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Migranti: Dai ghetti alle città, continua la stretta reazionaria e repressiva di Minniti

A poco più di una settimana dallo sgombero del Ghetto di Rignano la situazione in provincia di Foggia continua ad essere molto grave. Come è stato già raccontato nei giorni scorsi, sono centinaia le persone che vivono nelle campagne attorno all’ex Ghetto e per le quali le istituzioni non hanno trovato alcuna soluzione. Tra queste, tantissime donne, che al momento si trovano senza alcun reddito e senza niente che possa assomigliare ad una casa. Si dorme ammassati nelle roulotte, nei casolari o spesso in macchina. Ma per la Regione Puglia e la Prefettura, che continuano a confermare il buon esito dello sgombero, sono dei fantasmi.

Allo stesso tempo, sono molto carenti le condizioni abitative di chi è stato deportato nei due stabili gestiti dalla Regione (Casa Sankara e l’Arena). Qui infatti si vive praticamente imprigionati, stipati in dieci in una stanza o nelle tende, senza acqua calda, lontani da tutto. Si esce quasi esclusivamente per andare a lavorare, quando si riesce a intercettare la domanda di lavoro, altrimenti si presta “lavoro gratuito” all’interno degli stessi stabili. Non è un caso che chi può va altrove o ad ingrossare le fila degli altri ghetti sparsi nella provincia. Su di essi, perdipiù, pende la minaccia di altri sgomberi. Ieri, 14 marzo, le persone presenti nell’ex fabbrica Daunialat di Foggia sono state identificate e denunciate per occupazione abusiva.

Un’aria simile si respira nella Piana di Gioia Tauro, un territorio per molti aspetti diverso, ma attraversato da dinamiche dello stesso tipo rispetto all’organizzazione del lavoro agricolo e la presenza di persone immigrate. Qui, nel comune di San Ferdinando, sorge una famosa tendopoli abitata da circa 2000 persone. Nei giorni scorsi le forze dell’ordine hanno più volte circondato il ghetto di Stato bloccando l’ingresso per ore, per fare controlli a tappeto. Ne sono seguiti arresti, fermi in questura e multe salate per chi ha esercizi commerciali informali, unitamente ad un forte sentimento di rabbia e paura. Infatti tra gli/le abitanti della tendopoli il timore di un imminente sgombero è molto forte, mentre finora sono rimaste inascoltate le loro rivendicazioni sulle vere necessità e priorità – rivendicazioni più volte reiterate, portate avanti qui come a Foggia con grande determinazione.

Queste azioni da parte dello Stato sono parte dello stesso disegno, che punta allo sgombero di tutti gli insediamenti e propone l’eliminazione “fisica” di questi luoghi in nome del decoro pubblico. Lo ha dichiarato apertamente il Ministro dell’Interno Minniti negli scorsi giorni, legando in maniera fuorviante il problema dei ghetti a quello dell’immigrazione “illegale”. E’ chiaro che rinchiudere le persone in strutture totalmente inadeguate, o comminare loro decreti di espulsione e lasciarle in mezzo ad una strada non è la soluzione, ma solo un modo di nascondere la questione sottraendola alla vista e ai commenti del “buon senso comune”.

In realtà, gli apparati di governo in tutte le loro articolazioni hanno ascoltato e capito molto bene le rivendicazioni delle lotte di chi vive nei ghetti della Puglia e della Calabria. Il violento sgombero, le uccisioni, le deportazioni, le ripetute retate e gli arresti sono le risposte alle richieste di regolarizzare la propria posizione giuridica (permesso di soggiorno, residenza, ecc.) e lavorativa (applicazione dei contratti nazionali e provinciali). Così come è una risposta la veloce approvazione del decreto Minniti-Orlando, che sancisce chiaramente la criminalizzazione degli immigrati e di tutti gli sfruttati e promuove la creazione di nuovi centri per il rimpatrio.

Con questo decreto, approvato durante il Consiglio dei Ministri dello scorso 10 febbraio, i due dicasteri (Interni e Giustizia) intendono predisporre “interventi urgenti in materia di immigrazione e di sicurezza urbana. E’ “curioso” notare come queste disposizione vengano predisposte congiuntamente, accomunando di fatto la repressione della libertà di movimento, con la repressione del dissenso.

In questa stretta repressiva si inserisce infatti anche l’ulteriore grave provocazione del Ministero dell’Interno nei confronti di Napoli e delle persone che qui lottano ogni giorno. Scavalcare la volontà di una città intera per permettere la sfilata al razzista e xenofobo Salvini si confà perfettamente al ruolo che questo personaggio ha assunto nel panorama politico. Per questo come collettività e soggetto in lotta esprimiamo la nostra più totale complicità e solidarietà a Carmine e Luigi, arrestati durante la manifestazione, e con tutti/e quelli/e che lottano ogni giorno contro questa ondata reazionaria.

E come sempre, portiamo avanti anche noi, con sempre maggiore convinzione, una battaglia contro le logiche securitarie, divisive e repressive che ogni giorno si abbattono in maniera più brutale su tutte e tutti coloro che il sistema considera come una minaccia – siano essi criminalizzati perché “stranieri” o semplicemente perché ritenuti pericolosi.

Ci cacciate dalle case, ci ritroverete nelle strade! Giustizia per i morti, documenti, casa e trasporto per tutt*!

da Campagne in Lotta