Si torna in aula per il processo in cui è imputato Gianluca Cantoro, la guardia penitenziaria del carcere di Perugia accusata di omissione di soccorso nei confronti di Aldo Bianzino, il falegname 43enne che morì in una cella del penitenziario perugino il 14 ottobre del 2007. Per domani sono previsti gli ultimi due testimoni e l’esame dell’imputato stesso che si è sempre dichiarato innocente.
In un primo momento la procura della repubblica di Perugia aprì anche un fascicolo per omicidio volontario, che qualche mese dopo venne archiviata suscitando lo scontento dei familiari del falegname che nel 2007 era stato arrestato insieme alla compagna Roberta Radici per possesso di droga. Il processo iniziato neanche un anno fa si avvia dunque alle sue fasi conclusive, sempre che i legali di parte civile non chiedano e ottengano una nuova perizia medico legale super partes.
Per fugare i dubbi che potrebbero essere emersi nella scorsa udienza del 16 gennaio quando i consulenti medico legali della procura hanno detto una cosa e quelli della parte civile un’altra. Tra gli esperti lo scontro è quasi totale. Se concordano sulla presenza di una emorragia e di una lesione al fegato riscontrate sul corpo di Aldi Bianzino, su tutto il resto non c’è convergenza.
Ed è emerso in tutta la sua portata lo scontro in atto. Non tanto, come si potrebbe immaginare, tra procura e difesa, ma tra parte civile e le altre parti in aula. Per i famigliari di Aldo infatti le lesioni che gli vennero riscontrate sono sospette. E ai giudici Giancarlo Massei, Paolo Micheli e Daniele Cenci, le letture dei fatti dei loro medici legali lo hanno reso evidente nella massima misura.
Per i consulenti del pubblico ministero Giuseppe Petrazzini, i dottori Luca Lalli e Anna Aprile, Aldo Bianzino è morto a causa dell’emorragia cerebrale subaracnoidea provocata da un probabile aneurisma e la lesione al fegato è stata causata durante la manovra di rianimazione. Non riescono con le loro analisi però a stabilire a che ora l’emorragia possa essere iniziata ma individuano una finestra di tempo che va dalle due ore precedenti il suo ritrovamento la mattina del 14 ottobre alle 8, fino alle otto ore prima. Sostengono che l’ipotesi più probabile della stessa sia la rottura di un aneurisma, ma non escludono anche una fessurazione, cioè una lacerazione di minore entità. Anche per il fatto che l’aneurisma non è stato individuato in sede autoptica.
Il professor Vittorio Fineschi invece, medico legale di parte civile, sostiene che, fermo restando la presenza dell’emorragia subaracnoidea che ha provocato la morte e la presenza della lesione al fegato, per lui la causa è diversa.
Per Fineschi l’emorragia, che inizialmente fu di modesta entità perché non avrebbe inondato di sangue le parti più profonde del cervello, potrebbe anche essere stata provocata da un trauma: una torsione della testa, uno scuotimento, qualcosa che abbia causato una lacerazione e un’uscita di sangue. Per il medico questa affermazione è possibile vista l’assenza del rinvenimento dell’aneurisma stesso.
Quanto alla lesione al fegato ha sostenuto, studi alla mano, che la stessa risulta classificata come molto rara nelle manovre rianimatorie. E generalmente correlata anche da altri traumi classificati come meno rari. Per Fineschi insomma la lesione al fegato, su un soggetto morto, con un versamento di sangue come quello di Bianzino solleva più di una perplessità.
Di avviso diametralmente opposto Aprile e Lalli che sui punti specifici sollevati da Fineschi avevano ribattuto dicendo che per loro l’emorragia subaracnoidea non può derivare da traumi quali torsione o scuotimento. Anzi la zona in cui si è verificata depone per una nascita spontanea della stessa. Per Lalli e Aprile inoltre non c’è letteratura che parli di emorragie di quel tipo senza segni esterni, o inondazione di sangue nelle zone sottocutanee.
Quanto al fegato Aprile interpreta in senso contrario rispetto a Fineschi: per lei, la quantità di sangue isolata e dovuta a quella ferita è troppo piccola per essere di una persona in vita. Ha un senso invece come quantità per una persona deceduta il cui cuore durante le manovre rianimatorie pompa comunque sangue, specialmente in un organo quale il fegato.
Lo scontro sulle questioni medico legali è stato il tema caldo di tutto il processo anche se formalmente, vista l’imputazione di omissione di soccorso, non sono neanche parte in causa. Per questo al termine dell’udienza i legali di parte civile, Fabio Anselmo, Massimo Zaganelli e Cinzia Corbelli hanno richiesto alla corte una nuova perizia medico legale. Per chiarire quando esattamente Aldo si è sentito male e se qualcosa si poteva fare. Alla richiesta si sono opposti avvocatura dello Stato e pubblico ministero che ha definito la richiesta come “estranea a questo processo”. I giudici, dopo un quarto d’ora di camera di consiglio hanno deliberato che decideranno solo alla fine dell’istruttoria, cioè il 27 febbraio prossimo.
Mentre i giudici erano in camera di consiglio, i figli di Aldo, Aruna, Elia e Rudra hanno diffuso questa nota: “Dopo che lo Stato ci ha restituiti nostro padre morto, quando viceversa stava benissimo prima del suo arresto, ci saremmo aspettati un atteggiamento diverso. È incredibile che l’imputato non si è opposto alla richiesta di perizia sulla causa della morte di nostro padre. Si sono invece opposti proprio i massimi rappresentanti dello Stato, PM e l’avvocato del Ministero di Grazia e Giustizia. Noi denunciamo che se l’imputato non teme la perizia, la temono costoro. Ci chiediamo, in tutto ciò, dove sia l’interesse pubblico e della collettività”.
La parte civile con l’avvocato Anselmo che fu già legale della famiglia Cucchi punta forse a riscrivere tutta la storia della morte di Aldo Bianzino, per questo potrebbero richiedere una nuova perizia da affidare a periti super partes. Sempre che la corte la conceda.
fonte: Adnkronos