No Tav: Ultima lettera di Tobia dal carcere di Cuneo prima che Caselli gli tappasse la bocca
Chi vince contro lo Stato?
Chi vince contro lo Stato? Questo mi ha chiesto un secondino, saputo che ero un arrestato NO TAV, mentre frugava tra i miei effetti personali, cercando nella pasta portatami da casa un’improbabile lima.
Chi vince contro lo Stato?
Non gli ho risposto. Non spreco tempo a convertire gli sbirri.
Ma dentro di me avevo non una ma decine di risposte. Sapevo di aver già vinto io.
Io che, completamente nudo, ero costretto a fare piegamenti davanti a lui per dimostrare che non mi ero infilato niente nel culo.
Io che non avevo paura di lui né di quelli come lui, né dentro né fuori.
Io che non mi piegavo e non mi sottraevo alla lotta.
Io che ero disposto a mettermi in gioco, sempre e comunque, per difendere la mia libertà e quella di tutti.
Io che non ero e non sarò mai solo.
Io che ricevevo in continuazione telegrammi, lettere, giornali, anche da compagni che non conoscevo.
Con me c’era una Valle intera, violata da un’occupazione militare che imponeva la devastazione in nome di un falso progresso. Una Valle che mi sosteneva. E sosteneva tutti gli altri arrestati, rispedendo al mittente le accuse di essere noi dei violenti infiltrati nel movimento. Anzi, ci considerava a pieno diritto dei valsusini. Ci ringraziava per aver condiviso con i suoi abitanti assemblee, momenti conviviali e situazioni di lotta.
E insieme alla Valle, in tutta Italia si moltiplicavano le iniziative in nostro sostegno. E anche all’estero, come quando il procuratore capo Giancarlo Caselli, deus ex machina dell’inchiesta che ci ha condotto in carcere, è stato duramente contestato in Svizzera.
Queste erano le cose che mi passavano per la testa, mentre mi rivestivo dopo l’umiliazione subita.
E dentro di me ridevo.
Sapevo di essere io il più forte.
Lo Stato, per mezzo di giudici e poliziotti, avrebbe potuto anche distruggere la mia esistenza.
Io ho già vinto.
Tobia Imperato
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