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Militarismo e nuovo fascismo

Lo sciovinismo militarista dilaga ovunque e nelle diverse forme politiche perché sono decenni che si è formato un insieme di apparati statuali, mediatici, politici e culturali nel nostro paese, che hanno allontanato ed emarginato i cittadini dalla politica, da un’informazione libera, che ha accentrato i poteri all’esecutivo a discapito delle istituzioni deputate al dibattito e alle decisioni come il Parlamento, con governi che nulla hanno a che vedere con gli esiti elettorali.

di Duccio Serri

Quando ero pischello, delle zie mi facevano leggere una vecchia raccolta del Corriere dei Piccoli delcorriere dei piccoli 1916. Mi piacevano molto le avventure di Italino, un bimbo che gabbava Cecco Beppe l’imperatore austriaco con gag e furbizie. Ovviamente non sapevo nulla della guerra, mi piacevano i soldatini come tutti bambini. Crescendo e divenendo comunista ho avuto modo di comprendere e analizzare come esperto di comunicazione l’operazione di propaganda che i media dell’epoca facevano nei confronti della gioventù, durante il periodo della Grande Guerra.

Tuttavia quelle strisce apparentemente ludiche, in realtà guerrafondaie, che educavano i bambini alla guerra e a odiare il nemico, non sono arrivate agli attuali livelli di razzismo antirusso e di isteria militarista che politici e media nostrani stanno mettendo in campo in questi giorni. Un sindaco, Sala, che a Milano chiede al maestro Georgiv di abiurare quanto il suo paese, la Russia, sta facendo, pena: il non dirigere l’orchestra della Scaal. E stesso ultimatum all’artista a Macerata. La fiera dei libri per ragazzi di Bologna che vieta i libri russi. E si arriva fino alla rettrice Iannantuoni che a Milano Bicocca vieta il percorso filologico su Fijodor Dostoevskij al prof. Paolo Nori per “evitare qualsiasi forma di polemica”, decisione poi rientrata, ma che mi fa dire che questa personcina indegna di ricoprire il suo ruolo in un tempio della scienza e della cultura  del nostro paese forse aveva paura che si parlasse di lei durante la lezione sul grande romanzo L’idiota.

Abbiamo la dimostrazione di come ai posti di comando nello stato come nella politica e di gestione dell’industria culturale vi siano dei servili camerlenghi del pensiero unico. Ormai occupano tutto. Così come nella sanità, dove il fenomeno dei televirologi rappresenta solo la punta dell’iceberg, quella mediatica, di un ceto di esperti e sanitari al perfetto servizio dell’industria farmaceutica, un verminaio ben prsente nei posti di potere nell’ISS, nell’AIFA, nelle associazioni medici e pofessionisti della sanità. Lo abbiamo visto nella gestione criminale della pandemia, dove al centro c’erano gli interessi dei ceti dominanti del capitale e delle loro filiere in capo alla finanza e alle multinazionali, al grande capitale e ai profitti di big pharma e non alla salute pubblica, al benessere dei cittadini.

Ma oltre a questo, i tanti casi come l’annullamento di una mostra fotografica a Reggio Emilia perché partecipava un fotografo russo, per altro dissidente (sic!), la proibizione nelle numerose scuole di autori russi, rivelano che questa isteria non è cosa spontanea, ma una corsa dei tanti fedeli al potere a fare a gara per ingraziarsi il regime. È il frutto marcio di un sistema mediatico e politico che ha annullato ogni forma critica alle politiche dominanti, è un fascismo “morbido” con poco manganello (ma duro con gli studenti della LUPA e i no green pass). Un passaggio automatico per meccanismi comunicativi e scelte routinarie nei vari apparati statali e affini, che evidenzia che siamo già al totalitarismo globalista con un pensiero unico ben strutturato che ha calpestato diritti, persino il buon senso che ci dice che la cultura se non è cosa neutra, quanto meno è un patrimonio universale, persino il Mein kampf di Hitler.

Nelle democrazie borghesi che fin qui abbiamo conosciuto, c’erano diritti civili che oggi sono calpestati dalle discriminazioni imposte alla popolazione con le restrizioni pandemiche, il green pass. C’era anche un approccio alla cultura che diceva che tutto si può leggere, studiare, anche le cose più aberranti per conoscerle. Come è nato il fascismo? Come il nazismo? Poi costituzionalmente, sul piano della tutale dei diritti di pensiero, espressione, religione, etnia, sesso, ecc., queste ideologie antidemocratiche le escludi socialmente. Ma devi conoscerle, quindi studiarle. Nel caso in fatti specie, Dostoevskij, non è Hitler: è un bene prezioso per l’umanità. O della Russia magari vanno bene solo Solgenitsin e Pasternak? Nel caso in fatti specie la cultura russa non c’entra proprio nulla con l’attuale guerra. Ma anche se qualcuno volesse approfondire gli aspetti ideologici di questa guerra “dall’altra parte”, se ne avesse la voglia potrebbe andare a leggersi Dugin, esattamente come il Corano e le scritture di una filologia islamista che esprime le ragioni di quella parte del mondo musulmano che ha scelto la Jihad contro l’Occidente. Leggere, capire, studiare, farsi un’idea da più fonti e versioni dei fatti era un diritto acquisito… oggi non più.

Ma oggi le guerre, oltre al sangue versato, sono di cartapesta, anzi di pixel: non starò qui a elencare le fake news che vengono sciorinate dai media di regime, basta solo essere nella rete, nei social e non avere solo frequentazioni embedded per rendersene conto.

Io voglio vivere in una società dove posso informarmi come mi pare, studiare quello che mi pare, formarmi una cultura e un’opinione sul mondo liberamente, senza costrizioni, senza che ci sia qualche fascista (oggi il vero fascista) che mi impone cosa leggere e cosa no. Per questo dico a una Von der Leyen che annuncia la chiusura nella UE dei canali RT, Russia Today e Sputnik, i fascisti veri siete voi. E siete fascisti ben peggiori dei pennivendoli che raccontavano le storie di Italino, che rispetto a voi europeisti, spesso sinistrati al servizio dell’UE e delle élite capitaliste sovranazionali, come il PD, sono degli ingenui novellieri. Dal diritto sul proprio corpo a quello sulle proprie opinioni e le espressioni della medesime, di accesso a una libera informazione e formazione, questa è una guerra, la guerra peggiore oggi per tutti noi e che dobbiamo combattere. Perché queste guerra culturale ha un carico di razzismo e di sciovinismo, giustifica profitti fatti sulla pelle delle popolazioni e scelte di guerra attraverso espedienti scenici ancora più sottili della retorica oggi un po’ ridicola dei giornali del ’15-18.

All’inizio dicevo che dopo essere stato pischello sono diventato comunista. Certo, perché la differenza vera tra i comunisti e i pacifinti borghesi, o i guerrafondai per “civiltà” dell’Occidente che esporta la “democrazia” è che noi comunisti la guerra la facciamo ai capitalisti, è una guerra di classe. Per i comunisti il nemico non è Dostoevskij, ma neppure lo statunitense Paul Aster, non sono nemmeno i popoli di un campo avverso, che sono nostri fratelli a partire dai proletari. I comunisti sanno che il nemico ce l’abbiamo in casa, è alle nostre spalle, è quello che ci conduce alla guerra, al macello, è quello che ci tratta come cavie per sieri sperimentali. Parla la nostra lingua il nemico. È un nemico che usa l’odio e il buonismo, che dosa la ferocia con la falsa compassione, che spettacolarizza le tragedie come una grande fiction della lacrima, che riesce a far passare per buoni i nazisti che da otto anni bombardano il Donbass, i cecchini del battaglione Azov, i torturatori e gli assassini di professione, gli islamisti ceceni che vanno a rimpolpare le fila naziste delle forze ucraine. È un nemico che ci vuole dividere tra vax e no vax, tra falchi e colombe, tra categorie politiche, sociali, culturali che riducono la realtà a scenari precostituiti. Ed è contro questo nemico che dobbiamo combattere.

E questo nemico è anche dietro le bandiere della pace che sfilano di fianco a quelle di Pravy Sektor e i simbolinazi- banderisti nei “né… né” che giustificano le armi governative all’Ucraina fomentando l’escalation e una politica di guerra. Che fanno di tutto per distrarre dalle vere questioni: pace e internazionalismo non passano per la Casa Bianca, la UE e la NATO. Basta solo vedere la posizione della CGIL che ha fatto cambiare il testo della Rete Italiana Pace e Disarmo, come bene illustrato in un post su Facebook di Sergio Cararo:

“La manifestazione per la pace del 5 marzo si trasforma in una marcia a sostegno della linea del governo Draghi sulla guerra. Letta comanda, i pacifisti di governo si allineano.

Fact cheking:
Piattaforma originaria della manifestazione del 5 marzo
Contro la guerra, cambia la vita
Dai una possibilità alla pace
Bisogna fermare la guerra in Ucraina.
Bisogna fermare tutte le guerre del mondo.
Condanniamo l’aggressione e la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. Vogliamo il “cessate il fuoco”, chiediamo il ritiro delle truppe.
Ci vuole l’azione dell’ONU: disarmo e neutralità attiva.
Dall’Italia e dall’Europa devono arrivare soluzioni politiche, non aiuti militari.
Protezione, assistenza, diritti alla popolazione di tutta l’Ucraina, senza distinzione di lingua e cultura.
Siamo con la società civile, con le lavoratrici e i lavoratori ucraini e russi che si oppongono alla guerra con la nonviolenza
No all’allargamento della NATO. Sì alla sicurezza condivisa.
Vogliamo un’Europa di pace, senza armi nucleari dall’Atlantico agli Urali.
Costruiamo ponti e solidarietà tra i popoli, non con le armi ma con la democrazia, i diritti, la pace.
Basta armi, basta violenza, basta guerra !
Piattaforma modificata per consentire adesione di Cgil Cisl Uil e sostenitori del governo
CESSATE IL FUOCO
CONTRO LA GUERRA CAMBIA LA VITA
DAI UNA POSSIBILITA’ ALLA PACE
Bisogna fermare la guerra in Ucraina.
Bisogna fermare tutte le guerre del mondo.
Condanniamo l’aggressione e la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina.
Vogliamo il “cessate il fuoco”, chiediamo il ritiro delle truppe.
Ci vuole l’azione dell’ONU che con autorevolezza e legittimità conduca il negoziato tra le parti.
(Spariti il disarmo e la neutralità attiva)
Chiediamo una politica di disarmo e di neutralità attiva.
Dall’Italia e dall’Europa devono arrivare soluzioni politiche e negoziali.
(Sparita la frase contro gli aiuti militari europei)
Protezione, aiuti umanitari, diritti alla popolazione di tutta l’Ucraina, senza distinzione di lingua e cultura.
(Sparita la solidarietà con la società civile in Ucraina e Russia)
(Sparito il No all’allargamento della NATO. Sì alla sicurezza condivisa)
(Sparito Vogliamo un’Europa di pace, senza armi nucleari dall’Atlantico agli Urali)
Diamo segnali concreti di solidarietà.
Ognuno contribuisca all’accoglienza e al soccorso degli Ucraini in fuga.
Costruiamo ponti e solidarietà tra i popoli con la democrazia, i diritti, la pace.
(Sparito il concetto non con le armi)
Basta armi, basta violenza, basta guerra!”
È evidente che questa manifestazione è una manifestazione governativa, che distrae da quelli che dovrebbero essere i veri obiettivi di un movimento antimilitarista o autenticamente pacifista, anche i più blandi di un generico disarmo. Nel documento di convocazione non v’è alcuna critica alla NATO, alcun riferimento al disarmo e alla neutralità. È una manifestazione di regime, una narrazione da pacifinti che in realtà sostiene la politica di escalation bellica della NATO, degli USA e della UE, che non disturba il manovratore.
Come vedete, la macchina propagandistica di regime, la sua narrazione attraversa ogni campo politico, si fa maggioranza e opposizione, militarismo e pacifismo: un prodotto politico per tutti i gusti e le sensibilità, come la merce fisica. È merce culturale e politica che aggrega tutti su un’unica politica: quella di un atlantismo che deve contrastare a tutti i costi un evento che è “brutto” precedente: qualcuno gli ha dato un fermo nel suo espansionismo, evidenziando che il mondo è multipolare e che l’imperialismo va declinando di fronte a nuovi attori mondiali. Qualcuno, la Russia, semplicemente lo sostiene da anni che occorre un’Ucraina neutrale che non piazzi missili a 400 km da Mosca, che in tre minuti non ci sarebbe neppure il tempo di attivare le difese. Una richiesta di buon senso (e condividerla non significa essere filo-putinisti) che, al contrario dell’espansionismo aggressivo e bellico della NATO va verso la distensione. Ma i cattivi sono i russi. E questa narrazione è espunta da ogni canale informativo.
Lo sciovinismo militarista dilaga ovunque e nelle diverse forme politiche perché sono decenni che si è formato un insieme di apparati statuali, mediatici, politici e culturali nel nostro paese, che hanno allontanato ed emarginato i cittadini dalla politica, da un’informazione libera, che ha accentrato i poteri all’esecutivo a discapito delle istituzioni deputate al dibattito e alle decisioni come il Parlamento, con governi che nulla hanno a che vedere con gli esiti elettorali. E in questi due anni di pandemia questo processo si è intensificato, l’Italia è diventato un laboratorio di controllo sociale e comando avulso dai normali meccanismi decisionali, c’è stato il passaggio autoritario che ha distrutto la società borghese dei diritti individuali e sociali, ed è stata formata una massa che manifesta supinamente a favore delle politiche di regime. Non una massa critica, ma di manovra per il potere capitalista atlantista. Una “rivoluzione colorata” interna che non rivoluziona nulla ma sancisce l’esistente, che serve al bonapartismo di Draghi e di quella parte di capitalismo italiano che ha forti interessi con quello multinazionale e finanziario sostenuto dalle euroburocrazie. Questa massa di manovra, così come la maggioranza silenziosa di greenpassati che hanno accettato l’inaccettabile, la lesione dei diritti di una parte della popolazione, farà accettare tutto: la guerra imperialista, la fame e la miseria nella crisi energetica determinata dalla rottura con la Russia, i futuri lockdown e restrizioni che di sanitario non hanno nulla. Oggi il fascismo non veste i panni dell’orbace e del fez, non si alimenta di nazionalismo, ma di una sorta di globalismo ecumenico che si crede civiltà superiore in un neonazismo falsamente buonista, che non può essere messo in discussione in alcun modo: dalle tecniche della “caccia alla volpe” con la muta di cani idrofobi nei talk show alla censura portata avanti non solo e non tanto da apparati dello Stato, ma dalle grandi compagnie della rete e dei social. È un Miculpop che funziona senza essere un ministero, ma una rete basata sulla potenza di alcune multinazionali che detengono l’intero sistema mediatico e che impone le agende setting delle centrali di potere.
Questo è il fascismo del terzo millennio. In confronto, i fascisti dichiarati stile Casapound e Forza Nuova sono delle mazurke, dei dilettanti: servi utili per manovre orchestrate dai burattinai di sempre, usati da infiltrati nei contesti protestatari come l’assalto alla sede della CGIL a Roma.
Questo è un fascismo occultato, che si può leggere solo sotto traccia, solo se vuoi mettere insieme tutti i pezzi di questo mosaico che come tutti i mosaici ha un unico disegno. È un fascismo liquido che si serve anche del falso antifascismo, del popolo “di sinistra”, dei bellaciao. Liquido con i suoi agenti di cerniera vestiti di pacifismo e dirittoumanitarismo come gli emissari del PD, che esaltano i nazisti ucraini spacciandoli per patrioti democratici, della serie: qui esegeti di un democraticismo astratto, là sostenitori di criminali e cecchini banderisti, in perfetta sintonia con una UE e una NATO che hanno tra le proprie forze espansioniste e d’attacco, di volta in volta e a seconda degli scenari, i tagliagole dell’ISIS come in Siria, i neonazisti come in Ucraina, la mafia cocalera e gli squadroni della morte come in Colombia…
Pertanto, quando si tratta di sciovinismo militarista, è questa configurazione che va individuata. Un movimento contro la guerra imperialista non può prescindere da questa analisi, non può vedere le vacche tutte nere nella notte della ragione. essere contro la guerra genericamente non solo non serve a nulla, ma serve il re di Prussia. Per questo oggi è fondamentale più che mai scendere in lotta contro il proprio imperialismo, contro la propria macchina da guerra, contro la NATO, per l’uscita del nostro paese da questa alleanza atlantica che non è più un dinosauro militare sopravvissuto alla guerra fredda, ma un moderno dispositivo per aggressioni militari ai popoli, guerre ibride, colpi di Stato, rovesciamento di regimi più o meno democratici, per rispondere con la minaccia guerrafondaia al declino di un mondo descritto in modo unipolare descritto in modo demenziale da Fukuyama come fine della storia, come un tutto eterno ormai in declino.