Venerdi 24 febbraio a Lione ci sara’ una nuova udienza presso la Corte d’Appello sulla richiesta di estradizione di Vincenzo Vecchi. La Corte di Appello di Lione dovrà decidere se consegnare Vincenzo Vecchi all’Italia dove deve scontare 12 anni per il reato di “devastazione e saccheggio” in base al Regio Decreto del 19 ottobre 1930, n. 1398. Con le parole d’ordine “Contro l’applicazione di una legge fascista in Europa. Libertà per Vincenzo. Nè carcere, nè estradizione” venerdì 24 febbraio a Lione si svolgera’ un presidio dalle ore 10,30 al Tribunale 24 Colonnes. Amici, compagni e solidali hanno organizzato un pullman che partira’ da Milano nella notte di giovedi 23 febbraio. Si puo’ prenotare alla mail info@sosteniamovincenzo.org.
Lo stesso giorno in Italia la Corte di Cassazione dovrà decidere se Alfredo Cospito, in sciopero della fame da ormai 4 mesi, debba rimanere segregato nel regime carcerario speciale applicato con l’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, introdotto in via emergenziale nel 1992 e mai più abolito. Anche in questo caso amici, compagni e solidali hanno promosso un presidio a partire dalle 11.00 in Piazza Cavour a Roma.
Radio Onda d’Urto ne parla con Viviana dell’Assemblea milanese di solidarieta’ con Vincenzo Vecchi Ascolta o scarica
Di seguito il comunicato che mette in relazione tra loro le due lotte:
LE POSSIBILITÀ DELLA LOTTA E L’ESSENZA POLITICA DELLA LEGGE. DUE LOTTE, UNA STESSA DATA E ALTRE ANALOGIE
È indubbio che solo la lotta apre delle possibilità. Anche solo di resistenza. Per il 24 di febbraio sono attese le decisioni di due corti di giustizia, entrambe molto rilevanti.
La prima è attesa in Francia, dove, dopo tre anni di battaglie giudiziarie, la Corte di Appello di Lione dovrà decidere se consegnare Vincenzo Vecchi all’Italia dove deve scontare 12 anni per il reato di “devastazione e saccheggio” in base al Regio Decreto del 19 ottobre 1930, n. 1398.
La seconda è attesa in Italia, dove la Corte di Cassazione dovrà decidere se Alfredo Cospito, in sciopero della fame da ormai 4 mesi, debba rimanere segregato nel regime carcerario speciale applicato con l’art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, introdotto in via emergenziale nel 1992 e mai più abolito.
La rilevanza di queste decisioni è dimostrata anche dalla difficoltà del quadro istituzionale ad assumersi la responsabilità ultima delle scelte in gioco.
In Francia si tratta di prendere la decisione definitiva attorno ad un caso di rilievo internazionale che chiama in causa il funzionamento della giustizia europea. In effetti la Corte di Lione potrà confermare i precedenti pronunciamenti che avevano bocciato come irricevibile la richiesta di estradare in Italia Vincenzo Vecchi per un reato inesistente in Francia, o al contrario potrà decidere di applicare il principio del “mutuo riconoscimento”1, allineandosi alle indicazioni ricevute recentemente dalla Corte di Giustizia europea.
In questo caso la Francia accetterebbe di approvare sul proprio territorio un mandato d’arresto fondato su un articolo di legge di forte connotazione fascista, la “devastazione e saccheggio”, senza paragoni nel codice penale francese e probabilmente in quello di nessuno degli altri paesi europei, ideato nel 1930 da Alfredo Rocco, Ministro della Giustizia del governo Mussolini, che la considerava orgogliosamente legge “fascistissima” e “contraria ai diritti dell’uomo”, poi riesumata dalle procure italiane a cavallo degli anni duemila per colpire il pericolo pubblico del momento: il black block.
Accordare questa “estradizione” significherebbe avvallare a livello europeo la minaccia di leggi di origine fascista che non dovrebbero trovare approvazione automatica fuori dai nostri confini. Accordare questa “estradizione” significherebbe per la Francia abdicare alla possibilità di rifiutare un mandato d’arresto persecutorio anche quando non è rispettata la “doppia incriminazione”2. Tutto questo avrebbe conseguenze per tutti, oltre ad impattare nuovamente sulla vita di Vincenzo, già condizionata da tanti anni di esilio e latitanza, peraltro consegnandola nelle mani di un governo in aperta continuità ideologica con quella tradizione politica autoritaria.
In Italia la decisione è se mantenere Alfredo nel regime di isolamento totale del 41 bis o se trasferirlo in una sezione di Alta Sicurezza.
Per come le cose si sono evolute in questi quasi quattro mesi di sciopero della fame, la decisione è anche più brutale: se la revoca del 41 bis decreterebbe l’immediata fine dello sciopero, la scelta di confermare questo trattamento di tortura comporterebbe al contrario la morte di Alfredo. Questo perché è oramai chiaro a tutti quanto Alfredo sia deciso a proseguire la sua lotta fino all’ultimo respiro.
Le due vicende, oggettivamente molto diverse, presentano tra loro alcune analogie:
Entrambe mostrano l’esistenza di norme di carattere eccezionale, nate in contesti emergenziali e quindi di natura temporanea, che assumono nel tempo valenza ordinaria. Il discorso vale per una legge come la “devastazione e saccheggio” – ideata sotto il fascismo e interiorizzata dalla giurisprudenza successiva – e vale per il 41 bis – ideato dopo le stragi del 1992 e prorogato per trent’anni fino ad incastonarsi nell’ordinamento penitenziario.
Queste “eccezioni creatrici di norma” mettono a nudo l’arbitrarietà del diritto che si autosospende per alcune speciali categorie di persone creando una penalità parallela dove quasi tutto è permesso. È evidente come questo “diritto penale del nemico” stia scavando fosse punitive che non si sa quanto profonde possano diventare nel tempo e a quante e quali persone possano essere destinate.
In entrambi i casi il possibile ha superato il probabile, perché la lotta ha spinto gli eventi più in là di quello che era immaginabile in principio.
Nel caso di Vincenzo, quella che poteva essere solo una brutta grana giudiziaria, da affrontare in solitudine per tramite di una sbrigativa procedura ordinaria, è stata trasformata in una questione di libertà collettiva che oggi inchioda la Francia al bivio e svela gli spietati automatismi falsamente apolitici della giustizia europea.
Nel caso di Alfredo, quando quattro mesi fa iniziava il suo sciopero, in pochi si sarebbero aspettati di ritrovarsi più di cento giorni dopo ancora qui, con Alfredo vivo e una lotta ancora aperta, deflagrata nel quadro istituzionale tanto in profondità da fessurare il pozzo più buio dello Stato: quelle sezioni di “carcere duro” dove i “buoni” torturano i ”cattivi” con l’approvazione della propria stessa legge.
In entrambi i casi la determinata caparbietà di una lotta di resistenza ha semplificato la realtà, l’ha resa più comprensibile, ha mostrato come dietro ai grovigli della burocrazia tecnico-giuridica si cela sempre una scelta di natura sostanzialmente politica.
In entrambi i casi è, infine, chiaro a tutti come la solidarietà non sia una semplice attività di testimonianza, ma un’arma per allargare il ventaglio delle possibilità in campo, per costringere la realtà a manifestarsi, anche nella sua cruda e feroce nudità, senza attenderla passivamente, e senza mai rinunciare alla possibilità di resistere, nonostante le difficoltà e le contraddizioni di ogni battaglia, il cui esito non è mai scontato fino alla fine.
Per questo il 24 di febbraio saremo a Lione per sostenere Vincenzo in questa udienza cruciale.
Lo faremo pensando anche a quanto in Italia si decide in merito allo sciopero di Alfredo. Lo faremo perché siamo convinti che oggi più di ieri la solidarietà deve essere in grado di superare le nazioni e i confini per essere all’altezza della gravità del momento. Consideriamo importante dare un segnale di presenza internazionale e internazionalista in questa data, nonostante lo sforzo che comporta.
Invitiamo tutti ad aiutarci a dare forza e concretezza a questo segnale.
Partenza ore 2 (del mattino) da Milano Corvetto M3 (con fermata a Chianocco TO)
Per informazioni e prenotazioni: info@sosteniamovincenzo.org (contributo di 50 euro per chi può)
Approfondimenti in https://www.sosteniamovincenzo.org/
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