La vera casta che nessuno tocca Si chiama magistratura italiana
- gennaio 23, 2014
- in riflessioni
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Siamo in un periodo di forte crisi economica, la rabbia cittadina si indirizza verso i privilegi della casta politica. Fiumi di articoli indignati, inchieste sullo sperpero pubblico da parte dei deputati, senatori, consiglieri regionali e comunali.
Il movimento di Grillo, tra l’altro, è nato soprattutto grazie a questa onda indignata. Ma tutti, o quasi, attaccano il potere politico, ma in maniera ossessiva difendono il potere della magistratura. Un potere abnorme e superiore a qualsiasi altro.
La Costituzione italiana assegna alla magistratura il privilegio dell’autogoverno in maniera tale che si autogestisca senza rispondere a nessun altro che non a se stessa. Gestione del personale, organizzazione del lavoro, retribuzioni e rendiconti dei costi sono opzioni autonome prese dal Consiglio superiore della magistratura e fuori dal controllo dei cittadini.
Una vera e propria corporazione , la quale ha l’unico sindacato che riesce, a differenza di tutti gli altri, ha difendere gli interessi dei lavoratori. Ogni qual volta un qualsiasi governo tenta di mettere mano ai conti della magistratura, subito si attiva l’Anm (Associazione nazionale magistrati) e lo blocca. Un potere abnorme che riesce a modificare la vita politica del Paese.
Non si vuole assolutamente delegittimare la magistratura. Siamo tutti ben consci che nel passato, come nel presente, esistono dei valorosi magistrati che per vocazione combattono il malaffare e i connubi del Potere. Rischiano la vita e alcuni – come Falcone e Borsellino, il “giudice ragazzino” Livatino o Scopelliti – sono stati uccisi per le loro coraggiose inchieste.
Ma, come in politica, non ci si può far scudo di questi eroi per difendere dei privilegi che non esistono in nessun altro Stato europeo. Privilegi che provocano uno sperpero pubblico togliendo denaro soprattutto alla macchina sempre inceppata della giustizia stessa, la quale ogni anno riceve condanne dall’Unione europea. Inoltre non fa “giustizia” nemmeno per quegli eroi stessi che molto spesso vengono citati strumentalmente. Per fare carriera non esiste la cosiddetta meritocrazia. Tutti i magistrati, indipendentemente da quello che fanno, hanno gli scatti automatici.
In soldoni: chi vuole lavora, chi no si astiene. Ed in entrambi i casi hanno la garanzia di una continua e regolare crescita in termini di “status” e di busta paga. Come se un giornalista iniziasse a scrivere gli stessi articoli al Corriere della Sera, sapendo che dopo alcuni anni, comunque vada, diventerà direttore. Così come tutti gli altri suoi colleghi.
Lo stipendio e la pensione del magistrato sono i più alti d’Europa. Appena si diventa magistrato attraverso un concorso si viene nominato uditore giudiziario (in pratica una carica che non fa nulla: ascolta per imparare) e percepisce per i primi sei mesi al netto di tutte le ritenute ben € 1.680,50.
E dopo sei mesi, sempre che non si abbia ancora alcuna funzione, cioè si ascolti e basta, il nuovo stipendio è al netto di tutte le ritenute di ben € 1.820,77. E poi inizia lo scatto automatico senza alcuna distinzione: da chi scalda semplicemente la scrivania a chi conduce pericolose inchieste! Così il giovane magistrato risulta essere il laureato di primo impiego a più alto reddito.
Non c’è paragone con l’industria privata o, per restare nel pubblico, con i medici o i professori universitari. Ma c’è qualcosa di più scandaloso e molti dei lavoratori italiani ne sono all’oscuro, perfino i politici non posseggono questo privilegio: la scala mobile. La scala mobile, o più specificatamente “l’identità di contingenza” fu istituita nel lontano 1975 e serviva ad adeguare gli stipendi al costo della vita. Fu abolita nel 1992 dal governo Amato, tranne per i politici e per i magistrati.
Mentre i salari sono dimezzati, al contrario, i magistrati se lo vedono quintuplicare. Lo dicono gli stessi dell’Anm: “Se, infatti, si mettono a confronto gli stipendi dei magistrati prima dell’ingresso nella moneta unica e quelli degli anni successivi è agevole riscontrare che gli stipendi sono cresciuti circa del 30% in 5 anni e circa del 60% in 10 anni”.
Ma una casta non è tale se non si hanno ulteriori privilegi: un qualsiasi giudice è esente dalle multe per sosta vietata, perfino se parcheggia per andare a casa; ha uno sconto del tutto particolare per acquistare la macchina Fiat e possono svolgere attività extragiudiziarie (ad esempio i magistrati fuori ruolo) in barba all’indipendenza stessa della magistratura. Inoltre i magistrati non hanno nessuna responsabilità civile e penale e se sbagliano, con dolo o meno, è lo Stato (quindi noi cittadini) a pagare.
E come se non bastasse i familiari dei magistrati hanno vie preferenziali per quanto riguarda appetitose convenzioni con la sanità e la scuola; ma anche percorsi facili in politica e altri campi influenti. Sono dati oggettivi che meriterebbero una riflessione e poi anche una domanda: ma questo scontro tra il potere politico e quello giudiziario, è alimentato da “nobili idee”, oppure semplicemente è puro scontro tra poteri? I poteri buoni, non esistono.
L’Incarcerato da Gli Altri
Questo vostro articolo è bellissimo, l’ho appena condiviso su fb., però la responsabilità civile dei magistrati esiste. Quando lo Stato viene chiamato a risarcire vittime di errori giudiziari, può poi avvalersi sui magistrati responsabili. Il problema più grande per me è la palese disparità di trattamenti a seconda, ad esempio, che si tratti di colletti bianchi o di poveri diavoli. E da molti anni i poteri politici hanno fatto di tutto per impedire ai magistrati onesti di lavorare seriamente, senza peraltro che i magistrati stessi, nella complessità, si oppongano a questo in modo incisivo e determinante: tutto questo è davvero molto triste.
p.s.: dal vostro sito non mi riesce di fare una donazione on-line… proverò con un bonifico. Grazie per quel che fate in nome di tutte le vittime della giustizia.