genova 2001 avevamo composto un piccolo speciale a tema, per non dimenticare (lo trovi qui).
In questi giorni di attesa, in vista del possibile pronunciamento di martedì 11 ottobre, abbiamo provato a riannodare i fili di questa vicenda usando alcuni di questi vecchi spezzoni d’archivio. Con questi audio abbiamo dialogato, in un’immaginaria conversazione al bar, cercando il punto di inizio di questa storia. Una storia che non smette di iniziare mai, come quella di tutti noi.
L’approfondimento di Radio Cane Ascolta o Scarica