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Giulio Regeni, il video di due testimoni: «Era sfinito dalle torture, lo portavano in cella a spalla»

Nel processo in corso sull’omicidio di Giulio Regeni,  la testimonianza di due palestinesi detenuti con lui nello stesso carcere in Egitto. «Abbiamo Giulio bendato, sfinito dalle torture con le scosse elettriche. I carcerieri volevano sapere dove aveva imparato ad affrontare quel trattamento, insistevano molto su questo punto»

di Eleonora Martini da il manifesto

«Era bendato e sfinito dalla tortura: le guardie lo portavano a spalla, verso la sua cella». Parla attraverso una video intervista, realizzata dall’emittente qatariota Al Jazeera, il testimone oculare delle torture inflitte a Giulio Regeni dalla National Security egiziana tra il 25 gennaio e il 3 febbraio 2016, giorno in cui il suo cadavere venne ritrovato lungo l’autostrada tra il Cairo e Alessandria. Si tratta di un cittadino palestinese che era detenuto nella stessa prigione adibita a luogo di sevizie degli stranieri sospettati di minare la sicurezza nazionale egiziana. La sua è la prima testimonianza acquisita dai giudici della Prima corte d’assise di Roma nel processo in contumacia ai quattro 007 cairoti: il generale Tareq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif (il presunto aguzzino e boia del ricercatore friulano).

Il 28 e il 29 gennaio 2016 l’ex detenuto palestinese incontra Regeni, senza però rivolgergli mai la parola. «L’ho visto arrivare nel corridoio, era a circa cinque metri da me. Giulio era ammanettato con le mani dietro la schiena, con gli occhi bendati e accompagnato da due guardie carcerarie. Gli interrogatori duravano ore, l’ho rivisto dopo, era sfinito dalla tortura: le guardie lo portavano a spalla, verso la sua cella. Non era nudo indossava degli abiti, dei pantaloni scuri e una maglietta bianca». Il testimone ricorda la domanda insistente dei carcerieri rivolta al prigioniero italiano: «Giulio dove hai imparato a superare le tecniche per affrontare l’interrogatorio». «Erano nervosi, usavano la scossa elettrica e lo torturavano con la corrente – continua il teste – Oltre ai carcerieri c’erano gli investigatori, ufficiali che non avevo visto prima e un colonnello, Ahmad, un dottore specializzato in psicologia. Anche il colonnello Tareq ha ripetutamente assistito agli interrogatori di Giulio».

Durante le indagini, nel 2020, la procura raccolse la testimonianza di cinque persone identificate con le prime lettere dell’alfabeto greco. Il teste epsilon aveva visto Giulio mezzo nudo e sdraiato a terra, ammanettato e «tra catene di ferro», «con due ufficiali e due agenti», nella stanza 13 del primo piano della villa degli orrori utilizzata dalla National security. L’ex detenuto palestinese dunque sarebbe il secondo testimone delle torture subite da Regeni. Racconta di detenzione senza regole, in «celle molto strette, fredde, umide e maleodoranti», praticamente un «sepolcro».

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