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Omicidio Valerio Verbano: nessun colpevole. Chiesta l’archiviazione

Il pm Erminio Amelio, ha chiesto l’archiviazione per il fascicolo d’indagine riguardante l’omicidio di Valerio Verbano. L’inchiesta era stata riaperta nel 2011 e ora approda a un nuovo nulla di fatto. Nel faldone anche il così detto “dossier Verbano” che sarà finalmente reso pubblico: centinaia di pagine di appunti e foto contenenti l’inchiesta che lo studente stava conducendo sull’estrema destra romana che ora, e che potrebbe aver decretato la sua condanna a morte.

Ora è ufficiale: il pubblico ministero della Procura di Roma Erminio Amelio ha chiesto l’archiviazione per il fascicolo d’indagine riguardante l’omicidio di Valerio Verbano. La notizia è stata notificata all’avvocato Flavio Rossi Albertini, che curava gli interessi di Carla Verbano, lo scorso lunedì. L’inchiesta era stata riaperta nel febbraio del 2011, a 31 anni dall’assassinio del 19enne studente del liceo Archimede, suscitando in molti la speranza di conoscere il nome dei componenti del commando neofascista. La Procura rese noto che una traccia del Dna era stata isolata su uno degli oggetti rinvenuti in casa Verbano, persi nella fuga dagli assassini: un paio di occhiali da sole. Due nomi vennero iscritti al registro degli indagati e nuovi identikit approntati. Secondo l’ipotesi investigativa i componenti del gruppo di fuoco avrebbero ucciso il giovanissimo militante di Autonomia Operaia per accreditarsi come soggetti affidabili e “pronti” a fare il salto alla lotta armata, presso i Nuclei Armati Rivoluzionari di Mambro e Fioravanti. Decine di persone a più di trent’anni dai fatti vennero ascoltate: militanti dell’estrema destra di allora, ma anche della sinistra extraparlamentare, molti amici. Ora, a quasi quarant’anni di distanza, la nuova indagine approda a un nulla di fatto.
Il “mistero” del dossier Verbano

Il 20 aprile del 1979 Valerio Verbano, appena maggiorenne, viene arrestato mentre si “esercita” con un gruppo di coetanei che fanno parte del suo stesso collettivo giovanile che orbita nell’area dell’Autonomia, a fabbricare e far esplodere ordigni incendiari. La successiva perquisizione domiciliare porta al rinvenimento di una pistola e al sequestro di quello che dopo l’omicidio diventerà noto come il “dossier Verbano”. Il giovane militante, con tanto di macchina fotografica, stava lavorando a un dossier di schedatura degli avversari politici, ma anche a un’inchiesta sui loro rapporti con le forze dell’ordine. Foto, appunti e deduzioni da questo momento finiscono nelle mani degli inquirenti per poi “sparire”. Inutili le richieste dei familiari e degli inquirenti. Il materiale viene poi distrutto nel luglio del 1987 senza che si riesca a conoscere il suo preciso contenuto. Ma poi la sorpresa: una parte del dossier “ricompare” negli archivi dei carabinieri e finisce nel faldone della nuova inchiesta. Ora con l’archiviazione la speranza è che possa diventare finalmente di pubblico dominio, visto che per molti Valerio è stato condannato a morte proprio per il suo lavoro di inchiesta militante. Proprio per paura di ritorsioni, tra l’altro, a Valerio era stata consegnata quell’arma ritrovata in camera sua. Marco Capoccetti Boccia ha scritto un libro su questa lunga storia (“Valerio Verbano una ferita ancora aperta e le successive indagini: “Le indagini purtroppo sono state soprattutto una bolla mediatica. È ora invece che questo materiale torni prima di tutto nella disponibilità degli amici e dei compagni di Valerio, come un pezzo della loro storia collettiva. E poi finalmente potrà essere oggetto di uno studio e una valutazione storica. Amelio mi ha garantito nel corso di un colloquio che il dossier è agli atti dell’inchiesta, aspettiamo di poterlo visionare quarant’anni dopo il sequestro”.
L’omicidio di Valerio Verbano

Ogni anno un corteo di migliaia di persone parte da via Monte Bianco 114, nel quartiere di Montesacro a Roma, per ricordare Valerio Verbano. Una memoria viva a distanza di quarant’anni, una vicenda rimasta impressa nella memoria collettiva. È il 22 febbraio del 1980 quando un commando armato di tre persone fa irruzione in casa di Valerio Verbano. Legano Carla e Sardo, i genitori, e attendono il rientro del ragazzo da scuola. Quando Valerio apre la porta tentano di immobilizzarlo, ma il 19enne è allenato e fa arti marziali e riesce a reagire. A quel punto lo freddano con un colpo di pistola calibro 38 dandosi poi alla fuga. Nelle ore successive si rincorrono le rivendicazioni. Prima quella di un fantomatico Gruppo Proletario Organizzato Armato, che parla della volontà di colpire “una spia”. Poi una rivendicazione dei Nuclei Armati Rivoluzionari che aggiunge alcuni particolari: “Abbiamo giustiziato Valerio Verbano mandante dell’omicidio Cecchetti. Il colpo che l’ha ucciso è un calibro 38. Abbiamo lasciato nell’appartamento una calibro 7.65. La polizia l’ha nascosta”. Il giorno dopo arriva una seconda rivendicazione a firma NAR (comandi Thor, Balder e Tir) che parla del “martello di Thor che ha colpito Montesacro”. L’omicidio Verbano si inserisce in anni dove il confronto armato e e lo scontro violento tra neofascisti e sinistra extraparlamentare è particolarmente acceso nel quadrante che comprende i quartieri Talenti, Montesacro, Trieste-Salario e Valmelaina a ROMA. Fino all’ultimo la mamma di Valerio, Carla Verbano, ha chiesto di conoscere la verità sulla morte di suo figlio, non stancandosi mai di raccontare la sua storia soprattutto ai più giovani. Ora Carla Verbano non c’è più, venuta a mancare il 5 giugno del 2012, e se la verità giudiziaria sull’omicidio di Valerio a questo punto forse non si avrà mai, rimane la verità scritta nella memoria collettiva del Paese della città di Roma.

Valerio Renzi

da fanpage.it