La presidente della Corte Costituzionale, sulle pagine de Il Corriere, annuncia possibili limitazioni di diritti seppur proporzionati e a tempo.
A preoccuparci sono i concetti temporali e di proporzionalità alla fase pandemica perchè definizioni cosi’ generiche incutono sempre timori.
La legislazione emergenziale degli anni settanta ed ottanta, a detta dei legislatori e dei politici di allora, avrebbe dovuto avere un carattere eccezionale legato alla lotta “contro il terrorismo”, a distanza di 40 anni quelle leggi sono ancora vigenti.
Il codice Rocco di epoca fascista è ancora al suo posto e molti altri potrebbero essere gli esempi di come una legislazione emergenziale resti al suo posto anche se il carattere eccezionale è venuto meno.
Quanto poi al carattere di proporzione non mancano ulteriori considerazioni.
E’ forse proporzionata alla realtà del contagio la decisione di tante aziende di mantenere aperte le produzioni anche nei giorni di massima diffusione del Coronavirus?
La Costituzione italiana non prevede formalmente lo stato di eccezione ma la storia dimostra come si possa ricorrere a decreti leggi, alla presenza di militari per la strada, alla militarizzazione dei territori anche con il solo ausilio delle leggi.
E’ il caso del degrado urbano e degli interventi previsti che rappresentano una violazione dei diritti costituzionali alla libera circolazione ma nonostante cio’ sono stati approvati e restano ad oggi vigenti.
La presidente della Corte ricorda come sia ancora l’equilibrio di bilancio il faro guida delle politiche pubbliche, l’austerità e le sue leggi inique restano in vigore e con essi i tetti di spesa dai quali si deroga ben poco e solo, nel caso delle assunzioni, per il personale della sanità ridotto ai minimi termini da blocchi di spesa, spending review e decenni di tagli.
Sempre la Costituzione prevede casi eccezionali nei quali i diritti individuali e collettivi possono essere limitati, quelle limitazioni sono diventate regola nel cosiddetto stato di diritto. Ma il legislatore si è ben guardato dall’applicare le parti piu’ avanzate della Costituzione, anzi ha ben pensato di stravolgerne il significato con la Riforma del titolo V e l’imposizione dei vincoli di bilancio.
Non dimentichiamo mai il divieto di sciopero per i servizi essenziali se non nel rispetto di normative che prevedono il rispetto del preavviso con forti limitazioni orarie, la impossibilità di astenersi da lavoro in certi periodi dell’anno, ostacoli costruiti ad arte per impedire l’effettivo esercizio dello sciopero minandone al contempo l’efficacia come forma di lotta.
Da qui il divieto a manifestare anche nel rispetto del distanziamento sociale nella data del 25 aprile, da qui le sanzioni dei datori di lavoro per gli scioperi di Marzo quando molti lavoratori e lavoratrici dei servizi essenziali decisero di incrociare le braccia chiedendo l’applicazione di quell’articolo della legge 81 che prevede la facoltà di astenersi dal lavoro quando sono in pericolo le nostre vite e a serio rischio la sicurezza. Eppure, nonostante il testo 81, molti lavoratori sono oggi soggetti a multe, sospensioni e sanzioni, alcuni addirittura licenziati per avere violato i codici etici aziendali.
La eccezionalità della fase non ha portato il legislatore a rivedere le normative antisciopero, anzi si applicano limitazioni alle libertà individuali e collettive a senso unico e non sempre a tutela della salute pubblica perché se così fosse avrebbero chiuso tante aziende o imposta la riassunzione dei lavoratori licenziati.
Da qui nasce la riflessione che ogni libertà limitata e circoscritta viene dettata da interessi funzionali alla salvaguardia del sistema, quel sistema che poi ha prodotto le morti da Covid non perché responsabile diretto ma silente spettatore verso il trasferimento di malati nelle Rsa o verso gli ospedali ridotti al collasso con tanti operatori che nei primi giorni si sono ammalati perché privi di dispositivi protettivi individuali.
Non servono allora stati eccezionali, esiste già nel corpo legislativo la possibilità di sospendere libertà individuali e collettive, che lo si faccia a uso e consumo del capitale e dei suoi interessi è la dimostrazione che la giustizia è sempre più orientata alla difesa di alcuni interessi di classe e a farne le spese sono le classi sociali meno abbienti, i lavoratori e le lavoratrici costretti a produrre in silenzio perché, se alzano la testa, c’è sempre un codice etico o di comportamento a cui ricorrere per sanzionare e licenziare i ribelli
Federico Giusti