Il 20 luglio 2001 abbiamo capito giovanissimi che è meglio avere torto quando avere ragione deve costare un prezzo così alto. Da allora ci diciamo e promettiamo “mai più io sarò saggio”. Da quell’orrore tornammo a casa stravolti, feriti, violentati dallo Stato ma tornammo. Carlo no. Poteva essere ognuno di noi, Carlo.
16 anni dopo abbiamo vissuto il G20 di Hamburg, è andata diversamente e forse in parte alcune ferite bruciano meno, anche se non guariranno mai. Ma anche da Hamburg non siamo tornati tutti e tutte. Alcuni compagni italiani sono ancora rinchiusi nelle carceri tedesche. La loro libertà deve essere la nostra ossessione prima di andare avanti, ancora e ancora. Non dimentichiamoli anche se è difficile e proveranno a nasconderceli. La solidarietà non è una vuota parola retorica ma un fatto concreto, fattuale come fattuale e concreto è il carcere e la violenza della polizia.
E la paura e la solitudine.
Noi non siamo soldati, non siamo un esercito, non siamo come i nostri nemici, odiamo la morte e amiamo la vita, siamo diversi da loro per quanto si sforzino di descriverci simmetrici. Per il loro sovrano le loro vite sono sacrificabili, per noi nessuno deve essere lasciato indietro o solo, per nessun motivo, per nessuna ragione superiore, mai. Non è scelta etica ma un preciso programma politico. Questo è quello che noi chiamiamo comunismo.
Per questo invitiamo ancora una volta tutte e tutti a scrivere loro partecipando alla campagna “Scrivimi” e per questo vogliamo dire a loro, alle loro famiglie, ai loro cari, ai loro compagni, a tutte e tutti, chi era ad Amburgo e chi non c’era, ma soprattutto al “rinnovato” Stato di diritto Tedesco, alla Polizei, ai nostri nemici questo:
Oggi, 20 luglio 2017, abbiamo saputo dai nostri legali che abbiamo la possibilità di ricorrere contro lo Stato di Amburgo e la sua polizia per le ingiuste ragioni della nostra detenzione. Malgrado non abbiamo alcuna fiducia in chi ci ha privato della nostra libertà, faremo ricorso (e a chiunque voglia, consigliamo di farlo). In caso, tra non meno di due anni, dovessimo vincere la causa, ognuno di noi riceverà fino a 50 euro per ogni ora di ingiusta reclusione. Un’offerta che vuole dividere noi, magari rimborsati, da chi ha avuto rispetto a noi solo sfortuna; 30 denari per regalare a Fabio, Riccardo, Maria, Emiliano, Alessandro e Orazio, futuro sospetto e rancore, per consegnarli forse alla sconfitta e al ritorno solitario a casa, alla politica da social network; ma insieme a loro eravamo gioiosi nel manifestare nelle strade di Hamburg, non possiamo regalare la gioia per avere la tristezza. Una vile provocazione. Dividere i sommersi dai salvati. Un’offerta offensiva e cinica perché un’ora di libertà non è monetizzabile, per nessuno, mai. Per questo abbiamo deciso che il denaro che riceveremo, se lo riceveremo, quando lo riceveremo sarà utilizzato per le spese processuali per questa richiesta di rimborso sarà ridato alle compagne e ai compagni ancora detenuti, attraverso l’Osservatorio contro la Repressione.
Non siamo ricchi, siamo studenti, disoccupati, precari, migranti italiani in Germania tra minijob e lavori a nero, alcuni di noi pagherebbero con la propria parte un mese di affitto o si libererebbero dall’incubo del Job Center; ma la povertà non può essere mai alibi per cedere al ricatto del proprio carceriere e la nostra dignità non è in vendita.
Sappiano di non aver sbagliato, di non essere sole e soli, desideriamo rivederci prima di subito e lo facciamo solo per questo. Ai nostri nemici, senza alcuna retorica, va tutto il nostro disgusto e rancore e un messaggio: non ci dividerete, si parte e si torna insieme.
Berlin Migrant Strikers
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