Grecia: Nuotatrice siriana (profuga) a processo per aver salvato migranti, rischia 20 anni
Sarah Mardini, dopo aver salvato i suoi compagni di viaggio e ottenuto l’asilo in Germania, era tornata a Lesbo come volontaria. Ora con altri 23 operatori umanitari ora è accusata di spionaggio
È iniziato, ed è stato subito rinviato, ad Atene, il processo contro la nuotatrice siriana Sarah Mardini e altri 23 operatori umanitari dell’Emergency Response Center International (Erci): una mossa che dimostra l’imbarazzo delle autorità per accuse assurde che hanno scatenato una serie di appelli umanitari. Salvare vite umane, soccorrere dei profughi, comporta accuse pesantissime che la difesa nega nel modo più assoluto.
Gli operatori dell’Emergency Response Center International, compresa la nuotatrice Sarah Mardini, rischiano infatti fino a 25 anni di detenzione per il loro impegno a Lesbo tra il 2016 e il 2018. Le accuse mosse contro di loro dalle autorità greche sono spionaggio e divulgazione di segreti di Stato. Inoltre i volontari devono pure rispondere di accuse come tratta di esseri umani, appartenenza a un gruppo criminale e riciclaggio di denaro che devono ancora essere investigate. Reati che possono comportare fino a 25 anni di detenzione.
Un caso giuridico che ha sollevato l’indignazione di mezza Europa. Un report del Parlamento europeo in giugno ha definito il processo «il più grande caso di criminalizzazione della solidarietà in Europa». Diverse associazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch hanno definito tali accuse «farsesche» e «motivate politicamente»: le accuse secondo Human Rights Watch travisano perversamente le operazioni di ricerca e soccorso del gruppo come un anello del crimine di contrabbando, anche se la legge che avrebbero violato prevede esplicitamente che il reato non copre l’aiuto ai richiedenti asilo. Il direttore europeo di Amnesty International Nils Muiznieks ha affermato che «questo caso emblematico dimostra fino a che punto si spingeranno le autorità greche per dissuadere le persone dall’aiutare rifugiati e migranti». Il nome di Sarah Mardini spicca tra gli altri imputati perché la giovane rifugiata siriana, insieme alla sorella campionessa olimpica Yusra, nel 2015 aveva salvato nelle acque dell’Egeo la vita di diciannove naufraghi trascinando per ore l’imbarcazione in avaria su cui viaggiavano.
Celebrata come icona di solidarietà e ottenuto l’asilo in Germania, Sarah Mardini, allora nazionale di nuoto, era tornata in Grecia come volontaria, ed era stata arrestata con l’attivista Sean Binder nel 2018, passando 107 giorni in un carcere di massima di sicurezza di Atene, in custodia cautelare. «Sono sopravvissuta a una guerra civile, ho nuotato attraverso il mare mosso per cercare rifugio in Europa e sono riuscita rimanere mentalmente forte per tutto il tempo. Ma il trauma che ho vissuto dopo essere stata accusata di aver fornito aiuto a richiedenti asilo non potrò mai dimenticarlo», ha dichiarato. Intanto la nuova udienza non è ancora stata fissata.
da Avvenire