Siamo in presenza di un’autentica aberrazione, tacere sarebbe non solo sbagliato ma ci renderebbe complici di una macchina repressiva sempre piu’ agguerrita.
Come non ricordare il pacchetto sicurezza, le sanzioni per migliaia di multe a colpire lavoratori e solidali in sciopero, “rei” di blocchi stradali per i quali le normative vigenti prevedono pene severe e multe di migliaia di euro?
Qualcuno potrà obiettare come le occupazioni nelle scuole nulla abbiano a che vedere con i decreti Salvini ma resta il fatto che, come accaduto con le legislazioni emergenziali degli anni ottanta, la giurisprudenza e i codici determinino anche una diversa percezione dei fatti , tanto che, reati colpiti un tempo con una sanzione amministrativa, oggi sono severamente puniti dal codice penale con anni di carcere.
Possiamo anche obiettare sulle occupazioni, sulle modalità con le quali siono avvenute, lontane dalla democrazia assembleare degli anni passati, con gruppi ristretti di studenti ad occupare le scuole senza alcun confronto preventivo, possiamo anche criticare le modalità di gestione e l’ingresso nei plessi scolastici di vandali che hanno recato danni per migliaia di euro.
Focalizziamo l’attenzione sui provvedimenti disciplinari intrapresi dai Presidi secondo logiche assai discutibili, sui quali tutti, insegnanti in primis, saremmo tenuti a prendere posizione.
In questi anni nel mondo della scuola è prevalsa una logica prettamente sindacale che è finita con l’assumere connotati di chiusura rispetto ai soggetti che vivono le scuole come gli studenti.
Le iniziative contro la decadenza delle strutture, i tagli imposti dai Governi alla manutenzione scolastica dovrebbero essere patrimonio del sindacato e dei lavoratori della scuola, operare in luoghi insicuri e fatiscenti non aiuta neppure il corpo docente e di certo rappresenta quella assenza di cura verso l’istruzione e le nuove generazioni da sempre denunciata.
Alcune scuole pisane hanno (da anni) bisogno di interventi manutentivi e\o strutturali, altri sono privi di laboratori e palestre, rivendicare questi spazi attivi e funzionanti dovrebbe essere una rivendicazione anche sindacale a meno che il sindacato non voglia ridursi ad organizzatore di corsi a pagamento per i futuri insegnanti.
Leggiamo di studenti che per avere partecipato alle occupazioni vengono ora accusati di violazione delle norme di sicurezza, si contesta loro il blocco per impedire l’accesso di insegnanti e altri studenti alle aule (da qui alla applicazione del decreto Salvini il passo è breve) fino ad avere favorito l’ingresso di estranei responsabili degli atti di vandalismo i costi dei quali presumiamo siano presto addebitati agli occupanti a prescindere dalle effettive responsabilità individuali. Gli insegnanti poi sarebbero quasi obbligati a fornire nomi e cognomi dei partecipanti, l’educatore scompare e al suo posto arriva una figura repressiva e autoritaria.
Ci sembra aberrante l’avvio di una contestazione disciplinare con queste annotazioni, procedimenti che hanno come obiettivo colpire con particolare ferocia una minoranza di studenti e lanciare un monito a tutti gli altri perchè, un domani, anche di fronte alla totalità degli studenti favorevoli e partecipanti ad una occupazione le accuse oggi mosse potrebbero ripetersi.
E nel frattempo Presidi e insegnanti nulla fanno per assumersi direttamente l’onere di una protesta reale ed efficace mirante a restituire dignità ai plessi scolastici e un ruolo sociale ed educativo all’operato delle scuole.
Cosi’ facendo viene meno quel legame antico tra corpo docente e studenti, si ignora il bisogno di tanti studenti di essere ascoltati dai loro docenti, si acuiscono le differenze generazionali e si afferma una idea di scuola caserma che molti sindacati, nel passato, hanno contestato e che oggi invece sembrano subire passivamente.
La questione allora ci riguarda tutti\e, occupanti e non, studenti e professori, genitori e cittadini, non sono in gioco solo i codici di comportamento degli istituti ma le regole della democrazia e l’idea stessa di educazione. Ignorarlo sarebbe da ignavi.
Federico Giusti