Separazione delle carriere, ddl 1660 per affermare lo stato di Polizia
di Federico Giusti
Premessa.
superare i diversi approcci per arrivare a una sintesi comune
Non si riportano le lancette della storia indietro nel tempo ma si guarda invece al futuro riposizionando il ruolo dello Stato compatibilmente con l’economia di guerra e per criminalizzare sul nascere ogni forma di conflittualità.
È questa la principale obiezione da muovere a quanti, giustamente, si limitano a criticare il ddl 1660 equiparandone la portata alle leggi fascistissime di mussoliniana memoria, una critica condivisibile ma insufficiente a evidenziare la pericolosità di questo pacchetto di norme all’esame del Senato.
Potremmo anche aggiungere che nel capitalismo della sorveglianza la tendenza diffusa è quella di trasformare reati amministrativi in penali, le spiegazioni potrebbero essere molteplici ma tutte valide anche limitandosi alla summa del pensiero securitario che si traduce in pene severe e alimentando nuove fattispecie di reati.
Lo sforzo che dovrebbe invece vederci tutti\e concordi è proprio nel tenere insieme le specificità di ogni critica avanzata verso il ddl 1660 per evidenziarne la natura repressiva e così instaurare, sulle ceneri dello stato di diritto o di quel poco che ne resta, uno stato di polizia attraverso legislazioni emergenziali.
Entriamo nel merito delle questioni
Un altro approccio parziale, e sotto molti aspetti incondivisibile, è legato a una visione costituzionalista secondo la quale le prerogative dalla Magistratura sarebbero sotto attacco da parte del Governo e delle destre fin da quando, anno 2011, il Governo Berlusconi presentava la riforma Alfano per attaccare l’unicità della magistratura pensando alla separazione delle carriere. I critici verso le istanze del centro destra rivendicavano l’autonomia della Magistratura dal potere politico anche se uno sguardo critico dovrebbe indurli anche a qualche riflessione sulla stagione di Manipulite e sul fatto che dopo gli anni Settanta e ottanta non ci sia stata alcuna iniziativa per porre fine alle leggi emergenziali e alla loro ordinarietà da considerarsi come uno sfregio alla Carta.
Chi scrive non è un giurista e non intende insinuarsi in un campo minato senza le conoscenze necessarie, vogliamo solo azzardare una riflessione sui mancati interventi dei Presidenti della Repubblica e dello stesso CSM su innumerevoli questioni che avrebbero meritato non il silenzio od obiezioni formali ma una secca condanna proprio in difesa della Costituzione.
La caduta del Governo Berlusconi IV impedì la riforma Alfano ma la destra attendeva solo il momento propizio per rilanciare la riforma della Costituzione e oggi, con una maggioranza blindata in Parlamento, ci sono le condizioni atte a concretizzare questo disegno.
Ma attenzione: non solo la destra ma anche il centro sinistra guarda con grande interesse a una riforma costituzionale prova ne siano alcune proposte presentate in Parlamento sulla separazione delle carriere da esponenti del centro sinistra che sulla unicità della magistratura hanno idee assai simili alla Maggioranza di governo.
Sfugge ad ogni comprensione che proprio separando i giudici dai pm si possa avere dei magistrati equilibrati, insomma la separazione delle funzioni e delle carriere dei magistrati è funzionale ad un disegno politico e non a rendere equa la Giustizia nel suo complesso. E ragionamenti solo tecnici non permettono di analizzare anche lo stravolgimento del Codice penale in corso da anni, un codice per altro che la Repubblica Italiana ereditò dal Fascismo e non volle riformare.
Ogni qual volta poi è stato rivisto il modello costituzionale siamo arrivati a situazioni paradossali come nel caso della Riforma del titolo V, del pareggio di bilancio.
E se l’obiettivo di separare le carriere fosse quello di rendere il processo penale più equo dovremmo chiederci la ragione per la quale a nessuno venga in mente di contestare il ddl 1660. Solo da settori minoritari della Magistratura è arrivato un grido di allarme sul ddl 1660, la separazione delle carriere, una volta votate norme repressive a criminalizzare il conflitto sociale, trasformerà il ruolo stesso del pubblico Ministero, qualcuno a ragione ha parlato di Pm da stato di polizia
Un disegno complessivo che parte dalla Riforma della magistratura alla repressione del conflitto
Il DDL 1660 è stato analizzato da giuristi che ne hanno dimostrato la estrema pericolosità per la criminalizzazione delle lotte e del conflitto sociale, interviene contro gli occupanti di casa, i migranti, gli operai che organizzeranno manifestazioni spontanee nei luoghi di lavoro con blocchi dei cancelli o della circolazione stradale, contro i movimenti ambientalisti e pacifisti.
Il ddl interviene sulla questione migratoria nell’ottica si scoraggiare il soccorso in mare intervenendo direttamente sul codice della navigazione obbligando gli esercenti commerciali di vendere le schede Sim solo agli stranieri in possesso del permesso di soggiorno.
Un modello sociale basato sulla repressione e sulla mancata assunzione di responsabilità sociale verso migranti, lavoratori in lotta per il posto di lavoro non può che alimentare nuovi reati prevedendo pene di anni per reati di natura sociale.
Emblematico è il reato di “blocco stradale” con tutte le aggravanti legate alla resistenza a pubblico ufficiale se avviene nel corso di manifestazioni pubbliche organizzate contro le grandi opere o le basi militari considerate opere di rilevanza strategica per la sicurezza nazionale.
Il diritto penale serve in questo contesto storico come disincentivo al dissenso e al conflitto, alimenta paura e rassegnazione, restringe gli spazi di libertà e di democrazia collettiva, di conseguenza o siamo in grado di criticare complessivamente gli interventi legislativi del Governo, le finalità repressive e securitarie delle stesse o ci limiteremo ad una critica formale e sterile, tanto inefficace quanto incapace di cogliere la posta in gioco derivante dai provvedimenti di recente e prossima adozione.
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