Iran: Tra torture e sparizioni forzate, i Curdi sempre sotto tiro
In Iran, secondo i calcoli di Amnesty International, sarebbero 72 le donne e gli uomini deceduti in stato di detenzione (solo quelli accertati naturalmente, quindi la cifra è al ribasso) dal gennaio 2010.
Sia nelle prigioni che in altri centri di detenzione (42 per la precisione) sparsi in sedici province.
Talvolta per incuria oppure – nel maggior numero di casi – per i maltrattamenti e le torture subiti. E spesso si tratta di curdi.
L’ultima vittima accertata si chiamava Yaser Mangouri. Secondo l’organizzazione di difesa dei diritti umani HENGAW, il giovane curdo (31 anni, padre di due figli) è morto nel carcere di Oroumieh (Ourmia) dove era rinchiuso da due mesi, sottoposto a interrogatorio da parte dei servizi di sicurezza.
Per aggiungere al danno anche le beffe, soltanto dopo un mese da quando il direttore generale delle prigioni iraniane, Mohammad Mehdi Hajmohammadi, si era pubblicamente scusato per le torture inflitte ai prigionieri nelle carceri del Paese (soltanto dopo che nella rete erano state diffuse immagini di sorveglianza che documentavano tali inique attività).
La notizia è stata data ai familiari l’8 settembre, ma sostenendo che il giovane era stato ucciso due mesi prima (il 17 luglio 2021, quando in realtà era stato arrestato) durante uno scontro a fuoco con le forze di sicurezza. HENGAW ha invece potuto accertate che in quella circostanza Yaser Mangouri era appena uscito da casa e non era armato. Nei due mesi in cui è stato detenuto non ha potuto né contattare un avvocato, né godere di una visita da parte dei familiari.
Ancora in marzo la stessa organizzazione aveva comunicato che quest’anno erano almeno 22 i cittadini curdi arrestati dai servizi di sicurezza per attività politiche o civili (spesso di natura ambientalista) o semplicemente per aver preso parte al Newroz. Inoltre – sempre in base al comunicato di HENGAW – dal 2017 almeno 23 prigionieri curdi (di cui 15 sicuramente politici) erano stati torturati a morte in carcere o nei centri di detenzione.
Ancora in febbraio ben 36 organizzazioni della società civile e di difesa dei diritti umani (tra cui Amnesty International, articolo 19, diverse organizzazioni per i diritti dei Beluci, HENGAW, Kurdistan Human Rights di Ginevra, Kurdistan Human Rights Network, Minority Rights Group International…) avevano richiamato l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale in merito alle ondate di arresti arbitrari, alle detenzioni segrete (sostanzialmente dei sequestri di persona) e alle sparizioni che colpivano in particolare la minoranza curda in Iran.
Dal 6 gennaio al 3 febbraio 2021 in una ventina di località almeno 96 curdi iraniani (militanti della società civile e per i diritti umani, scrittori, studenti universitari, ecologisti, ex prigionieri politici e anche persone qualsiasi non impegnate politicamente) erano stati arrestati – in genere brutalmente – dai guardiani della rivoluzione o da agenti del ministero degli Interni. Attualmente 89 di loro sarebbero ancora detenuti e in una quarantina di casi si può parlare di “sparizione forzata” (in pratica: le autorità rifiutano di rivelare ai familiari anche solo dove si trova il loro congiunto di cui non hanno più notizie).
Gianni Sartori