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Grecia: Tre giorni di scontri nell’isola di Lesbo

Da lunedì a mercoledì di questa settimana la popolazione dell’isola greca non ha dato tregua ai 300 celerini inviati da Atene per garantire la costruzione di una struttura detentiva per i profughi. Immagini e riflessioni intorno a una rivolta che, giovedì, li ha costretti a lasciare il campo

Gli eventi

Lunedì 24.02

Lunedì a mezzogiorno sono trapelate alcune informazioni sul fatto che il traghetto Pegasus fosse stato requisito e riempito con 10 plotoni di poliziotti, idranti e bulldozer, mentre allo stesso tempo la nave Blue Star Naxos aveva cambiato rotta, anche lei piena di plotoni e veicoli della polizia. Entrambe le navi hanno spento il transponder (strumento che permette l’individuazione della posizione all’interno del sistema di navigazione nazionale) in modo da non essere rintracciabili sul sito marinetraffic.com. Dopo aver sentito queste notizie, i 2 comuni di Lesbo hanno chiuso il porto di Mitilene [capoluogo dell’isola e dell’Amministrazione dell’Egeo Settentrionale, situata nella parte est dell’isola – ndt] con camion pieni di rifiuti e altri veicoli pesanti e alle 23 di quella stessa notte è iniziato un presidio da parte di Syriza, del Kke e delle forze municipali e politiche di tutto lo spettro politico. All’inizio c’era un’aura di tensione tra i manifestanti, perché da una parte erano presenti dei perfetti sconosciuti ma allo stesso tempo alcuni di loro erano rivali politici noti in una situazione fortemente polarizzata a causa degli ultimi eventi cittadini. La folla riunita ha circondato il porto e ha cominciato a minacciare le formazioni della polizia antisommossa locale. Mezz’ora prima dell’arrivo della nave, la polizia ha attaccato con i lacrimogeni generando una netta separazione spaziale del concentramento: Kke, Syriza e vari gruppi antifascisti da una parte e nazionalisti a braccetto con i conservatori e “locali arrabbiati” dall’altra. Tra questi c’erano anche molte persone che si sono rifiutate di “prendere posizione”. All’arrivo della nave la polizia ha attaccato di nuovo, aprendo la strada ai plotoni che erano appena arrivati. La polizia antisommossa ha poi raggiunto Kavakles, luogo in cui dovrebbe essere realizzato il nuovo centro di detenzione dove si è scontrata con i manifestanti (1500 persone).

Martedì 25.02

L’Amministrazione dell’Egeo Settentrionale [una delle 13 regioni amministrative in cui è suddivisa la Grecia – ndt] ha chiuso i propri uffici e il Centro di Lavoro di Lesbo ha sostenuto lo sciopero generale. Gli abitanti di Lesbo hanno convocato due manifestazioni nelle strade che portano alle aree chiuse di recente, nello specifico a Karavas e Diavolorema. Allo stesso tempo, il Partito Comunista Greco (Kke) ha tenuto una manifestazione in città. A mezzogiorno, sulle strade che portano a Karavas, due nuovi scioperi sono stati indetti dall’amministrazione locale, dal Kke e dai collettivi antifascisti. In quest’occasione, migliaia di persone si sono radunate e scontrate con la polizia. Diversi gruppi minori si sono affrontati con la polizia nei boschi in piccole schermaglie. Non appena è scesa la notte, la polizia ha lanciato un assalto in forze interrompendo le manifestazioni. Contemporaneamente, a Diavolorema, la gente ha organizzato un sit-in che è stato disperso dai lacrimogeni e si è trasformato in uno scontro aperto di alcune ore con la polizia antisommossa

Mercoledì 26.02

La mattina di mercoledì tutti i negozi e i servizi di Mitilene sono rimasti chiusi. Un grande presidio trasversale partecipato da 3.000 persone si sta svolgendo in Piazza Saffo, seguito da una manifestazione negli uffici dell’Amministrazione dell’Egeo Settentrionale e da enormi carovane nelle parti strategiche dell’isola. Nella località di Perama, a Geras [regione nella zona sud di Lesbo – ndt], un folto gruppo di persone marcia verso un hotel che ospitava poliziotti antisommossa fuori servizio, saccheggia e devasta le stanze dei poliziotti e brucia tutti gli effetti personali della polizia (vestiti, attrezzature ecc.) in maniera simile a quanto accaduto nell’isola di Chios [altra isola dell’Amministrazione dell’Egeo Settentrionale, posta a sud di Lesbo – ndt] nella mattinata dello stesso giorno. A Diavolorema e Karavas le violente contromisure dei manifestanti vengono inasprite con tentativi di appiccare incendi, mentre la polizia tenta senza successo di bloccare i manifestanti. A Karavas, la polizia antisommossa arretra e le persone iniziano a farsi strada così da potersi ritirare di nuovo verso Mitilene. Carovane di veicoli seguono i poliziotti e vengono attaccate fuori città. La polizia procede quindi ad attaccare ogni singola macchina o moto che passa e, più in generale, chiunque faccia parte delle carovane.

La gente si raduna all’esterno della caserma di Pagani dove alcune squadre della polizia antisommossa hanno trascorso la notte (in seguito agli eventi dell’hotel). In brevissimo tempo una grande folla di persone arriva al centro militare e minaccia di abbattere i cancelli e di entrare nella struttura. Il capo dell’Amministrazione di Lesbo arriva alla caserma per negoziare la sicurezza dei poliziotti. Allo stesso tempo, 6 squadre antisommossa attaccano la folla radunata cercando di disperderla. In risposta, la folla inizia a sparare alla polizia con fucili da caccia (si parla di 50 poliziotti feriti). Il Primo Ministro ha convocato il Capo dell’Amministrazione e i sindaci locali per un incontro e l’addetto stampa di Nuova Democrazia [partito di centrodestra greco – ndt] afferma che l’obiettivo era stato raggiunto, ovvero che gli strumenti che sarebbero serviti alla creazione dei nuovi centri di detenzione erano giunti sani e salvi a destinazione e che quindi la polizia giunta sul posto poteva essere richiamata.

 La composizione sociale e di classe delle folle

A questi assembramenti hanno partecipato praticamente tutti gli abitanti dell’isola e gli insegnanti e operatori (stranieri e greci) delle Ong. I gruppi politici organizzati esistenti a Mitilene e che hanno partecipato sono il Kke, partito a capo del governo locale, Syriza, l’alt-right nazionalista “Cittadini Liberi” e il Coordinamento Antifascista di Binio (un’occupazione a Mitilene dove si riuniscono vari gruppi anarchici e di sinistra). A seconda del luogo, le autorità locali e i gruppi civili dei vari paesini hanno sostenuto i blocchi con un mix di sentimenti nazionalistici, antipolitici e contro la polizia. Il Kke è molto forte a Mitilene, non è ostile verso le forze che si trovano alla sua sinistra (estremisti di sinistra, anarchici, ecc.) e dispone anche di una posizione egemonica in diverse barricate. Tra le folle radunatesi ci sono anche molte persone che sono difficili da collocare all’interno dello spettro politico, generando un costante sentimento di fluidità e imbarazzo politico e sociale.

Durante le prime ore delle manifestazioni del lunedì c’era molta inimicizia tra i partecipanti, riguardo a chi era chi, chi partecipava dove e si sono verificati anche alcuni casi di ostilità tra nazionalisti e antifascisti. Mentre la manifestazione procedeva, ci sono state alcune reazioni verso i cori che partivano quando una parte (gli antifascisti) urlava canti di solidarietà con i rifugiati. Anche l’inno nazionale è qualcosa che possiamo incontrare durante i blocchi, ma anche alcuni canti antiturchi e razzisti, specialmente nelle aree in cui i paesini sono tradizionalmente di destra. D’altra parte, vicino ai blocchi che si trovano nelle località tradizionalmente di sinistra, è possibile ascoltare cori di solidarietà antirazzista e a favore dei rifugiati. In alcuni casi, i manifestanti sono divisi sul piano spaziale, il che rende più facile capire chi è chi. In altri casi non è così, e ci ricorda davvero il “Movimento delle piazze” (2012) o in alcuni casi le lotte contro la discarica di Keratea [2011] e la miniera d’oro di Skouries (2015)- Tuttavia, indipendentemente dallo schieramento politico in cui si collocano, tutti odiano la polizia e questo sentimento contro la repressione è qualcosa che sta creando ponti invece di abbatterli.

Alcune riflessioni finali

• Le immagini di Mitilene sono immagini dal futuro, un futuro che non si adatta alle identità politiche di oggi ma che non ha ancora dato vita alle identità politiche del domani. Proprio come per i Gilets Jaunes, siamo costretti a sostenere e partecipare nel modo più distintivo possibile a questi eventi, anche se non ci piace il fatto che vi partecipino pure i nostri avversari. Chi non partecipa a questi eventi perderà qualsivoglia giustificazione sociale agli occhi delle persone.

• Ci sono aspetti di questo problema che sono un vero e proprio regalo per i vari gruppi nazionalisti e di estrema destra, perché rappresentano un passo avanti rispetto alla critica tradizionale della sinistra anti-autoritaria (confini aperti, libertà di movimento) visto che si parla di frontiere chiuse, deportazioni e islamisti. Sono tutti punti molto affascinanti per il “cittadino medio arrabbiato”. D’altra parte, ci sono problemi con i quali ci troviamo più capaci e a nostro agio, come la corruzione dei funzionari locali e statali e la repressione della polizia.

• La “fase” politica è insurrezionale: molto tesa e nella quale ogni istanza ha un suo peso. È responsabilità dei vari movimenti sostenere senza paure la lotta della popolazione locale contro i centri di detenzione. I radicali di Lesbo portano avanti la loro battaglia ogni giorno, con i loro punti peculiari di forza e di debolezza. Da un lato c’è molta esperienza per le lotte degli anni precedenti e un forte clima di cooperazione. Dall’altro, sembra che l’intorpidimento iniziale dell’era Syriza stia svanendo, mentre allo stesso tempo i rapporti concreti con la gente del posto si sono rivelati problematici perché la maggior parte delle persone del movimento non sono del posto. La partecipazione ai blocchi ci offre una grande opportunità per unirci ai giovani del territorio e gettare semi.

• Sembra che questa questione politica verrà polarizzata su una base diversa, ovvero quella della creazione di centri di detenzione in piccole isole disabitate o della sconfitta del partito al potere e del concetto stesso dei centri di detenzione. Questa competizione interna ai settori della destra ha anche a che fare con l’imminente ascesa dell’estrema destra, elementi della quale ritroviamo all’interno di Nuova Democrazia e di Alba Dorata. Questi elementi possono crescere in queste isole, molto più intensamente a Chios [altra isola della regione dell’Egeo Settentrionale sulla quale si vuole costruire un altro centro di detenzione – ndt] e meno a Mitilene. In una fase in cui le tattiche aggressive del governo continuano a trovare spazi di crescita, l’inerzia non è una scelta.

Articolo pubblicato in greco su babylonia e in inglese sul sito della rete anti-autoritaria beyondeurope

Traduzione a cura di Michele Fazioli per DINAMOpress

Foto via twitter