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Pavia: Rom spostati in colonna al grido di "camere a gas"

Sgomberati dalla ex Snia, erano destinati all’area del poligono di tiro di Torre d’Isola durante il tragitto gli abitanti e gli amministratori li hanno insultati e respinti al mittente.

«Camere a gas, forni crematori», «si sente già la puzza», «noi siamo persone civili, fora di ball », con questi slogan è stato accolto il passaggio di una colonna di rom rumeni, che dovevano essere trasportati da Pavia a Torre d’Isola. Secondo quanto disposto dalle autorità comunali, lunedì scorso, poco dopo le 20, settanta adulti e quaranta bambini rumeni sono stati trasferiti verso il poligono di tiro, un’area inadatta ed inagibile, infestata di zanzare e erbacce alte che però avrebbe dovuto ospitarli, dopo lo sgombero dalla ex Snia. Il semplice passaggio della colonna ha suscitato le proteste degli abitanti e degli amministratori locali, che hanno minacciato di sdraiarsi a terra con l’intento di bloccare la via. I rom sono rimasti fermi per circa due ore, fino a che, a notte fonda, le autorità non hanno deciso di sistemare temporaneamente le famiglie nelle palestre del palastadio di Pavia. Si tratta dell’esito – per la verità ancora incerto – di una vicenda iniziata tempo addietro. La giunta di centro sinistra di Pavia, guidata dalla sindaca diessina Piera Capitelli, aveva deciso in favore dello sgombero dei capannoni dell’ex Snia. Nei locali, oramai in disuso da venticinque anni, vivevano circa centoquaranta persone, tra cui settanta minori. Molti degli abitanti lavoravano come operai presso aziende e cooperative pavesi, mentre cinquanta tra i minori avrebbero dovuto frequentare le scuole di Pavia, e per altri venti bambini era stata presentata domanda presso gli asili comunali. Lo scorso 30 agosto i rom sono stati sgomberati, senza però che la giunta avesse predisposto una soluzione abitativa alternativa. Sembra che la proprietà dell’area (la Tradital), a mezzo della Caritas, avesse offerto 250 euro a persona a coloro che avessero deciso di tornare in Romania. Una cifra irrisoria, a malapena sufficiente al sostentamento per un mese. Di fronte ad un vuoto decisionale, le autorità si sono affidate alla “speranza” che i rom si disperdessero da sé. Nel frattempo iniziava la protesta non violenta dei rom che hanno sfilato per le vie cittadine con striscioni recitanti “siamo europei”; “no al razzismo”; “chiediamo un lavoro umile”, e distribuendo volantini contenenti le raccomandazioni del febbraio 2006 della comunità europea che invitava al rispetto dei diritti civili e umani delle comunità rom. Per le prime ventiquattr’ore è stato indetto uno sciopero della fame, che è proseguito poi ad oltranza per quattro rappresentanti. Infine, la Protezione civile di Milano ha montato, in piazza Maggi, un tendone collettivo – senza brandine – destinato a donne e bambini, di capienza non sufficiente ad accogliere per intero la comunità degli sgomberati. In molti hanno preferito non disgregare l’unità dei nuclei familiari, passando così la notte all’aperto.A denunciare questa vicenda è stato il Circolo Pasolini, che attraverso il suo blog segue giornalmente le vicende dello sgombero. In particolare, il Circolo denuncia la contraddittorietà di una situazione disumana in una città che da oggi ospiterà il Festival dei Saperi, il cui tema è “La nuova città e la nuova democrazia”. La denuncia è accompagnata da proposte volte ad una risoluzione del problema, con il progressivo inserimento delle famiglie nel tessuto sociale, attraverso un avviamento al lavoro presso cooperative di muratori e la scolarizzazione dei minori (il tasso di analfabetismo è elevatissimo). Ad oggi – manca ancora una decisione in proposito – il futuro sembra incerto, soprattutto alla luce della notizia secondo cui molti sindaci del pavese avrebbero bloccato, con ruspe e trattori, gli accessi a sterpaglie e luoghi desolati, onde evitare che vi ci soggiornino i rom.