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La situazione dei tossicodipendenti in carcere in Italia è sempre più grave.

Erano 24.371 i tossicodipendenti in carcere nel 2007 a fronte di 16.433 nelle comunità. Il 30 giugno del 2009 le cose non erano cambiate. Anzi: i detenuti tossicodipendenti erano 26mila di cui il 40 percento condannati per possesso di droga.
Tirando le somme, alla fine del 2009 nel Belpaese, sono 67mila i detenuti ma quelli dentro per reati di droga sono il 25 percento: 4 su 10. E nonostante l’accesso in comunità sia possibile, a usufruirne è solo un condannato su sei. Perché? Colpa della burocrazia. E della politica. I centri di recupero sono al verde perché le Regioni esitano a pagare le rette. E’ questo il grido d’allarme lanciato dalla Fondazione Villa Maraini, storico centro antidroga romano e dalla Saman, l’associazione laica che opera a livello nazionale. L’ammontare delle rette giornaliere è di 27,90 euro per tossicodipendente escluse le notti e i festivi. Una cifra stabilita dal ministero della Giustizia prima della riforma regionale ma che con il passaggio di competenze dalle Regioni alle Asl non è cambiata.
E non basta. Di questi soldi non c’è traccia. “Per il 2009 – spiega Achille Saletti, presidente dell’associazione Saman – non è arrivata una lira, mentre per il 2007/2008, aspettiamo ancora 100mila euro dal ministero di Giustizia”. Mediamente le rette vengono pagate a uno-due anni di distanza. Il meccanismo è lo stesso per tutte le Regioni. “Il processo – spiega Saletti – è ‘triangolare’: per i nostri servizi, le banche sanano il credito che maturiamo con le Asl. Poi sono le banche a recuperare gli importi dalle Asl stesse. Sulle cifre di denaro a noi destinate, però, gli istituti di credito trattengono gli interessi. Su 100 a noi arriva 97”. Di più. In Italia “ci sono più drogati in carcere che nelle comunità” anche a causa delle procedure amministrative da seguire per ottenere il trasferimento. Come funziona? “Il centro dà la disponibilità e il detenuto – spiega il presidente della Saman – fa richiesta di trasferimento. Dopo di che, viene messo sotto osservazione dal servizio alle dipendenze pubbliche che certifica lo status di tossicodipendente. Infine la valutazione di idoneità. A quel punto il servizio dovrebbe fornire un nulla osta in tempi rapidi”. Ma così non avviene. E infatti, “dopo aver dato la disponibilità – conclude Saletti – le camere restano riservate ma i posti letti rimangono vuoti anche fino a 40 giorni”.
Burocrazia, ma non solo. “Da Roma in giù la situazione non cambia. Il Lazio con la Puglia e la Sardegna, è la Regione che forniscono meno sussidi. Tutto dipende dalla giunte che equiparano i nostri centri a dei fornitori normali: alle grandi case farmaceutiche o ai gruppi come quello degli Angelucci”. Quanto servirebbe? “In media avremmo bisogno di 60-70 euro al giorno per tossicodipendente – dice Saletti – Si tratta di uomini che hanno bisogno di mangiare, di dormire e di ogni genere di conforto per attenuare l’astinenza”. Anche la politica ci mette lo zampino. A gravare sui numeri è il percorso inaugurato dal decreto 309/1990 e proseguito con la legge 49/2006, che ha portato a un netto aumento delle condotte di rilevanza penale: per violazione dell’art 73, ogni tre che entrano in carcere, uno è tossicodipendente. Come se mandarli in comunità, volesse dire giustificare i loro reati.

Giulia Cerino da peacereporter.net