Grecia: Polizia sotto accusa “Richiedenti asilo usati per fare il lavoro sporco”
Un’inchiesta giornalistica svela l’operazione criminale al confine con la Turchia. Il traffico di “schiavi” parte da Istanbul e si snoda lungo il fiume Evros.
di Dimitri Deliolanes
Le denunce sono innumerevoli e si accumulano da anni: la polizia greca e agenti della Guardia Costiera non si accontentano di picchiare selvaggiamente i migranti intercettati nell’Egeo ma provvedono anche a derubarli prima di rispedirli in Turchia. Atene ha sempre steso un velo di silenzio, interrotto solo da brevi smentite di rito, di fatto continuando a dare carta bianca agli agenti di fare quello che vogliono.
Ora si è rivelato uno scenario ancora più raccapricciante. Si è scoperto che da anni la polizia greca ha creato un meccanismo criminale in collaborazione con i trafficanti. I trasportatori attirano profughi e migranti da Istanbul. Una volta attraversato il confine sul fiume Evros, gli immigrati vengono arrestati e fatti diventare “schiavi” (come loro stessi si definiscono) dei poliziotti. Vengono pestati e poi rinchiusi nei magazzini dei commissariati di polizia, principalmente in quelli nei paesi Tycherò e Neo Chimonio in Tracia. Dopo un periodo di reclusione, sottoposti a minacce e violenze, i detenuti vengono reclutati per fare il lavoro sporco. I poliziotti li mandano a bordo delle barche che devono riportare sulle coste turche i migranti intercettati. Gli “schiavi” in cambio ottengono la possibilità di uscire dalla baracca e alla fine un permesso provvisorio di soggiorno.
Già dall’anno scorso l’agenzia Onu per i rifugiati Unhcr aveva denunciato la sistematica pratica dei pushbacks da parte delle autorità greche, ma il meccanismo messo in piedi dalla polizia (considerata una delle più corrotte in Europa) era stato denunciato fin da aprile dall’organizzazione Human Rights Watch. Ora però uno pool di giornalisti europei (Der Spiegel, Guardian, Le Monde, Ard, Lighthouse Reports e il gruppo greco Reporters United) ha portato in avanti un’inchiesta giornalistica che rivela tutti i dettagli dell’operazione criminale.
Gli “schiavi” che hanno dato la loro testimonianza ai giornalisti sono in tutto nove, provenienti dalla Siria e dal Marocco. Uno di questi testimoni è il rifugiato Basel M. che è stato trattenuto a Evros per tre mesi come “schiavo”. Alla fine del 2020, al decimo suo tentativo di superare il confine era stato trattenuto e picchiato per poi essere avvicinato da un poliziotto che lo ha convinto a collaborare minacciandolo altrimenti di farlo arrestare con l’accusa di essere un trafficante. Basel M. ha confessato ai giornalisti di aver colpito con il remo un gruppo di afghani che protestavano mentre venivano indirizzati verso le coste turche e ha aggiunto di aver personalmente assistito a molti annegamenti.
Uno dei trafficanti che ha accettato di parlare con i giornalisti è un siriano che usa lo pseudonimo Mike. Già in patria, a Homs, si occupava di traffico di persone e di droga. Ora, anche se dispone di un appartamento a Parigi, vive in un container bianco vicino al passaggio di frontiera sul fiume Evros e arruola profughi schiavi a Istanbul per 5 mila euro a testa.
L’inchiesta giornalistica ha rivelato anche che poliziotti, trafficanti e “schiavi” circolano liberamente nella zona e tutti gli abitanti sanno perfettamente cosa succede. La situazione ha assunto dimensioni talmente scandalose che molti agenti hanno accettato di parlare con i giornalisti e di denunciare la complicità degli alti gradi della polizia e del ministero dell’Ordine pubblico, che coprono regolarmente i traffici di frontiera.
I giornalisti hanno verificato le denunce controllando gli edifici vicino ai commissariati interessati, date, nomi e fatti. Un lavoro investigativo preciso e dettagliato, che non lascia spazio ad alcuna smentita. La rivelazione degli organi di stampa europei è stata regolarmente ignorata dai media greci, totalmente al servizio della destra al governo, con pochissime eccezioni. Nessun commento da parte del ministro dell’Immigrazione Notis Mitarakis.
da il manifesto