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Nel Kurdistan sotto occupazione avere 14 anni è comunque pericoloso

Un quattordicenne curdo picchiato e torturato in Bakur, un suo coetaneo preso a fucilate sulla frontiera tra Iran e Iraq…vita dura per gli adolescenti curdi in un Paese “che non c’è” (per ora) e sotto perenne occupazione…

di Gianni Sartori

Cosa hanno in comune, oltre al fatto di avere entrambi l’età di 14 anni, i due adolescenti vittime rispettivamente di torture da parte della polizia turca e di ferite da colpi di arma da fuoco esplosi dai militari iraniani?

Il fatto (per i loro carnefici forse la “colpa”) di essere curdi.

A Lice, nella provincia di Diyarbakir, un ragazzo curdo quattordicenne (di cui l’agenzia Mezopotamya, per la sua sicurezza, ha fornito solo le iniziali: YD) ha denunciato di essere stato maltrattato e torturato da quattro poliziotti che lo hanno costretto a dire “Io sono turco”. Dato che si rifiutava, veniva nuovamente colpito con l’impugnatore dei fucili e minacciato per obbligarlo a “insultare i Curdi e imparare l’inno nazionale turco”.

Aggiungendo che “se lo dimentichi, torniamo per spararti una pallottola in testa”.

Per poi abbandonarlo, imbavagliato e con le mani legate, in uno stagno dove fortunosamente è stato individuato da un abitante del luogo che lo ha tratto in salvo. Ricoverato in ospedale a Dicle, rischia comunque di perdere un occhio a causa delle percosse subite. Il ragazzo era stato sequestrato mentre rientrava a casa per una strada di campagna nella serata del 21 marzo, primo giorno dell’anno nella tradizione curda (Newroz).

Le cose non sono andate certo meglio per un altro quattordicenne curdo, Mani Habibi, ferito dai militari iraniani che avevano aperto il fuoco contro un gruppo di kolbar (spalloni curdi).

Il fatto (stando a quanto riportava Kolbarnews) sarebbe avvenuto nella notte del 15 marzo nella regione di Nawsoud (distretto di Hawraman, provincia di Kermanshah).

Il ragazzo era stato poi trasportato nell’ospedale di Paveh.

Sempre in base a quanto denunciava Kolbarnews, sono almeno tre i minorenni uccisi dalle guardie di frontiera iraniane dall’inizio del 2023. Altri tre kolbar sono deceduti in febbraio a causa di incidenti sulle impervie vie montuose del contrabbando e una dozzina sono rimasti feriti (e almeno uno ammazzato) a causa dei colpi di arma da fuoco esplosi dai militari.

Sarebbero inoltre 43 i kolbar che hanno perso la vita nel 2022 e oltre 200 quelli rimasti feriti. Di cui 189 direttamente dalle forze di sicurezza. Tra quello deceduti, si è potuto accertare che 29 sono stati ammazzati dai Pasdaran iraniani e uno dai militari turchi. In altri casi finora non si è potuto risalire alle responsabilità. Non mancano infatti incidenti mortali dovuti ai percorsi impervi e alle condizioni meteorologiche inclementi, alle cadute o a crisi cardiache a causa dello sforzo. Trasportano infatti pesanti carichi (sigarette, telefoni cellulari, articoli casalinghi, talvolta, ma raramente, anche alcolici) tra il Kurdistan del Sud (Bashur in territorio iracheno) e il Kurdistan dell’Est ( Rojhilat).

Ogni anno sono decine i kolbar e kasibkar (coloro che ricevono dai kolbar la mercanzia e si incaricano di rivenderla nelle città) presi di mira (non solo metaforicamente purtroppo) dalle forze di sicurezza. E se qualcuno di loro viene ammazzato non risulta vi siano inchieste, tantomeno misure punitive, nei confronti dei responsabili.

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