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NoExpo: «Mai stati a Milano»: 5 francesi in cella senza prove

Sono nel carcere genovese del Marassi i cinque ragazzi francesi sospettati dalla Procura di aver fatto parte della guerriglia urbana durante l’Expo di Milano. Si dichiarano innocenti e dicono di non esserci proprio stati a Milano. Spetterà comunque ai magistrati e alla Digos della città della Madonnina cercare un fermo immagine, un frame o qualche foto in cui si veda che uno di questi stia spaccando una vetrina, scagliando una pietra o una molotov, oppure dando fuoco ad un’auto. Senza di ciò, i cinque risulterebbero estranei agli incidenti di venerdì scorso. Ma perché sono stati tratti in arresto? A Genova era una notte inoltrata di domenica – due giorni dopo i fatti di Milan o- , quando alla centrale operativa delle Volanti giunse una telefonata di una guardia giurata. Segnala quattro giovani, tre maschi ed una ragazza, che stavano sfasciando delle macchine in Largo Zecca.

La polizia arriva sul posto alle 5,40, ma gli autori dei danneggiamenti riescono a scappare e si barricano in casa. Uno dei poliziotti cerca di entrare da una finestra del primo piano, si arrampica da un tubo dell’acqua ma non è riuscito a salire. Ci sono voluti i vigili del fuoco per abbattere la porta di ingresso. Dentro la casa vi erano i quattro che hanno danneggiato le auto, un altro giovane ed una donna, la titolare del contratto della casa. Dentro l’appartamento sarebbero stati rinvenuti materiali riconducibili alla protesta da parte dei 500 Black Bloc a Milano e forse utilizzato durante la guerriglia e gli scontri con polizia e carabinieri. Spetterà comunque alla Procura di Milano cercare elementi per comprovare i loro sospetti.

Al vaglio della Digos genovese ci sarebbero l’abbigliamento (tute nere), alcune mascherine sanitarie, una bomboletta spray e soprattutto la cartina del capoluogo lombardo e il biglietto di ingresso al casello autostradale di Milano che porta la stampigliatura delle 22,59. I magistrati milanesi, però, dovranno cercare elementi che possano provare la partecipazione dei cinque francesi ai disordini di venerdì scorso: foto, video o qualche telefonata. Però uno degli arrestati si difende: « Non sono mai stato a Milano e tanto meno ho partecipato agli scontri dell’Expo. Sono a Genova da una settimana e sono venuto a trovare il mio amico Pierre Boilleau che studia qui».

Lo ha dichiarato al suo legale Luc Robert Gauthier, 24 anni, uno dei cinque presunti black bloc francesi arrestati. Gauthier ha sostenuto di non essersi mai allontanato dalla Liguria e di non avere partecipato ad alcuna manifestazione. Anche Boilleau, 24 anni, ha detto al suo legale «di non essere mai stato in Lombardia», ma di essere a Genova da sei mesi «a seguire un corso di studi Erasmus e di non avere mai preso parte a disordini». Di certo se mai dovessero essere accusati, il reato contestato sarebbe ”devastazione e saccheggio”. Un reato con una pena pesantissima: può arrivare fino a 15 anni di galera. Il reato di devastazione e saccheggio è una eredità dal codice Zanardelli. Faceva parte delle imputazioni che attentavano alla sicurezza interna dello Stato, tant’è vero che in un unico articolo erano previste insieme «guerra civile, devastazione, saccheggio e strage».

Reato politico per definizione, la sua applicazione richiedeva una violenza politica organizzata sotto il profilo associativo. Con il varo del codice Rocco, “devastazione e saccheggio” perde una parte della sua estensione e politicità. Le condotte incriminate vengono suddivise: alla vecchia “devastazione, saccheggio e strage finalizzati alla sovversione dello Stato”, reato punito con l’ergastolo si affianca il semplice danneggiamento. In mezzo c’è il 419 cp, ovvero la sola “devastazione e il saccheggio”, punita con pene che oscillano da 8 a 15 anni. Si tratta di un reato contro l’ordine pubblico, privo però di una precisa definizione per quanto riguarda l’estensione, l’intensità e la gravità dei fatti incriminati. Indeterminatezza che contrasta la Costituzione la quale prevede condotte « determinate e precise» per ogni reato. Questo reato è stato predisposto dal regime fascista per ovvi motivi.

Ma a renderlo efficace e più raffinato contro i movimenti di piazza è stata la magistratura che ha ridotto l’ambito di estensione delle condotte di danneggiamento e di furto per poter ritenere compiuto il reato più grave di devastazione, anche di fronte ad episodi circoscritti sia nel tempo che nello spazio. Il paradosso è che che i dirigenti di polizia che hanno permesso che si torturassero i ragazzi nelle caserme Ranieri a Napoli e Bolzaneto a Genova, sono stati condannati a pene di 3 anni, mentre i 10 manifestanti del G8 di Genova sono stati condannati a 100 anni di carcere. Vale più il bene materiale rispetto alla dignità di una vita umana?

Damiano Aliprandi da Il Garantista