Il 2024 è un anno nero per le persone detenute nelle carceri italiane. L’ingiusta sofferenza inflitta a chi oggi si trova in una cella è moltiplicata dal caldo insopportabile e dal costante aumento del tasso di affollamento delle carceri, che oggi si attesta su una media del 130,4%.
Oltre all’aumento del numero assoluto di presenze, a preoccupare è l’esplosione del numero di suicidi: a fine luglio già si conta un numero che, soltanto 7 volte dal 1992, è stato raggiunto nel corso di un anno intero. Delle 60 persone che hanno scelto di togliersi la vita, 24 l’hanno fatto tra giugno e luglio.
Il malessere della popolazione detenuta negli ultimi mesi si è espresso nella forma di rivolte, o molto spesso di semplici proteste pacifiche.
A partire dalla protesta di fine maggio nel carcere minorile Beccaria di Milano, passando per Firenze, Torino, Trieste, Gorizia, Prato, Velletri, Terni e altre ancora, i giornali hanno rilanciato in continuazione notizie su rivolte violente nelle carceri, denunciando una situazione di emergenza di gestione degli istituti di pena.
Se è vero che, in alcuni casi, queste rivolte hanno creato un problema di gestione dell’ordine, altre volte si è trattato di semplici proteste ingigantite dai media e raccontate come delle sommosse brutali.
Sembra quasi che le manifestazioni del malessere dei/delle reclusi/e, qualsiasi forma assumano, vengano strumentalizzate per giustificare la necessità dell’introduzione di due nuovi reati previsti dal ddl sicurezza in via di approvazione alla camera: il reato di rivolta in carcere e in cpr, e la perseguibilità della resistenza anche passiva a pubblico ufficiale nell’ambito di una rivolta.
Questo bombardamento mediatico offre una puntuale copertura alle indecenti proposte di introduzione di nuove fattispecie di reato del ddl sicurezza, unica soluzione che il governo Meloni riesce a elaborare per gestire il conflitto sociale.
Il governo promette più reati, più repressione, più carcere, e per gestire questi luoghi affollati fino a scoppiare, prevede nuovi dispositivi repressivi che, punendo ulteriormente i detenuti/e “rivoltosi/e”, potenzialmente legittimano ulteriormente l’uso della forza nelle galere.
Non si forniscono soluzioni che migliorino le condizioni di vita delle persone detenute – al pari di quello che succede fuori le mura carcerarie- né si cerca in alcun modo di eliminare al radice lo sfruttamento, marginalità, le ingiustizie sociali, odiose prerogative di funzionamento del sistema economico e sociale capitalista.
La situazione non farà altro che peggiorare visto i venti di guerra che soffiano furiosi e le ricadute sociali ed economiche delle politiche imperialiste che rendono la vita un inferno per milioni di sfruttati e sfruttate.
Non resta che organizzarsi e lottare, restando sempre al fianco delle persone detenute.
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