La criminalizzazione dell’attivismo climatico in Germania
di Elias König
Non va tutto bene sul fronte climatico. Come se le recenti notizie sul ritorno di El Niño, con le sue conseguenze potenzialmente devastanti, non fossero già abbastanza cupe, un’ondata di repressione dell’attivismo climatico è tuttora in corso. E potrebbe peggiorare.
I più ardenti difensori della svolta autoritaria sono proprio gli autoproclamatisi “leader climatici” a capo dei governi, compreso quello della Francia macronista, che ha appena vietato il più grande movimento di azione diretta ambientale del paese, o il Regno Unito di Rishi Sunak (una “superpotenza energetica pulita”), dove sono entrate in vigore nuove leggi di polizia volte a limitare le proteste ambientaliste.
Il fenomeno non è limitato ai paesi del nord ricco: si considerino i casi del Brasile o del Messico, dove anche presidenti socialdemocratici con ambizioni ecologiste stanno prendendo di mira i difensori dell’ambiente. Come dare un senso a questa congiunzione di riscaldamento e repressione globali, specialmente nel contesto di un presunto capitalismo “verde”?
La Germania è un esempio calzante. Il governo eletto nel settembre 2021, all’indomani delle più grandi proteste climatiche del paese, è l’epitome della convergenza della classe dirigente intorno alla modernizzazione ecologica. Composto da Verdi, socialdemocratici e i neoliberisti Liberali Democratici, aveva promesso di essere il primo “governo climatico” della Germania, annunciando il suo impegno per la decarbonizzazione della base industriale del paese e per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni in linea con l’accordo di Parigi.
Ha poi tradito questi impegni a una velocità che nemmeno i precedenti governi di destra avevano osato: tra i primi a cadere è stato il progetto di cancellare gli investimenti esteri tedeschi in infrastrutture per combustibili fossili, annunciato negli ultimi giorni dell’amministrazione Merkel al vertice sul clima di Glasgow del 2021. Sotto l’egida del neoeletto “cancelliere per il clima” Olaf Scholz, il governo ha rapidamente fatto marcia indietro e ha invece dato nuovo impulso all’imperialismo fossile tedesco, che da allora ha continuato a versare miliardi di dollari in bombe di carbonio in tutto il mondo.
Anche gli impegni domestici iniziano a sgretolarsi. Giustificata come risposta all’invasione russa dell’Ucraina, le vecchie centrali a carbone e nucleari sono state riaccese ed è stata avviata una massiccia espansione delle infrastrutture per il gas fossile. Il governo ha anche stretto un accordo con RWE, il più grande conglomerato carbonifero della nazione, in cui si è impegnato a sostenere la produzione di questo combustibile nella più grande regione carbonifera della Germania fino al 2030 – rendendo praticamente impossibile il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni della Germania.
Le proteste contro questo accordo si sono consolidate nell’occupazione di Lützerath, un piccolo villaggio per il quale era pianificata la distruzione al fine di permettere l’ulteriore ampliamento della miniera di lignite di RWE. Sebbene l’occupazione abbia ottenuto una significativa approvazione popolare, non si è rivelata un serio ostacolo politico per il governo ed è stata sfrattata rapidamente e violentemente dalla polizia.
Pochi mesi dopo la battaglia di Lützerath, l’amministrazione Scholz ha annunciato che avrebbe eliminato del tutto gli obiettivi settoriali, rimuovendo un altro elemento chiave della legislazione sul clima. Ancora, qualche settimana dopo, la sostanziale inversione dei piani della coalizione di vietare l’uso di combustibili per il riscaldamento domestico ha segnato un’altra vittoria politica per la lobby del fossile. L’unico elemento politico significativo su cui tutte le parti sono state in grado di concordare è stato quello di fornire sostegno alla nuova politica migratoria dell’UE che sostanzialmente abolisce il diritto di asilo: l’apartheid climatico è ora politica ufficiale del governo.
UN ATTACCO FRONTALE
Come altrove, la recente offensiva sui fossili è stata affiancata da un attacco frontale al movimento per la giustizia climatica. Lo stesso cancelliere Scholz ha dato la linea nel maggio 2021, quando ha paragonato gli attivisti per il clima ai nazisti. Poco dopo, una campagna mediatica di destra ha iniziato a dipingere gli attivisti per il clima come “terroristi”, con alcune testate apertamente a sostegno della violenza contro i manifestanti. Sono state ampiamente diffuse affermazioni prive di fondamento secondo cui gli attivisti potrebbero formare una “Frazione dell’Armata Verde”, un’allusione alla lotta armata dei militanti di sinistra appartenenti alla “Frazione dell’Armata Rossa” nella Germania occidentale del XX secolo. Nello stato della Baviera, la polizia ha iniziato a detenere gli attivisti senza processo, in base alle “misure preventive” previste dall’ordinamento bavarese che regola le funzioni di polizia.
Le detenzioni hanno preso di mira i membri del gruppo di attivisti climatici di Letzte Generation (Ultima Generazione), che è emerso come l’attore politico più interessante nel panorama post-elettorale tedesco. Letzte Generation non ha reclutato i suoi membri da circoli di sinistra affermati, piuttosto è diventata una piattaforma per attivisti con una varietà di vissuti e affiliazioni che avevano partecipato all’ondata di proteste per il clima del 2018-19, rimanendo delusi dalla continua negligenza del governo.
Analogamente a simili gruppi come Just Stop Oil nel Regno Unito, la forma di azione distintiva del movimento sono stati blocchi autostradali e azioni spettacolari come il lancio di purè di patate contro un dipinto di Monet. Per il resto, le richieste sono notoriamente moderate: le due principali rivendicazioni politiche sono un limite di velocità di 100 chilometri all’ora sulle autostrade tedesche e la reintroduzione di un abbonamento ferroviario per viaggiare in tutto il paese che è già stato pilotato come misura anti-inflazione la scorsa estate (il “biglietto da 9 euro”).
Tuttavia, i magistrati bavaresi hanno annunciato a fine maggio che stavano indagando sui membri di Letzte Generation per presunta costituzione di “associazione criminale”. L’annuncio è stato accompagnato da una ben organizzata irruzione della polizia nelle abitazioni private degli attivisti di tutto il paese, e preceduta da intercettazioni apparentemente sistematiche dei suoi membri – misure rese possibili dal controverso comma 129 del codice penale federale, la cui recente ripresa ha suscitato serie preoccupazioni nella cerchia dei movimenti.
Risalente al codice penale del Reich tedesco imperiale del 1871, il paragrafo 129 è stato storicamente e regolarmente utilizzato come arma per perseguitare la sinistra e i comunisti, e ha consentito la detenzione di massa dei dissidenti durante l’era nazista. Modificato l’ultima volta nel 1976, concede allo stato ampi poteri per perseguire chiunque abbia presunti legami con gruppi che esso consideri una “minaccia pubblica”. Se la magistratura avesse successo e fosse effettivamente in grado di classificare Letzte Generation come associazione criminale, sarebbe in grado di mandare in prigione i membri sospetti fino a cinque anni, mentre coloro coinvolti nella raccolta fondi, nella donazione o nella pubblicità per il gruppo potrebbero essere incarcerati con condanne fino a due anni.
EGEMONIA PROTETTA
Si è tentati di leggere la recente ondata di repressione come una tardiva rappresaglia della classe dirigente per gli “eccessi” del movimento negli anni precedenti. Tra il 2018 e il 2019, la Germania – come molti altri paesi – era stata scossa da una serie di proteste climatiche che avevano coinvolto milioni di partecipanti. Parte di un’ondata di rivolte molto più ampia, che Ben Ehrenreich ha definito una “ribellione globale contro il neoliberismo”, le proteste avevano portato in primo piano i temi della giustizia climatica, del femminismo, dell’antirazzismo e dell’anticapitalismo. Per un breve periodo, i principali attori del capitalismo fossile si erano trovati in una situazione piuttosto scomoda. Messi alle strette da casi giudiziari, pressati dalla politica e dall’opinione pubblica, avevano sentito il bisogno di fare una serie di concessioni inaspettate, sotto forma di dichiarazioni di emergenza climatica redatte frettolosamente o di impegni con gli investitori a conseguire lo zero netto di emissioni.
In questa lettura, la pandemia di Covid-19 e le ripercussioni economiche e politiche dell’invasione russa dell’Ucraina hanno dato al capitale fossile un’occasione per riaffermarsi. Sono ormai un ricordo i giorni della tanto sbandierata agenda progressista. I titoli dei giornali tornano a occuparsi di argomenti reazionari come la migrazione, la stabilità fiscale e la militarizzazione. Gran parte dell’energia politica innescata dagli scioperi per il clima del 2019 è stata ormai assorbita e cooptata da un’agenda di “modernizzazione ecologica” favorevole ai grandi capitali.
L’incorporazione del partito dei Verdi nella nuova “coalizione progressista”, sulla scia del loro successo elettorale, è esemplare di questa dinamica. Un’analoga convergenza si può osservare nel settore privato, dove i capitali “verdi” e “grigi” hanno cominciato a crescere insieme. Mentre la tedesca RWE, per esempio, rimane un conglomerato del carbone che distrugge il pianeta, le sue varie acquisizioni strategiche l’hanno resa anche uno dei maggiori fornitori di energia rinnovabile in Europa. In assenza di una direzione pubblica, ciò consente ai consigli di amministrazione delle società di combustibili fossili di mantenere il controllo sulla velocità e sull’intensità del processo di “modernizzazione ecologica” e, ove necessario, garantire che gli interessi del capitale abbiano la priorità rispetto alle esigenze delle persone e del pianeta.
La repressione, in queste condizioni, diventa uno strumento per proteggere l’ancora fragile egemonia sociale di questo nuovo consenso intorno alla “modernizzazione ecologica”. Non c’è da stupirsi, quindi, che la recente ondata di repressione sia rivolta principalmente a coloro che osano mettere in discussione la fattibilità di questo consenso, per esempio riguardo alla sua effettiva capacità di prevenire il riscaldamento globale catastrofico.
IL TEMPO DEI MOSTRI
Esiste un’altra lettura, più fosca, per comprendere la recente svolta repressiva. È possibile che il progetto di modernizzazione ecologica sia già fallito prima ancora di decollare. Anche aggiustamenti minimi al sistema economico ad alte emissioni si sono dimostrati inaccettabili per il capitale fossile, il quale con ogni probabilità manterrà il controllo sulle leve economiche e politiche nel prossimo futuro. Consideriamo il recente annuncio della Shell: cestinando il piano di limitare la propria produzione di petrolio, ha ammesso che investirà altri quaranta miliardi di dollari nell’estrazione di petrolio e gas fino al 2035. Decisioni di questo tipo indicano che il capitale fossile non ha necessariamente bisogno della modernizzazione ecologica. Piuttosto, paventa condizioni politiche che gli consentiranno di incassare miliardi di dollari dai combustibili fossili per i decenni a venire. Basta guardare agli Stati Uniti, dove, per la gioia della lobby del fossile, diversi stati hanno approvato divieti, moratorie e altre restrizioni sullo sviluppo delle energie rinnovabili.
Anche in Germania, dove la modernizzazione ecologica a trazione capitalista rimane la narrativa dominante della classe dirigente, una tempesta completamente diversa potrebbe prepararsi all’orizzonte. In recenti sondaggi, il partito fascista e negazionista climatico AfD ha ricevuto una quota di voti senza precedenti del 21% a livello nazionale. Ciò lo rende il secondo partito più forte dopo i conservatori della CDU, che negli ultimi anni hanno decisamente cambiato strategia politica. Durante le elezioni del 2021, la CDU aveva interesse a formare una coalizione con il partito dei Verdi e sottolineava il desiderio di trasformare la Germania in una “nazione industriale climaticamente neutra”. Sotto il suo nuovo segretario – l’ex manager di Blackrock e appassionato di combustibili fossili Friedrich Merz – ha ora dichiarato che i Verdi, piuttosto che i fascisti di AfD, sono il “principale avversario” del partito. Alla luce di questi capovolgimenti nel panorama politico, lo scenario di una possibile futura coalizione di estrema destra tra AfD e CDU è diventato improvvisamente tangibile.
Questa analisi solleva serie questioni strategiche. È possibile che la sinistra climatica abbia speso troppe energie per dissipare le illusioni del nuovo capitalismo verde e della modernizzazione ecologica, quando in realtà i mostri del fascismo fossile si stavano già scaldando per prendere il sopravvento? Come sottolinea il filosofo Jacob Blumenfeld, una maggiore consapevolezza della crisi climatica non si traduce necessariamente nel sostegno popolare a una risposta politica all’altezza della sfida, ma potrebbe anche fornire le basi per nuove forme di barbarie climatica: “Oggi si può accettare la verità inconfutabile del cambiamento climatico senza rinunciare al proprio amore per i combustibili fossili o all’odio per gli immigrati”.
Piuttosto che un’arma per la difesa dell’egemonia, la repressione, quindi, potrebbe essere il precursore di una politica autoritaria che si configura come risposta dominante alla crisi climatica nel prossimo decennio. Invece di combattere il clima, tale politica si concentrerebbe sulla difesa aggressiva dei privilegi del capitale fossile e dei suoi alleati, reprimendo ogni segnale che le cose potrebbero non essere “normali”: mandati di sparare a vista i rifugiati climatici, misure draconiane contro dissidenti interni, l’identificazione in minoranze e antagonisti di capri espiatori per incendi e siccità.
Tutto ciò dovrebbe essere motivo di preoccupazione ma non di disperazione. Semmai, i recenti sviluppi politici hanno dimostrato che le concessioni al movimento vengono annullate piuttosto rapidamente se non siamo abbastanza organizzati e preparati a difenderle. Ciò richiede una prospettiva politica di lungo termine che spesso contrasta con l’imperativo di agire immediatamente di fronte alla catastrofe climatica. Con l’aumento della repressione diventa ancora più importante costruire reti di fiducia durature e strutture finanziarie indipendenti, sviluppare strategie di reclutamento a lungo termine e mantenere rapporti con alleati nei media e nella politica. La riflessione collettiva sulle strategie è la necessità del momento.
traduzione per Napoli Monitor di Salvatore De Rosa
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