L’esercito ha chiesto al Parlamento italiano l’autorizzazione ad armare i droni in dotazione, il che vorrebbe dire trasformarli da strumenti di osservazione e ricognizione a vere e proprie armi, dotate di potenza di fuoco.
di Salvatore Toscano
Secondo un’indiscrezione riportata da Il fatto quotidiano, la richiesta sarebbe stata avanzata in via informale dal Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, il generale Luca Goretti, che sin da subito si è mostrato favorevole ad aumentare la spesa per la Difesa fino al 2% del PIL, passando dall’attuale 1,4%. In questo modo, infatti, «si potrebbe invertire una tendenza che negli ultimi venti anni ha visto la riduzione drastica del numero di velivoli in dotazione, facendo avviare l’Italia verso una condizione di svantaggio numerico rispetto ad altri Paesi», ha affermato il generale Goretti.
Per il momento i droni dell’Aeronautica di classe MALE, in grado di volare fino a 15km di altezza con un’autonomia di circa 2000km, sono disarmati. Sul punto si è espresso lo stesso generale Goretti durante un intervento alle commissioni di Camera e Senato: «Vorrei stimolare una nuova riflessione anche in tema di velivoli a pilotaggio remoto, circa l’opportunità di riavviare il processo autorizzativo volto ad armarli, per dotarli finalmente di una componente d’ingaggio al suolo. Questi, qualora l’autorità politica e il Parlamento ne autorizzino successivamente l’uso, potranno essere impiegati con l’obiettivo di ridurre il rischio di perdite di vite umane», nonostante i fatti dicano che i droni armati siano coinvolti nella morte di diversi civili, come nel caso denunciato da Amnesty International della Somalia, dove negli ultimi anni vari attacchi statunitensi effettuati con velivoli a pilotaggio remoto hanno causato decine di vittime fra la popolazione civile.
L’idea di armare i propri droni ha radici profonde, che vanno oltre l’attuale contesto geopolitico dovuto al conflitto fra Ucraina e Russia. Già sul finire dello scorso anno, infatti, il Documento programmatico pluriennale della Difesa per il triennio 2021-2023 annunciava un aggiornamento riguardante i MALE Reaper capace di introdurre “una nuova opzione di protezione sia diretta alle forze sul terreno sia a vantaggio di dispositivi aerei durante operazioni ad elevata intensità/valenza”, lasciando intendere di voler seguire la strada tracciata da altri Paesi, tra cui Stati Uniti, Cina e Turchia, circa l’adozione dei droni armati. Nello stesso periodo si inserisce la richiesta avanzata al Parlamento dallo Stato maggiore, l’insieme degli ufficiali collocati al vertice degli organismi militari più complessi, di poter acquistare gli Hero-30 israeliani, cioè piccoli velivoli a pilotaggio remoto, armati con una testata esplosiva, dunque kamikaze.