Non si tratta solo di rendere esplicita l’incriminazione dei migranti come una massa di potenziali criminali. La legge che in Danimarca autorizza il sequestro dei beni a chi migra è in primo luogo un atto spietato che li priva di “quel poco che resta della loro integrità umana”. Il potere ha sempre bisogno di disumanizzare il nemico. Perchè, come spiega Bruno Amoroso, docente da molti anni all’università di Copenaghen, le politiche di austerity dell’Ue o quelle razziste danesi sono in realtà atti di potere, l’espressione della nuova guerra dichiarata dai ricchi contro i poveri. Il passaggio della Danimarca, da paese modello per le sue politiche sociali a discepolo preferito della Triade, è cominciato quindici anni fa. Ma i danesi sono diventati tutti razzisti? Naturalmente no, la differenza tra cittadini e politica resta, come in altri paesi, notevole
Redditi e rapine
La crisi politica dell’Europa che ha raggiunto il suo apice, per ora, con il problema dei profughi in fuga dalla guerra e dalla fame e della lotta al “terrorismo”. È un dramma da tempo annunciato, così come lo è la reazione dei popoli e dell’establishment politico, economico e militare. Il filosofo di Treviri lo aveva previsto: non saranno le teorie o le ideologie a indirizzare le aspirazioni dei popoli, ma il peggioramento delle loro condizioni di vita e di sicurezza. L’establishment lo sa ed è per questo che ha rinunciato a contrastare i movimenti per la pace, le richieste di co-sviluppo tra nord e sud, i programmi di giustizia sociale ed equità giuridica. Per cambiare la testa degli individui è sufficiente togliergli il tappeto sotto i piedi. Facendosi promotore della “pace” e della “democrazia” negli altri paesi, porgendo la mano alla protesta contro i governi e le ineguaglianze da esso stesso promosse, la Triade ha fomentato le rivolte e le guerre civili nei paesi arabi e africani con l’aiuto dei propri regimi fantoccio e del “terrorismo”.
Ha costruito il suo alibi con anni di campagne sulla necessità dei tagli e dei risparmi nei paesi europei, che hanno trasformato l’immagine di quella gioiosa macchina di pace che fu lo Stato del Benessere in una banda di spendaccioni a spese del mercato e del capitalismo. È stato così che nei paesi europei si è scatenato il clamore sulla generosità sconsiderata dello Stato a spese delle imprese e dei capitali, ed è iniziata la caccia predatoria a spese dei pensionati, dei malati, e dei più deboli. Anche nella felice Danimarca ci si è messi a contare il numero delle merende dei bambini e dei minuti di assistenza ai vecchi e malati, l’”agenzia delle entrate” si è impegnata nella caccia all’evasione e al lavoro nero dei piccoli commercianti e dei disoccupati dimenticando i grandi evasori.
Questo all’indomani di una “crisi” finanziaria che ha rapinato i risparmi dei lavoratori. Alla crescente disaffezione per questo Stato delle cose si è fatto fronte con la difesa dei “valori” nazionali e della “democazia” rafforzando la presenza del paese sui fronti di Guerra della Nato, costruendo al centro di Copenaghen un nuovo mausoleo ai caduti delle guerre Nato, e con decisioni legislative per la difesa dei “valori” nazionali che impongono la carne di “maiale” nelle colazioni dei bambini negli asili e nelle scuole. Il ritorno del “terrorismo”, con le armi e i soldi dell’Occidente, ha legittimato sia moralmente sia contabilmente i tagli alle politiche di aiuto verso i paesi africani e asiatici. La reazione di sgomento e sorpresa per la recente approvazione parlamentare della legge L87 che autorizza la perquisizione e il sequestro da parte della polizia danese degli “ori e diamanti” che i migranti trascinerebbero con se nelle loro valigie è stata stigmatizzata come ipocrita da parte del governo danese. La tesi ufficiale, ribadita anche a Bruxelles, è che questo è in linea con quanto il governo fa in Danimarca anche verso i propri cittadini. La rapina eretta a sistema, verso i propri e gli altri cittadini, durante la quale i risparmi di una vita non sono distinguibili dal bottino della finanza e delle guerre, quelli mai conteggiati e tassati.
I migranti sono i veri speculatori del nostro tempo
“I migranti sono i veri speculatori cinici del nostro benessere”. Sempre alla “ricerca di come evadere le tasse abbandonano le loro case, mogli e figli per la bramosia del denaro”. Non c’è traccia delle guerre e dei disastri economici – entrambi da noi promossi – in questi giudizi. Non c’è memoria dei milioni di migranti che dall’Europa sono andati in altre parti del mondo per sopravvivere. Dovrebbero restare nel proprio paese a lottare per la “democrazia” e cercare rifugio nei paesi vicini più simili alla loro cultura, sostengono i ben pensanti. Benedetta ignoranza! Questo è quello che fanno da anni laddove è possibile. Questo è stato anche per un decennio il programma dell’Unione Europea con le politiche mediterranee e di cooperazione. Una cooperazione (l’Accordo di Barcellona) che passava attraverso gli Stati e includeva la società civile.
Gli obiettivi erano chiari sin dall’inizio: contrastare i conflitti e le guerre e creare in pochi decenni i milioni di posti di lavoro necessari a prevenire una altrimenti inevitabile migrazione biblica verso l’Europa. Un piano la cui debolezza è consistita nel mancato riconoscimento della sua incompatibità con il progetto di globalizzazione promosso dagli Stati Uniti e dall’Europa che si andava affermando. Le lotte per la democrazia sono così divenute il cavallo di Troia della Triade per riportare la guerra in quei paesi e distruggerne definitivamente le economie. Non a partire dai paesi più poveri – dove poco restava da fare – ma dai paesi più forti come l’Iraq, la Siria, l’Egitto e la Libia. La fuga da quei paesi si è rovesciata sui paesi vicini – Libano, Giordania, Turchia – dove milioni di persone vivono in condizioni inumane nelle tendopoli offerte dalle Nazioni Unite e ormai trasbordano verso l’Europa.
La legge è uguale per tutti
Questo principio delle democrazie europee trova piena applicazione nell’”accoglienza” che i paesi europei riservano ai migranti. Infatti li trattiamo allo stesso modo dei nostri “poveri”, “disoccupati” e “senza fissa dimora”. I naufraghi dall’Africa e dal Medio Oriente li mettiamo nello stesso secchio della spazzatura perchè non pensino di “essere qualcuno”, come gli è stato fatto credere con la propaganda sui “valori” e i “diritti umani”. Certo qualche differenza con i nostri poveri ancora esiste. Ma vivono la stessa sensazione di impotenza verso l’arbitrio dello Stato e del potere.
La Danimarca. Da modello sociale a discepolo preferito della Triade
La fasi di passaggio in Danimarca nella trasfigurazione della persona e della sua cultura sono ricondubili a tre eventi degli ultimi due decenni. Nel 2001 con la nomina a primo ministro di Anders Fogh Rasmussen, del partito liberale, che portò la Danimarca dentro il sistema militare della Nato. Nel 2011 con la vittoria socialdemocratica alle elezioni e la nomina di Helle Thorning Smith a primo ministro. Nel 2015 con la rivincita liberale alle elezioni e la nomina di Lars Løkke Rasmussen a primo ministro. La prima fase completa in Scandinavia l’abbandono della posizione di neutralità nello scontro est-ovest e ora nord-sud. Una posizione che trovava riscontro in un modello di società (il modello scandinavo) basato su principi di coesistenza pacifica e di dialogo fra sistemi diversi e persone diverse.
L’architetto di questa fase promossa da Bush fu Fogh Rasmussen che venne ricompensato, secondo il ‘bon ton’ della Triade, con la sua promozione a segretario generale della Nato. Una nomina che non suscitó alcun interrogativo su possibili conflitti d’interesse. La seconda fase fu avviata dal governo socialdemocratico, un governo “giovane” e “innovatore” e con il giusto equilibrio di “genere”, tutte caratteristiche che si stanno rivelando necessarie per legittimare con il dilettantismo il loro ruolo di servi sciocchi delle élite. Il nuovo governo distrasse l’attenzione dal problema incipiente delle migrazioni, e scaricò le colpe di sabotaggio verso i successi danesi e il nuovo obiettivo glorioso dello “Stato concorrenziale” sui pensionati, i disoccupati in cassa integrazione e i socialmente assistiti. La carota dello Stato del Benessere fu brutalmente sostituita con il bastone delle punizioni economiche. La scomparsa dei dirigenti storici della socialdemocrazia – la rottamazione – sopravvisuti all’epurazione del 1989 e il silenzio imbarazzante dei sindacati fecero il resto. La terza fase, (2015) con il ritorno dei liberali, grazie al successo del partito popolare di destra, ha avviato il completamento dell’opera senza il bisogno di orpelli ideologici e di giustificazioni. Dimostra all’Ue di aver capito la lezione e la sua capacità di portare i danesi dentro quel progetto di potere e di guerra, preparando cosí le nuove candidature al ruolo di maggiordomi della finanza internazionale.
Le nuove vittime della disciplina sociale: dalla caserma alla società
Riattivate le frontiere e i controlli, la rapida e generale messa in mora del Trattato di Shenken dimostra che i Trattati si accantonano quando serve. L’aspetto più drammatico di questo “nuovo corso”, con la sua retorica che rende esplicita l’incriminazone dei migranti come una massa di potenziali criminali e imbroglioni, è che toglie ogni spinta alla solidarietà privandoli di quel poco che resta della loro integrità umana. Migliaia di persone – famiglie con uomini, donne e bambini – provenienti dalla miseria e brutalità dei campi della “comunità internazionale”, sono spinti in pieno inverno nelle tendopoli erette nelle zone più fredde e inospitali dei paesi del nord, in piccoli centri inabitati con scuole e istituzioni abbandonate.
Questo a conclusione di mesi di chiacchiere sull’integrazione della quale si rende così impossibile ogni risultato. I toni positivi con i quali si maschera questa brutale realtà insistono sul fatto che gli immigrati sono un buon affare, che ci conviene ospitarli, ed è così che al discorso sull’amicizia, l‘accoglienza e la solidarietà si sostituisce il calcolo dell’”incubo del contabile”. Nel mentre continuano indisturbate le spese per le armi che sono l’origine della sciagura. Con le parole dello scrittore danese Carsten Jensen:
”Hai viaggiato attraverso i deserti e con il rischio di affogare, hai attraversato il Mediterraneo con imbarcazioni insicure, e non sei arrivato da nessuna parte: hai camminato in circolo e sei sempre arrivato nello stesso accampamento da cui sei scappato. La tenda è il tuo destino. Il tuo futuro è fuggire. Sei condannato a vita a emigrare da tenda a tenda, un condannato a vita senza fissa dimora. Renditene conto!”.
La stampa internazionale non ha avuto difficoltà a caratterizzare questa trasformazione dall’umanesimo del welfare allïdiota del villaggio europeo. E ha perfettamente ragione. Tutto il paese è insorto, i “democratici” in prima fila, a difesa dei vignettisti che ridicolizzarono e insultarono l’Islam per farsi beffa di una minoranza sfruttata e isolata nel paese. L’esposizione mediatica della stupidità danese messa in evidenza dalla caricatura del vignettista britannico del Guardian, Steve Bells, raffigurante il primo ministro danese Lars Løkke Rasmussen nella giacca bruna dei nazisti e con la scritta: “I Liberali – probabilmente in partito più stupido del mondo” è invece considerata un insulto intollerabile.
I danesi sono diventati tutti razzisti?
Questo interrogativo può essere facilmente rivolto a tutti i paesi dell’Ue. Quindi niente dita puntate ma guardiamoci allo specchio. La verità è che non tutti i cittadini europei, e danesi in questo caso, sono come i politici. Resta il fatto che i grandi partiti, di destra e di sinistra, rappresentano questa posizione, accettano il meccanismo automatico del finanziamento della guerra e dell’aggressione economica agli altri paesi. E, colmo dell’ironia, affidano la soluzione di questi problemi alle élite del potere di Bruxelles che di questa tragedia sono la causa. È legittimo interrogarsi su dove sono finiti i movimenti della pace e della solidarità internazionale, gli “intellettuali” e “giornalisti” sempre attivi nel vedere la pagliuzza nell’occhio degli altri? La tradizione di un pensiero liberale autonomo e critico si è liquefatta, l’opposizione socialista e progressista ha cambiato campo. Quello che prevale è il rigor mortis.
Non c’è dubbio che il fenomeno al quale stiamo assistendo è di immane dimensioni. Una collisione tra continenti che presenta i caratteri di un movimento sismico che richiede una ricomposizione della geografia umana e economica dell’Europa. Tuttavia l’Europa non è nuova a questi fenomeni. La crisi non è delle migrazioni ma una crisi politica e dei sistemi economici che non sono più compatibili con il nuovo stato delle cose. I 28 paesi dell’Ue non hanno bisogno di un patto finanziario ma di un patto umano che ponga fine alle aggressioni e alle guerre e offra ospitalità ai milioni di persone ormai in fuga. Uno o due milioni di immigrati in Europa per anno durante i prossimi cinque anni accrescerebbe la popolazione europea dell’1-2 per cento.
Il collasso dell’Ue, ormai innegabile, è dovuto all’interesse di alcuni gruppi di potere – la Troika – a negare l’evidenza dei fatti. Si è negata la realtà della crisi finanziaria del 2008 scaricandone le cause sul consumo statale e l’eccesso dei consumi per salvare il sistema finanziario irresponsabile. La linea scelta dall’Ue di politiche di austerità e tagli indiscrimati alle spese e agli investimenti sociali è espressione della guerra in atto dei ricchi contro i poveri e che ha definitivamente delegittimato il progetto iniziale di pace e cooperazione.
Il risultato di queste tendenze è la tragica alleanza tra il neoliberismo delle élite e il populismo conservatore che insieme cavalcano il meccanismo fatale della competizione. Si è così riusciti ancora una volta a trasferire i problemi a una guerra tra paesi e tra poveri, mentre i centri finanziari trasferiscono somme astronomiche mediante i loro computer.
Nel frattempo continua il reclutamento della Troika nei movimenti, nei partiti e nei sindacati. L’ultimo ministro socialdemocratico delle finanze in Danimarca, Corydon, dopo aver privatizzato quote crescenti della società petrolifera nazionale – Dong – cedendole alla Goldman Sachs è passato dal suo ruolo politico e istituzionale a quello di direttore della società McKinsey for Government; l’ultimo primo ministro socialdemocratico ha lasciato il parlamento per un ruolo direttivo in una grossa Ong internazionale dopo aver introdotto politiche punitive verso gli immigrati e i bambini in particolare. La situazione non è diversa in altri paesi. Quanti “intellettuali di sinistra” e dirigenti della società civile sono abbarbicati oggi in ruoli istituzionali e in partiti che della tragedia odierna sono gli artefici e corresponsabili?
Bruno Amoroso da comune-info