Da un lato si alimenta l’angoscia per il cosiddetto aumento costante della popolazione mondiale e dall’altro si ha paura del calo della popolazione in Europa e in particolare in Italia. Ma basta sbirciare tra pochi dati per scoprire come l’immigrazione compensa ancora poco il declino demografico italiano ma anche della maggioranza degli altri paesi europei. Intanto i conti dell’Inps dicono che se continua così non si avranno fondi per pagare le pensioni: per questo alcuni economisti e scienziati sociali pensano che ci vogliono più immigrati e più crescita. “Non sempre lo dicono ma tutti sanno che si vuole questo perché i migranti assicurano tassi di produttività più alti degli italiani – spiega Salvatore (Turi) Palidda -, costretti a remunerazioni più basse, a lavoro più a rischio di incidenti e malattie e sono anche costretti a essere poco rivendicativi… Anziché incitare all’allarme contro la sovrappopolazione mondiale si dovrebbe dire che occorrerebbe una distribuzione più equilibrata degli abitanti della Terra e innanzitutto più equa della ricchezza…”
Da qualche tempo diversi esperti oltre che alcuni media veicolano dei paradossi demo-politici: da un lato si alimenta l’angoscia per il cosiddetto aumento costante della popolazione mondiale (e spesso si alimenta l’incitamento alla guerra alle migrazioni) e dall’altro si ha paura del calo della popolazione in Europa e in particolare in Italia.
In un recente articolo pubblicato dal prestigioso sito Neodemos.info a proposito del bilancio del 2018 dell’Istat, si «ribadisce che la demografia italiana rimane “sdraiata sul fondo”, come un sottomarino in avaria che non riesce ad emergere: le nascite sono in ulteriore declino e per il quarto anno consecutivo la popolazione è in diminuzione … Per il quarto anno consecutivo la popolazione residente è diminuita: 60,4 milioni di residenti al primo gennaio del 2019, 400.000 in meno di quattro anni prima… Questo bilancio negativo non è frutto di una situazione congiunturale, ma è il risultato di tendenze profondamente iscritte nella struttura demografica del paese». Neodemos «afferma con forza che esiste una “questione demografica” che lentamente ma con continuità, anno dopo anno, frena lo sviluppo, appesantisce i conti pubblici, rallenta la produttività, pone in tensione la coesione sociale del paese». A partire da ciò gli esperti di Neodemos si allarmano: «ogni anno che passa diventa più urgente l’avvio di una politica sociale integrata ed efficace … si fa altrettanto urgente l’avvio di una saggia programmazione dei flussi d’immigrazione, l’unica efficiente medicina di contrasto al declino». In altre parole, Neodemos propone una politica natalista come condizione per lo sviluppo economico. Ma abbiamo bisogno di ancora sviluppo economico? E Quale? Per chi? Come? Ci torno dopo.
Sintetizzando il comunicato stampa dell’Istat si ha:
i cittadini italiani sono 55 milioni (ancora in diminuzione); gli stranieri (regolari) 5 milioni 234mila (l’8,7% della popolazione totale). Nel 2018 si hanno 449mila nascite (9mila in meno del precedente minimo del 2017 e 128mila in meno rispetto al 2008. I decessi sono 636mila (ergo + morti che nati vivi). La fecondità non ha mai smesso di calare. Aumenta la speranza di vita: per gli uomini si stima a 80,8 anni e per le donne è di 85,2 anni (ma qui non si dice che c’è una forte differenza fra le persone che hanno avuto una vita relativamente agiata e quelle che hanno patito condizioni di lavoro e di vita disagiate). Il raffronto (sempre secondo i dati Istat) fra il 1992 e il 2018 per quanto riguarda le principali fasce d’età ci mostra ciò che appare come il vero dramma italiano (e non solo): la percentuale degli oltre 65 anni è di quasi 10 punti superiore a quella dei 0-14 anni.
Anno 0-14 anni 15-64 anni 65+anni Totale residenti
1992 8.748.809 39.871.056 8.153.058 56.772.923
15,4 70,2 13,1 100
2018 8.080.176 38.759.434 13.644.363 60.483.973
13,3 64,0 22,5 100
Insomma una popolazione che invecchia e secondo l’Istat la logica farebbe prevedere un aumento dei decessi… (ergo un ulteriore diminuzione della popolazione se le nascite restano ai livelli attuali, fatto più che probabile).
Da notare che anche i nati da madri straniere (91mila, 20,3% del totale) diminuiscono (circa un migliaio in meno del 2017). Di questi 67mila sono nati con cittadinanza estera perché da madre e padre stranieri, mentre 24mila sono italiani alla nascita perché uno dei genitori è italiano. Interessante osservare che in alcune provincie l’andamento demografico è diverso dalla media nazionale: la provincia di Bolzano si conferma la più prolifica; seguono la provincia di Trento, la Lombardia e l’Emilia-Romagna, cioè le regioni del Nord con più immigrati. Si osserva invece che si è approdati all’opposto del vecchio luogo comune che nel Sud e anche al centro Italia si facevano più figli.
Questi dati e altri mostrano che in realtà l’immigrazione compensa poco il declino demografico italiano e lo stesso si può dire della maggioranza degli altri paesi europei. Se in Francia si hanno più nascite che decessi è perché è stata adottata una politica “natalista” (incentivi e assegni per le nuove nascite) che ha toccato la “vecchia” e la più recente immigrazione. Ma questo non sembra funzionare in Germania né in altri paesi di “vecchia” e nuova immigrazione. Si ha poi conferma del fatto che molto rapidamente le famiglie di immigrati tendono ad avere una natalità simile a quella degli autoctoni.
Ma questi dati allarmano gli esperti dei conti dell’INPS perché dicono che se continua così non si avranno fondi per pagare le pensioni (e perciò servono sempre più immigrati che sono in maggioranza più giovani e non beneficeranno tutti di pensione). Da parte loro anche alcuni economisti e scienziati sociali pensano che ci vogliono più immigrati; non sempre lo dicono ma tutti sanno che si vuole questo perché gli immigrati assicurano (cioè sono costretti a) tassi di produttività più alti degli italiani, costretti a remunerazioni più basse, a lavoro più a rischio di incidenti e malattie e sono anche costretti a essere poco rivendicativi. Infatti, regolari e irregolari, gli immigrati garantiscono già oggi almeno il 15 per cento del Pil mentre sono 8,7 per cento della popolazione di cui solo circa 5% in età lavorativa e comunque in generale costano meno sia ai fondi pubblici destinati agli aiuti sociali e alla sanità. Insomma gli immigrati sono una manna per i profitti di padroni e padroncini, per le entrate dello Stato e anche per caporali e imprenditori delle economie sommerse perché facilmente super sfruttati se non schiavizzati visto che sono sicuramente i meno tutelati così come quella parte di italiani più sfortunati.
Apparentemente all’opposto si situano i fascisti e razzisti che oggi trovano in Salvini il loro leader più amato. Ma se si scava bene nella realtà effettiva di come si comportano i leghisti e in genere tutti i razzisti di destra e dell’ex-sinistra, si vede bene che non vogliono altro che un governo che garantisca il dominio neo-colonialista sugli immigrati, ossia l’esclusione di diritti uguali agli italiani, la precarietà della regolarità e il rigetto continuo di tanti nella cosiddetta “clandestinità” per meglio schiavizzarli.
La “prova del nove” è presto fatta: se effettivamente non si volessero più immigrati basterebbe eliminare tutte le attività che li super-sfruttano e li schiavizzano … ma vedi caso sono proprio quelle in cui sguazzano padroncini e caporali dell’area leghista e delle destre e dell’ex-sinistra. Non solo, sono proprio queste attività ad essere spesso intrecciate con quelle apparentemente del tutto legali e anche con la criminalità organizzata e mafia padana. Non è per nulla casuale che oggi le cosiddette mafie italiane stanno soprattutto al nord non perché c’è stata esportazione tout court di esse nel nord, ma perché in questo nord neo-liberista di oggi gli attori economici locali hanno tutte le caratteristiche dei criminali, sono alla ricerca di loro simili e quindi di mafiosi doc o di neo-mafiosi (si vedano le varie ricerche sulle mafie al Nord e qui un articolo). Questo sviluppo neoliberista è oggi protetto dal governo M5S-Lega che elargisce sanatorie ai padroni delle economie sommerse e delle diverse attività che diffondono inquinamento e quindi rischi di malattie da contaminazione e inquinamento dell’aria, dell’acqua, degli alimenti, di ogni componente dell’ambiente e persino dell’abbigliamento. La maggioranza dei decessi sono dovute a queste malattie e non a “morte naturale”. Ma anche se questo colpisce i loro stessi elettori i governanti di ieri e di oggi se ne infischiano. Come dice anche il direttore dell’Espresso: “Fare una vera lotta all’evasione fiscale (e quindi alle economie sommerse) ti fa perdere dieci milioni di voti”.
Può sembrare provocatorio, ma occorrerebbe aver il coraggio di essere contro la crescita demografica, come contro la crescita economica visto che questa crescita passa solo attraverso neo-colonialismo e quindi neo-schiavitù e sempre più disastri sanitari-ambientali ed economici. L’Italia è fra i paesi con la più alta densità di abitanti per kmq. Anziché incitare all’allarme contro la sovrappopolazione mondiale si dovrebbe dire che occorrerebbe una distribuzione più equilibrata degli abitanti della Terra e innanzitutto più equa della ricchezza. Sul pianeta Terra si può vivere anche in oltre 10 miliardi ma a condizione che non ci siano più circa 2.400 miliardari e circa 100 mila milionari che possiedono la stragrande maggioranza della ricchezza del mondo e a condizione che le scoperte scientifiche e le innovazioni tecnologiche servano a favorire benessere per tutti, lavoro liberato, ambiente sano insomma prosperità e posterità a beneficio dell’umanità e di tutto il mondo animale, vegetale e minerale (e questo non più abusato dalle lobby per estrarre petrolio, carbone, gas, plutonio e uranio devastando il pianeta e uccidendo milioni di persone).
Salvatore (Turi) Palidda
da Comune-Info
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Resistenze ai disastri sanitari, ambientali ed economici nel Mediterraneo