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Israele ferma a largo di Gaza nave della Freedom Flotilla: arrestati gli attivisti e sequestrato il carico umanitario

Il 29 luglio la Marina Militare israeliana ha bloccato a circa 50 miglia dalla costa della striscia di Gaza la “Al-Awda” (“il ritorno”), nave umanitaria della Freedom Flotilla Coalicon a bordo 22 persone fra cui medici, attivisti e giornalisti di varie nazionalità.

I membri della “Al-Awda” sono stati arrestati domenica dalle forze militari israeliane che, dopo aver accerchiato lo scafo con varie imbarcazioni da guerra, l’hanno assaltato e dirottato verso il porto israeliano Ashdod.
L’arresto, contrariamente da quanto dichiarato dai portavoce militari israeliani, non è stato pacifico: il Comitato Internazionale contro il blocco e varie altre fonti riportano la notizia che gli attivisti, prima di essere portati via, sono stati picchiati dai militari e riportano le ferite. È inoltre noto che alcuni israeliani mascherati hanno usato i taser sui naviganti della Freedom Flotilla.

La nave trasportava medicinali per un valore di circa 13mila euro, raccolti con lo scopo di farli arrivare in Palestina. Lo stesso peschereccio sarebbe un regalo per i pescatori palestinesi.
La barca, come dichiarato dal Comitato Internazionale contro il blocco, non aveva intenzione di rispettare il divieto di attraccare al porto palestinese (la Freedom Flotilla lotta da anni contro l’embargo imposto a Gaza e per la libertà di movimento del popolo palestinese): era stata intercettata via radio da Israele e minacciata che se non avesse cambiato rotta avrebbero usato tutte le misure necessarie per fermare il viaggio verso Gaza.

Quattro barche hanno lasciato la Scandinavia a metà maggio e da allora si sono fermate in 28 porti per sostenere la campagna un “Futuro giusto per la Palestina”. Fra queste, la nave Freedom doveva arrivare a Gaza a giorni ma per ora non ci sono notizie.

Lunedì, le autorità israeliane hanno rilasciato due attivisti israeliani su cauzione, identificati come Jonathan Shapira e Zuhr Chamberlain Regev. Ai restanti 20 attivisti internazionali non è stata concessa l’opzione di rilascio su cauzione

“La Freedom Flotilla Coalition invita il governo norvegese, i governi nazionali delle persone a bordo di Al Awda e Freedom, altri governi nazionali e le organizzazioni internazionali competenti ad agire immediatamente”, ha detto Torstein Dahle della Ship to Gaza Norway, che fa parte della Freedom Flotilla Coalition. “La comunità internazionale deve assumersi le sue responsabilità e chiedere alle autorità israeliane di garantire la sicurezza delle persone a bordo, la consegna rapida dei nostri doni al popolo palestinese a Gaza, la fine del blocco illegale di Gaza e la cessazione dell’impedimento del nostro legale diritto legale di passaggio innocente a Gaza per consegnare il nostro dono di forniture mediche di cui c’è tanto bisogno “.

da infoAut

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aggiornamento 2 agosto 2018, da Nena News – Il peschereccio Al Awda, intitolato “Il ‎Ritorno” in onore delle giornate della ‎‎“Grande Marcia del Ritorno”, sarebbe dovuto ‎arrivare a Gaza il 29 luglio intorno alle ‎‎21. A bordo 22 persone di 16 diverse ‎nazionalità, accomunate dalla necessità di ‎dare attenzione a livello internazionale ‎alle conseguenze dell’assedio israeliano di Gaza su oltre due milioni di palestinesi, oltre che a ‎portare un soccorso materiale di 13 mila ‎euro di garze e medicinali urgenti.‎

Domenica poco dopo le ore 13 la Freedom Flotilla Coalition (FFC) ha denunciato sui suoi ‎canali di informazione internazionale un ‎pericoloso isolamento dei segnali di ‎comunicazione delle due imbarcazioni ‎provocato dalle forze armate israeliane.‎

A 49 miglia nautiche dal porto di Gaza ‎City, i comandi israeliani si sono messi in ‎contatto con la al Awda avvertendo che ‎avrebbero bloccato la nave “con ogni ‎misura necessaria”. Da parte loro i partecipanti ‎hanno ribadito la ferma intenzione di “rompere il blocco navale e ripristinare la ‎libertà di movimento per tutti i ‎Palestinesi”. In breve tempo le unità navali ‎israeliane hanno attaccato la Al Awda, preso equipaggio e passeggeri e trasferito, contro la loro volontà, tutti quelli a bordo nel centro di ‎detenzione di Givon. ‎

Il giorno seguente è stato ‎confermato lo stato di detenzione illegale ‎per 20 persone, tra attivisti e giornalisti, e il ‎rilascio sotto cauzione di sole due persone, ‎le uniche israeliane a bordo, Zohar ‎Chamberlain Regev e Johnatan Shapira, ‎accusati di aver tentato l’ingresso a Gaza ‎e di cospirazione contro lo Stato di ‎Israele.‎

Secondo quanto rilasciato alla stampa da ‎Israele, sull’Awda non si sono verificati ‎incidenti, e gli attivisti sarebbero ‎semplicemente stati rimpatriati. Ma Zohar, ‎appena liberata, ha smentito il tutto ‎dichiarando ai mezzi stampa una versione ‎completamente incompatibile con quella ‎fornita da Israele: ha denunciato ‎l’apparizione di ben quattro navi da guerra, i ‎pestaggi, i colpi taser, e la violenza subita da ‎parte di militari mascherati, che hanno ‎arrembato l’Awda, e in particolare del sangue ‎sul volto del comandante della nave al quale era stato ‎intimato di fermarsi. Zohar ha perciò invitato a ‎‎“non credere alle notizie rassicuranti fornite ‎dalle forze israeliane”.‎

Come si legge sul sito della FFC, ‎‎“un attacco militare su una nave di civili è ‎un violento attacco e una violazione delle ‎leggi internazionali. Prendere 22 persone ‎dalle acque internazionali in un paese che ‎non era la loro destinazione costituisce un ‎rapimento, che è anche illegale per la ‎Convenzione internazionale delle Leggi in ‎mare.” Anche se la cattura da parte ‎dell’esercito israeliano della Flotilla era data ‎per scontata, considerando come agisce ‎Israele contro rivoltosi e addirittura artisti ‎impegnati nella causa palestinese, non è ‎giustificabile la violenza e l’illegalità ‎dell’attacco diretto all’imbarcazione. ‎Nel 2010 il traghetto turco Mavi Marmara,  facente parte ‎della FFC e in navigazione per Gaza con aiuti umanitari, fu teatro di una ‎sparatoria in cui decine di attivisti turchi ‎morirono e numerosi  furono feriti dalla raffiche di commando israeliani.‎

La FFC chiede che la Norvegia e la Svezia si battano ‎subito anche a livello parlamentare per ‎denunciare questo crimine e per non ‎lasciare nuovamente impunito lo Stato ‎d’Israele. Ma l’obbiettivo più importante, ‎affermano gli attivisti, è “che arrivino i ‎soccorsi medici a destinazione quanto ‎prima possibile.”‎

Ad oggi dall’Italia arrivano segnali di ‎solidarietà da presidi di attivisti, come a ‎Napoli e a Palermo che avevano accolto la ‎Freedom Flotilla, e dal Consolato di Napoli, ‎Torino, Bologna, Firenze e Pisa gli attivisti ‎di BDS chiedono di imporre l’embargo ‎militare contro Israele.‎

Le ultime infomazioni in nostro possesso dicono che gli attivisti della al Adwa sono stati ‎espulsi da Israele. Tra questi per ‎adesso Youssef Sammour, rimpatriato il 29, ‎Lucìa Mazarrasa ritornata a Barajas il 1 ‎Agosto,  il sindacalista australiano Michael ‎Treen atterrato a Hong Kong, poi il ‎macchinista Arne Birger,  il cuoco Jørgen ‎Pedersen e il capitano dell’imbarcazione Herman ‎Reksten, tornati a casa, in Norvegia, la dottoressa ‎Swee Ang atterrata a Londra, e due svedesi, ‎il marinaio Charlie Andreasson e l’attivista e ‎cantante Divina Levrini, che ha anche avuto ‎modo di raccontare parte dell’esperienza di ‎prigionia sul suo profilo facebook. Levrini riferisce che quando si sono ‎avvicinati a Gaza sono stati attaccati da un ‎centinaio di soldati israeliani che hanno ‎ferito con violenza uomini e donne a bordo e che una volta trasferiti ad ‎Ashdod sono stati derisi dai militari, ‎derubati delle proprie cose, dei cellulari, ‎passaporti, soldi, accendini, computer e dei ‎farmaci. “Sono stata ‎privata delle mie medicine per molto ‎tempo. I soldati hanno addirittura sputato ‎nel nostro cibo, ma questo non ha ‎importanza, adesso proseguo uno sciopero ‎della fame fino a che tutti gli altri della ‎Flotilla non faranno ritorno a casa  al ‎sicuro”.‎

Altri partecipanti, tra cui due giornalisti ‎per Al Jazeera, sono ancora in prigione. ‎Uno dei due, Chris Graham, australiano, ‎ha commentato che “le cose ‎brutte accadono quando le persone ‎restano in silenzio, come dimostra la ‎storia. Ma succedono cose orribili quando ‎i media vengono preventivamente silenziati ‎se provano a scrutare le azioni di uno ‎stato”.‎

Martedì John ‎Turnbull, al comando della “Freedom”, ha annunciato attraverso un video messaggio ‎che la sua imbarcazione sarebbe giunta  ‎raggiungere il Port0 di Gaza tra le giornate ‎dell’ 1 e 2 Agosto. La notizia è stata ‎registrata a circa 50 miglia nautiche di ‎distanza da Gaza, dunque poco più distante ‎dalla posizione di attacco navale contro Al ‎Awda. Fino ad ora non si hanno ‎nuove notizie.‎

Nena News