Mare Jonio, indagato anche Luca Casarini L’accoglienza finisce nel mirino dei pm
Mentre la tendopoli brucia, l’accoglienza finisce in tribunale.
Ad Agrigento, dove il procuratore aggiunto Salvatore Vella e il sostituto Cecilia Baravelli hanno iscritto sul registro degli indagati il capo missione della Ong Mediterranea, Luca Casarini, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e l’ordine disatteso di spegnere i motori della nave, gli stessi reati contestati al comandante della Mare Jonio, Pietro Marrone.
E a Locri, dove la Procura vuole processare il sindaco dell’accoglienza, Domenico Lucano. Casarini ieri è comparso davanti ai magistrati per un interrogatorio come persone informata dei fatti. Interrogatorio interrotto dopo sette ore, nel momento in cui i magistrati hanno deciso di indagare l’ex leader dei No Global, e rimandato alla prossima settimana, quando verrà risentito in presenza del proprio legale.
A Locri, invece, la richiesta di rinvio a giudizio è stata notificata giovedì sera ai 30 imputati, tra i quali il primo cittadino sospeso di Riace, ai quali vengono contestati, a vario titolo, l’associazione a delinquere, truffa con danno patrimoniale per lo Stato per oltre 350mila euro, abuso d’ufficio ottenendo un ingiusto vantaggio patrimoniale per oltre 2 milioni di euro, peculato distraendo fondi pubblici per oltre 2.400.000 euro, concussione, frode in pubbliche forniture, falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per loro l’udienza preliminare davanti al gup Amalia Monteleone è stata fissata il primo d’aprile. Una notizia che arriva nello stesso giorno in cui la Cassazione ha annullato senza rinvio l’obbligo di dimora imposto a Lemlem Tesfhaun, difesa dagli avvocati Andrea Daqua e Lorenzo trucco. Secondo l’accusa, il sindaco sospeso e Tesfhaun avrebbero organizzato un finto matrimonio tra la donna e il fratello di lei, in Etiopia, grazie a certificati falsi, prodotti «per sfruttare lo status di coniugio con la donna, cittadina italiana, per ottenere l’ingresso in Italia». Certificati, ribadisce Lucano, veri, in quanto Tesfhaun solo erroneamente era stata registrata come coniugata. Il 27 febbraio scorso, inoltre, la Cassazione aveva accolto in parte il ricorso presentato dagli avvocati Antonio Mazzone e Andrea Daqua contro il divieto di dimora a Riace imposto a Lucano dal Riesame, annullando con rinvio l’ordinanza in merito alle esigenze cautelari e al reato di turbata libertà degli incanti.
«Non ho paura di farmi processare – dice al Dubbio Lucano Il mio è un caso politico, ma sono tranquillo. Si tenta di dimostrare l’impossibile, perché io non ho toccato nemmeno un euro e anche il gip lo ha scritto. In 18 mesi d’indagine è emerso solo che vivo in una condizione di semi povertà. Il sistema che avevamo costruito in maniera spontanea aveva dimostrato ciò che sembrava impossibile, cioè che con i cittadini stranieri arrivano opportunità, non problemi. Abbiamo creato prospettive per il futuro, lavoro. Ora a Riace rimane il silenzio». In tanti, in questi mesi, gli hanno chiesto di candidarsi alle europee, invito che Lucano ha sempre rifiutato. «Posso continuare a fare ciò che faccio anche dal basso. Mi batterò sempre, magari come consigliere comunale, per dare continuità a quel che abbiamo fatto, ma non è importante, perché quando ho iniziato non ero nulla». E sull’annullamento della misura a Tesfhaun si dice soddisfatto. «È importante, perché indebolisce l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – conclude – Le hanno fatto passare tutto questo, per cinque mesi, solo per un documento. E lo stesso a me».