Sarà pure una coincidenza. Ma la constatazione che l’ordine di abbattere un altro orso, una madre “colpevole” soltanto di voler difendere ila sua prole, sia stato emesso dall’esponente di una formazione politica che in questi anni non si è fatta certo notare per sensibilità, empatia, tolleranza, solidarietà… porta a qualche considerazione di carattere generale.
di Gianni Sartori
Orsi – ricordo – brutalmente tolti di mezzo (“terminati”) senza considerare che il loro habitat, il bosco, viene invaso ormai in ogni periodo dell’anno da orde di “amanti della natura” (ma solo se addomesticata, disciplinata…di fatto plastificata).
Analoghe considerazioni su un’altra “coincidenza”. In merito alla legge recentemente approvata in Turchia con cui si autorizza lo sterminio di oltre tre milioni di cani “di strada”. O anche”cani di villaggio” come se ne vedevano spesso in Medio oriente, riuniti in piccoli branchi vagabondi, intorno agli insediamenti umani. Cani in qualche modo “collettivi”, della comunità e non proprietà privata individuale.
Una legge promossa sostanzialmente solo dal partito al governo, l’AKP del presidente Erdogan e dai suoi alleati di estrema destra. A cui si sono opposti per mesi, con manifestazioni, proteste e dibattiti, varie associazioni animaliste e protezioniste (invano purtroppo). Contrari anche alcuni parlamentari dell’opposizione, esponenti di HDP (un partito considerato filocurdo e per questo periodicamente perseguitato e messo al bando). Chissà ? Forse il progetto evocava in qualche modo la politica repressiva (da qualche osservatore definita senza mezzi termini genocidio o etnocidio) adottata dal governo turco nei confronti delle minoranze etniche (curdi in primis) e religiose (non islamiche).
A seguito delle contestazioni alla legge veniva apportata qualche leggera modifica (maquillage), ma è apparso subito evidente che la sostanza, il risultato finale saranno quelli previsti.
In pratica i cani potranno essere liberamente catturati, rinchiusi e sottoposti alle decisioni di veterinari governativi che ne decreteranno la soppressione (eufemisticamente chiamata “eutanasia”).
Esiste l’eventualità – puramente teorica – che alcuni vengano risparmiati, almeno temporaneamente (per improbabili adozioni), ma ormai per quei tre milioni di cani che vagano per questa terra desolata il destino appare segnato. Irreparabilmente.
Qualche considerazione sul rapporto (privilegiato, ma non certo privo di ambiguità e contraddizioni in quanto addomesticamento, addestramento) tra il bipede dominante e quello che viene abitualmente definito come il miglio amico dell’uomo.
Un rapporto che – come ha documentato per esempio Laurent Testot – per secoli, millenni, è stato fondato quantomeno sull’appropriazione, sul dominio se non sullo sfruttamento puro e semplice (cani da guardia, da caccia, da pastore, da guerra…per non parlare di quelli allevati per i combattimenti). Ma che in anni recenti aveva assunto anche aspetti di (relativa) reciprocità.
Diventando in molti casi – di fatto se non di diritto – un membro della famiglia, accudito e amato.
Sicuramente un bel miglioramento per il docile e fin troppo malleabile, confidente, disponibile canis familiaris. Oggi forse si profila un’altra mutazione (in parte già avvenuta) quella del cane come status symbol, un bene di consumo da ostentare.
Fermo restando che sull’inconsapevole discendente del lupo, incombe da sempre lo spettro dell’abbandono, del randagismo e della “soluzione finale”, dello sterminio di massa. Come accadde qualche anno fa in alcuni ex paesi sovietici e come – temo – accadrà presto in Turchia.
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