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Perché ora è necessario abolire l’ergastolo

Colloquio con Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone per i diritti dei detenuti, dopo la storica sentenza della Corte europea per i diritti umani di Strasburgo (Cedu), che  ha invitato l’Italia a rivedere la normativa sull’ergastolo ostativo, cioè senza alcun tipo di benefici, considerato dalla Corte come trattamento disumano e degradante.

L’ergastolo ostativo è una punizione disumana e degradante, la quale viola l’articolo 3 della Convenzione europea per i Diritti Umani. È quanto ha stabilito la Gran Camera europea per i diritti umani di Strasburgo (Cedu) accogliendo il ricorso precedentemente presentato da un cittadino italiano, Marcello Viola, riconosciuto boss di ’ndrangheta il quale era stato condannato a quattro ergastoli per diversi omicidi, sequestro di persona e traffico di armi.

In questione era l’articolo 4 del nostro ordinamento penitenziario che vieta al detenuto condannato per gravi reati – se non collaboratore di giustizia – la concessione di benefici come i permessi, il lavoro fuori dal carcere e le misure alternative a esso, l’ergastolo ostativo, appunto. Istituto giuridico che ora la Cedu con questa sentenza invita l’Italia a riformare, ma, soprattutto, che apre la strada ai ricorsi di altri detenuti a cui non vengono riconosciuti benefici di alcun tipo.

Come Sebastiano Cannizzaro, boss mafioso catanese in carcere da più di dieci anni e sul cui ricorso per l’assenza di permessi, invece, il prossimo 23 ottobre si esprimerà la Corte Costituzionale. Tornando alla sentenza di oggi, in realtà, i giudici si sono espressi rigettando il ricorso presentato dal Ministero della Giustizia italiano, perché la Cedu già lo scorso giugno, in prima battuta, aveva dato ragione al detenuto Viola.

Ora, innanzitutto, spiega a Dinamopress, Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione per i diritti dei detenuti Antigone: «Il rigetto del ricorso dell’Italia da parte della Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, fa sì che la decisione presa dai giudici della stessa Corte di Strasburgo lo scorso giugno, in merito all’ergastolo ostativo, sia definitiva». e poi, prosegue ancora Gonnella: «con questa sentenza viene restituita finalmente ai giudici la possibilità di una valutazione discrezionale, cancellando quell’automatismo che trasformava questo tipo di ergastolo in una pena senza alcuna speranza di reintegrazione sociale, come invece la Costituzione impone. Mentre oggi si sta creando un inutile allarme, paventando l’uscita dal carcere di decine o centinaia di mafiosi. Dico soltanto che, se uno Stato è forte, non teme se stesso e i propri giudici, né la rimessa in libertà di persone che hanno scontato in carcere decenni di pena».

D’altronde, dice Gonnella: «Lottare contro l’ergastolo, non significa non avere a cuore la sicurezza del paese o non credere nella lotta contro le mafie. Sarebbe come accusare Papa Francesco, che ha abolito l’ergastolo dall’ordinamento vaticano, di non aver a cuore la lotta alla mafia».

Sulla situazione, in generale, delle carceri italiane, Gonnella aggiunge: «Oggi la situazione delle carceri dal punto di vista dei numeri ci riporta al 2010, quando l’Italia fu condannata dai giudici europei per le condizioni inaccettabili di sovraffollamento e l’assenza di spazi vitali».

Infatti, spiega il presidente di Antigone: «I detenuti oggi sono 61 mila, ossia 10 mila in più rispetto ai posti letto regolamentari. In questo contesto tutti stanno peggio, il detenuto si perde nella folla, maggiori sono i rischi di abusi e salute negata. Fortunatamente, ci sono ancora molti operatori penitenziari che interpretano il loro ruolo in modo costituzionalmente corretto, mentre ci vorrebbero segnali forti e in controtendenza in termini di decarcerizzazione. Ma anche l’adozione di misure quali l’estensione dei contatti con i familiari, il diritto alla sessualità, che, più in generale, potrebbero avere effetti in termini di riduzione del tasso di disumanizzazione».

È capitato invece che i provvedimenti governativi dell’ultimo anno siano andati al contrario verso il non-umano, intrisi dell’ideologia del populismo penale. Sui dettati normativi noti come “decreti sicurezza”, infatti, Patrizio Gonnella così si esprime: «avevano un impianto illiberale e per certi versi intriso di autoritarismo». E poi conclude: «Non è facile quantificare gli effetti sul sistema penale e penitenziario, di certo hanno eroso un sistema di garanzie, già di per sé flebile, soprattutto per i più vulnerabili».

L’impressione, di contro, è che nel frattempo proprio in questi giorni la macchina del populismo penale si è di nuovo già ben azionata. A dimostrarlo è proprio il dibattito sull’ergastolo ostativo, la cui abolizione è stata vista e considerata da più parti come un segnale ai mafiosi. Una posizione che ha accomunato in queste ore magistrati come Nino Di Matteo e politici come i ministri Alfonso Bonafede e Luigi Di Maio ma, più a “sinistra”, anche l’ex-presidente del Senato in quota Liberi e Uguali ed ex magistrati Pietro Grasso.

Tra gli stessi magistrati l’unica voce fuori dal coro che si è espressa per l’abolizione dell’ergastolo ostativo è l’ex-pubblico ministero del tribunale di Milano Gherardo Colombo. Ai profeti della crudeltà a tutti i costi, bisognerebbe invece ricordare – aggiungiamo noi – che in quanto privazione illimitata di libertà l’ergastolo è  una condizione di vita disumana. E ora che in qualche modo anche la Corte Europea per i diritti dell’Uomo lo ha riconosciuto, bisognerebbe ritrovare il coraggio di abolire l’ergastolo, in quanto trattamento contro l’umanità.

Gaetano De Monteù

da DinamoPress