Erdogan attacca il Rojava, l’avanzata turca prosegue; le manovre americane; gli spostamenti dell’esercito del regime siriano. Come se non bastasse il presidente della Turchia, come tutti i dittatori, utilizza ancora una volta lo sport come propaganda e come strumento per accrescere il suo potere.
Non si possono, infatti, chiudere gli occhi davanti all’infame operazione militare del governo turco, ad un’altra aggressione al Rojava e ai suoi popoli e all’ennesimo scempio in Medio Oriente e in questa situazione anche il mondo dello sport deve prendere una posizione chiara e netta.
Sappiamo bene quanto lo sport sia politica e chi dice che non sia così sa di mentire ed è innegabile quanto in questi ultimi giorni il tema calcio-politica è entrato a gamba tesa nel dibattito politico internazionale.
Con l’attacco in Siria del Nord, gli atleti fedelissimi di Erdogan non hanno perso tempo nell’esprimere la loro vicinanza al sultano e il loro appoggio alle operazioni militari. Da Merih Demiral, a Hakan Çalhanoğlu, fino ad arrivare a Cengiz Ünder, per rimanere tra i giocatori che militano in Italia, hanno tutti sostenuto Erdogan dai loro profili social. Eclatante, ma assolutamente in linea su quella che è la politica turca, è stato quanto accaduto alla fine di Albania-Turchia. Il gesto di portarsi la mano tesa alla fronte simulando un saluto militare, che compiono quasi tutti i giocatori titolari (e alcune riserve) subito dopo il gol al 90esimo di Tosun, è un modo di omaggiare la decisione presa dalla Turchia di avviare un nuovo intervento militare nel nord-est della Siria.
Alla squadra dei sostenitori si contrappone un nutrito numero di sportivi che la pensano diversamente. Sono poche, invece le società sportive che hanno preso una posizione netta sulla questione. L’atleta rappresentativo dell’opposizione a Erdogan è Deniz Naki. Da anni costretto a vivere lontano dalla Turchia, perseguitato e condannato più volte dal regime turco. Ci sono società come il St. Pauli che hanno deciso, a differenza di altre squadre, di allontanare chi ha preso posizioni favorevoli a questa guerra. Il club tedesco – dopo aver discusso con giocatori, dirigenti e tifosi – ha deciso di liberare il calciatore Cenk Sabina con le seguenti motivazioni: “il disprezzo verso i valori alla base della nostra società, tra tutti il rifiuto di qualsiasi tipo di guerra”. Sahin nel suo ultimo post su Instagram ha appoggiato in maniera chiara la guerra portata avanti da Erdogan. Nel frattempo il Basaksehir, squadra molto vicina al dittatore, lo ha invitato a tornare in Turchia per giocare con quella che senza dubbio si può definire la squadra di Erdogan.
Sulla scia di questa scelta il calcio europeo dovrebbe avere il coraggio di prendere una posizione chiara su quanto sta accadendo. È vergognoso che la finale di Champions League venga giocata ad Instanbul. Un grande evento che porterà visibilità e parecchi soldi ad uno Stato che ormai da anni sta uccidendo migliaia di persone. L’ultimo intervento militare è soltanto la punta dell’iceberg delle politiche aggressive portate avanti da Erdogan.
Come redazione di Sport alla Rovescia invitiamo tutte le realtà di sport popolare, che da sempre hanno scelto da che parte stare, ma anche associazioni, collettivi, singoli, gruppi Ultras, società sportive a firmare questo appello che chiede di spostare la sede della finale di Champions League. Vogliamo consegnare questo documento alla FIGC, con la speranza che si faccia portavoce a livello europeo di questa istanza partita dal basso.
Per aderire invia una mail a: info@sportallarovescia.it
oppure manda un messaggio privato alla pagina facebook di Sportallarovescia