Legata ai polsi e ai piedi, una cintura stretta in vita, un guinzaglio di catena, Ilaria Salis è comparsa davanti al tribunale di Budapest. Da un anno è in carcere in condizioni terribili. Accusata di lesioni lievissime, rischia 11 anni. Il governo italiano, amico di Orbán, non chiede l’estradizione ma solo di non infierire
Si è aperto a Budapest oggi, lunedì 29 gennaio, il processo a Ilaria Salis, l’insegnante antifascista di Monza detenuta da un anno in Ungheria per gli scontri con un gruppo di neonazisti. Rischia undici anni di carcere da scontare in Ungheria in condizioni disumane.
Quella di questa mattina era l’udienza preliminare, aveva valore “interlocutorio” e si è chiusa con il rinvio del processo al 24 maggio.
Prima si sente il rumore di catene che si trascinano per terra. Poi si apre il portone e il primo a entrare è un agente dei reparti operativi della polizia ungherese: divisa mimetica chiara, pistola al fianco, passamontagna in testa. Seguono gli imputati: manette ai polsi, schiavettoni alle caviglie e una cintura di cuoio stretta in vita da cui parte un guinzaglio. È così che il signor Giuseppe Salis e sua moglie Roberta Benevici hanno potuto rivedere Ilaria, la loro figlia: «Come un animale». L’ultima volta era a metà novembre, in carcere, da dietro un vetro, con una cornetta per parlare. Lei li guarda, allunga lo sguardo fino agli amici milanesi seduti nelle retrovie, e sorride. Un modo per resistere alle terrificanti condizioni a cui è sottoposta in carcere, tra spazi angusti, topi, scarafaggi, cimici, cibo di infima qualità, costrizioni e restrizioni che fanno inorridire mezza Europa ma non ancora abbastanza il governo italiano.
Ilaria è stata condotta in aula in catene, con le manette ai polsi e i piedi legati da ceppi di cuoio con lucchetti, mentre una secondina la trascinava per una catena. Dentro l’aula il legale ungherese Magyar ha riportato la dichiarazione di non colpevolezza di Ilaria, ribadendo “che le prove della partecipazione di Salis alle aggressioni sono discutibili, come la definizione di “potenzialmente mortali” delle lesioni riportate dalle vittime, dato che erano risultate guaribili in otto giorni”. Aggiungendo che non sarebbe convincente neanche il reato di “associazione per delinquere”.
A Budapest anche il padre di Ilaria e il legale italiano, Eugenio Losco, il quale ha potuto prendere atto di quel “trattamento disumano” da lei denunciato tramite il memoriale depositato a ottobre: “un trattamento che viola ogni norma europea in materia di diritti dei detenuti”.
“Credo che l’Ambasciata italiana abbia partecipato ad almeno quattro udienze in cui mia figlia è stata portata in queste condizioni davanti al giudice. Noi fino al 12 ottobre, quando mia figlia ha scritto una lettera, non avevamo evidenza del trattamento che stava subendo nostra figlia. Gli unici che lo sapevano e non hanno detto nulla sono le persone dell’Ambasciata italiana in Ungheria”. Lo ha detto ad Agorà Rai Tre Roberto Salis, il padre di Ilaria, mostrata ieri in catene davanti al tribunale di Budapest.” ha dichiarato Roberto Salis, papà di Ilaria
I familiari di Ilaria Salis hanno da tempo lanciato una petizione per la sua liberazione, denunciando le condizioni inumane di detenzione e chiedendo più volte l’intervento delle autorità italiane, accusate di immobilismo dai familiari di Ilaria. Per il suo immediato rientro in Italia, presidio solidale a Milano, in piazza Missori.
FUORI dal tribunale gli amici di Ilaria si congedano. I genitori si preparano a proseguire la loro battaglia: vedranno finalmente l’ambasciatore a Budapest, poi torneranno in Italia. Qui sperano di poter riportare in un modo o nell’altro Ilaria, anche se la questione è più diplomatica che giudiziaria. «Come l’ho trovata? Resiste. Ma in un anno di prigione mi sembra che sia invecchiata di dieci», conclude Roberto Salis, la cui calma è già una grande prova di diplomazia.
Per capire meglio come è andata, e ricostruire questa prima tappa del processo, Radio Onda d’Urto ha intervistato Eugenio Losco, legale di Ilaria. Ascolta o scarica
Oltre ai suoi avvocati italiani, Eugenio Losco e Mauro Straini, Ilaria Salis a Budapest è assistita da altri due legali, György Magyar, decano del diritto penale ungherese e attivista per i diritti umani, e Gyene Bàlint, che ieri mattina l’ha assistita in aula e che da mesi tratta il caso giudiziario, uno dei più importanti in questo momento nel paese, con gli occhi del mondo addosso e l’opinione pubblica europea molto preoccupata dalle notizie uscite sin qui. Incontriamo Bàlint nella sede dello studio legale di Magyar, al quarto piano di un palazzo di Szent István körút, il vialone di Budapest che porta al ponte Margherita, sul Danubio.
Avvocato, come tutti i presenti in aula, ha visto Ilaria Salis entrare in catene e al guinzaglio. Si tratta di una normale procedura per la giustizia ungherese?
Sì, la stabilisce l’autorità penitenziaria. I detenuti vengono classificati per grado di pericolosità: Ilaria Salis viene ritenuta di livello medio, per questo in aula il giudice ha domandato quale fosse il suo livello di pericolosità e poi ha acconsentito che le venissero allargate un po’ le manette per la durata dell’udienza. L’altro imputato, invece, era di pericolosità più alta, mentre la terza, che è agli arresti domiciliari, è potuta entrare senza manette né altro.
Quali saranno i prossimi passi di questo processo?
Oggi ho fatto alcune richieste di incidente probatorio al giudice: sulle perizie mediche realizzate per gli aggrediti e sui video in base ai quali è stata accusata Ilaria Salis. Poi ho chiesto al giudice come intendesse procedere al riguardo. Lui ha detto che interrogherà i testimoni, tra cui gli aggrediti, e che poi fisserà una serie di udienze in giorni consecutivi per analizzare il materiale registrato dalle telecamere di sorveglianza. Solo dopo prenderà la sua decisione.
Ilaria Salis si è dichiarata innocente. Ha detto che lei non fa parte di alcuna organizzazione e che non ha aggredito nessuno. Crede che gli incidenti probatori da lei chiesti dimostreranno la sua estraneità ai fatti?
Ovviamente funziona al contrario: è la procura che deve dimostrare la colpevolezza di Ilaria Salis, non lei che deve trovare le prove per dimostrare la propria innocenza. Io penso che questi elementi, soprattutto i video delle telecamere di sorveglianza, non siano prove dirette e ho chiesto la loro visione proprio per contrastare le tesi della procura.
Questo è un processo contro tre antifascisti arrestati a Budapest nel febbraio dell’anno scorso, proprio nei giorni in cui qui arrivavano da tutta l’Europa neonazisti a celebrare nella capitale ungherese delle azioni militari delle SS. A quanto le risulta questi ultimi sono al centro di qualche procedimento giudiziario?
Per quello che ne so io sì: ci sono persone che hanno commesso reati e ci sono dei processi in corso. Ma non ho notizie concrete, il mio compito è solo quello di seguire il caso di Ilaria Salis.
La Farnesina convocherà l’ambasciatore ungherese a Roma Adam Kovacs per protestare contro le condizioni di detenzione di Ilaria Salis e parallelamente si farà sentire presso le autorità magiare a Budapest. La mossa arriva dopo la diffusione delle immagini che ritraggono la concittadina trascinata in tribunale con guinzaglio e catene nell’udienza che si è tenuta ieri.
«Chiediamo al governo ungherese di vigilare e intervenire affinché vengano rispettati i diritti, previsti dalle normative comunitarie, della cittadina italiana Ilaria Salis detenuta in attesa di giudizio», aveva twittato nel pomeriggio il ministro degli Esteri Antonio Tajani. «È una fotografia molto dura. Ci stiamo attivando, attraverso i canali diplomatici, facendo tutto il possibile per attenuare le condizioni rigorose in cui è detenuta», ha poi dichiarato il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il governo, però, non ha speso una parola sul passaggio più importante, quello su cui la famiglia e i legali di Salis premono da settimane: lavorare per riportarla in Italia.
Protestano i parlamentari delle opposizioni, da Alleanza verdi e sinistra al Pd fino a Italia Viva e Azione. «Il governo italiano deve intervenire e chiederne il rilascio», afferma la deputata dem Laura Boldrini. Intanto il consiglio comunale di Milano, dove Salis viveva, ha adottato un ordine del giorno per chiedere all’esecutivo di intervenire affinché possa «trascorrere il periodo di custodia cautelare nel suo paese e partecipare in videoconferenza dall’Italia al processo».
«La Commissione è sempre disponibile ad aiutare nel quadro di questi contatti bilaterali che sono stati presi dall’Italia con l’Ungheria», ha detto il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, nella conferenza stampa al termine del Consiglio Affari generali.
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Ilaria libera, subito
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