“Abbiamo celle invivibili, piene di muffa e ci piove dentro e ci tengono senza riscaldamento e senza acqua calda, la sera siamo costrette a dormire con i panni addosso perché dal freddo non riusciamo a mettere il pigiama”. Così scrivono le detenute di Sollicciano in una lettera-denuncia l’ultimo giorno del 2015.
Freddo, sovraffollamento, infestazioni di topi e scarsa assistenza sanitaria, questi i principali problemi che denunciano le autrici della lettera che affermano “Viviamo peggio degli animali” sottolineando, se ancora ce ne fosse bisogno, come il carcere sia un luogo dove anche i diritti più basilari sono negati e la dignità personale profondamente lesa.
“Siamo infestati dai topi infatti alcune detenute nella notte sono state morse e non hanno avuto assistenza medica, cioè in ritardo. Siamo state costrette a dormire con una sola coperta e alcuni sono senza il cambio delle lenzuola che avviene ogni 15 giorni ma dobbiamo essere fortunate e la rifornitura che comprende 4 rotoli di carta igienica a testa, due flaconi di detersivo per lavare i pavimenti, saponette per lavare i panni una volta al mese. Ci sono detenute con problemi psichici, con epilessia e attacchi di panico e alcune asmatiche e sono rinchiuse da sole, abbandonate a se stesse peggio del manicomio di Montelupo fiorentino”
Negli ultimi anni i casi di suicidio e tentato suicidio nel carcere fiorentino sono stati ben oltre la media nazionale e il problema del sovraffollamento ha assunto dimensioni ben oltre la soglia della criticità. Già due anni fa il numero dei detenuti era di 990 uomini e 112 donne con un totale di 1021 persone fra cui addirittura tre bambini, in una struttura che dovrebbe ospitare 480 persone.
E’ bizzarro come a fronte di questa situazione in cui è violata ogni basilare norma igienica e umanità il Comune di Firenze specifichi nella sua “Guida” per i detenuti di Sollicciano che un motivo di sanzione disciplinare sia “negligenza nella pulizia e nell’ordine della persona o della camera”.
Se il carcere è sicuramente l’istituzione totale per eccellenza, dove la privazione della libertà è assoluta è anche l’istituzione in cui tutto viene messo a profitto. Analogamente ad altre strutture detentive o assistenziali, si pensi alle strutture d’accoglienza (in cui il Comune di Firenze spende cifre enormi) o ai Cie (in cui quotidianamente si lamentano situazioni di alloggi fatiscenti e situazioni igienico sanitarie gravose), ogni persona che entra nel meccanismo diventa una fonte di profitto per molti attori: i gestori delle strutture in primis, ma anche tutta la rete delle cooperative e degli enti gestori che traggono il massimo profitto dalla vita degli abitanti.
Il carcere è un business
Ogni detenuto costa allo Stato circa 200 € al giorno, di cui forse una minima parte viene usata per le esigenze del detenuto stesso (che peraltro è costretto a pagare la propria permanenza in carcere circa 50 € al giorno), la maggior parte va a finanziare tutti quei soggetti che sul carcere speculano e fanno profitto.
Analogamente un “ospite” in una struttura d’accoglienza costa al Comune di Firenze 70 € al giorno, in un mese fanno più di 2000€, e dato che molte persone finiscono nelle strutture dopo sfratti o situazioni di emergenza abitativa, risulta ancor più paradossale come dando la stessa cifra alla persona stessa l’emergenza si risolverebbe da sola.
E’ sempre più evidente come il grande contenitore della così detta marginalità sociale (non è un mistero che la detenzione è strettamente legata alla povertà) sia funzionale alla speculazione e al profitto sulla povertà stessa fregandosene dei diritti umani più basilari a conferma anche di un’idea di carcere come espiazione ed estrema punizione al di là di ogni vuota retorica di reinserimento sociale.