Il premier sconfessa l’ordinanza di Firenze: «I lavavetri? Avrei iniziato da chi sporca i muri». E Amato che invoca Giuliani non piace a sinistra
Ottima la partenza: «Non avrei cominciato dai lavavetri». Un po’ meno il finale: «Avrei cominciato con quelli che fanno le scritte sui muri, con i posteggiatori abusivi». Romano Prodi entra nella polemica di questi giorni, dopo la guerra dichiarata dalla giunta Domenici ai lavavetri di Firenze. E cerca di farlo prendendo una posizione che in realtà posizione non è. Assolve i lavavetri, ma condanna i writers. Insomma, scambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia. «Io ritengo – ha poi proseguito Prodi – che il discorso della piccola criminalità sia un discorso serio e che sia giusto punirla». La dichiarazione del presidente del consiglio arriva all’indomani dalla tolleranza zero invocata dal ministro Amato che ha chiesto «una lotta all’illegalità a 360 gradi» prendendo a modello l’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani.Una ricetta, lanciata ieri dal ministro degli Interni sulle pagine del Corriere della Sera e confermata in serata anche alla festa dell’Unità di Bologna. Il titolare del Viminale non fa che confermare quanto già detto a Ferragosto, la polemica di questi giorni sui lavavetri di Firenze ha solo accelerato questo processo. Che comunque dovrebbe concretizzarsi con «interventi nazionali» e su due direzioni. Sia dal punto di vista amministrativo, coinvolgendo quindi prefetti e questori, sia legislativo con la creazione di norme punitive ad hoc. D’obbligo, poi, l’istituzione di una collaborazione più diffusa tra ministero ed enti locali, equiparando i provvedimenti così da evitare «il rimbalzo dall’una all’altra città di attività trattate da ciascuno con regole diverse». Perché, dice ancora Amato, «la legalità non può valere a singhiozzo».Soddisfatto della cura Amato il ministro della Giustizia Mastella, specie quando il ministro degli interni invoca la certezza della pena per dare sicurezza ai cittadini. Ma poi avverte: «Il suo è un appello giusto purché non vi siano degli eccessi che riportino ad un clima giustizialista, «al modello televisivo “tutti in galera”». E’ vero, secondo il Guardasigilli che «Rudolph Giuliani ha lanciato la “tolleranza zero”, però nella sua città ci sono ancora omicidi a iosa». Dunque non è automatico che repressione faccia rima con sicurezza. Ne è convinta tutta la sinistra radicale, molto critica con l’elogio al «modello Giuliani». Scettico è il capogruppo al Senato di rifondazione comunista, Giovanni Russo Spena, che smentisce la tesi di Amato in quanto «il sindaco di New York non ha affatto risolto il dramma della microcriminalità e della povertà diffusa. Si è limitato a «ripulire» Manhattan (che non è New York), cacciando via quanti apparivano inadeguati alla sua concezione di decoro urbano e di sicurezza». Sempre dalla sinistra radicale si alza anche la voce critica di Manuela Palermi, del Pdci, che vede nella lettera di Amato un «attacco micidiale all’esistenza del governo Prodi». In piena sintonia con Amato si schiera l’Italia dei Valori secondo cui «la certezza della pena, insieme con la prevenzione, contribuisce a trovare la soluzione» del problema scurezza. «Sorpresa e anche un po’ indignata» si è detta anche Rosy Bindi, non tanto dall’ordinanza del sindaco Domenici, «quanto dalle prese di posizione, dalle reazioni a catena cui abbiamo assistito in questi giorni e da cui non è emersa con la necessaria chiarezza la differenza fra la cultura del centrodestra e quella del centrosinistra in merito ai temi della sicurezza».A Firenze, intanto, si cerca una mediazione. Dopo la crociata della giunta Domenici contro i lavavetri che, se pizzicati con secchio e spazzola vicini ad un semaforo, rischiano multe o il carcere fino a tre mesi, ora la giunta gigliata propone addirittura un’assunzione con tanto di licenza. La proposta è dell’assessore fiorentino alle attività produttive, Silvano Gori, ed è quella di creare, nei regolamenti comunali, il mestiere del lavavetri da esercitare «in luoghi non pericolosi, sicuramente non in strada, ad esempio nei parcheggi scambiatori, parcheggi in generale o in altri luoghi da individuare». Il tutto con regolare contratto di lavoro e dopo aver superato un concorso pubblico. I vincitori dell’ambita postazione, precisa l’assessore, dovranno però «avere l’obbligo, pena la decadenza, della cortesia, della non invadenza e del decoro».Ma sui lavavetri le proposte arrivano (tante) anche dall’opposizione. Perché se da sinistra la parola d’ordine rimane una sola: «legalità» (di cofferatiana memoria), a destra i suggerimenti fioccano. Le più originali sono quelle di An e vanno dalla reintroduzione nel codice penale del reato di mendicità molesta, allo sciopero della mancia ai semafori. La Lega, invece, propone dei referendum comunali per far decidere ai cittadini se vogliono o meno, anche nelle loro città, il provvedimento adottato a Firenze.
Ottima la partenza: «Non avrei cominciato dai lavavetri». Un po’ meno il finale: «Avrei cominciato con quelli che fanno le scritte sui muri, con i posteggiatori abusivi». Romano Prodi entra nella polemica di questi giorni, dopo la guerra dichiarata dalla giunta Domenici ai lavavetri di Firenze. E cerca di farlo prendendo una posizione che in realtà posizione non è. Assolve i lavavetri, ma condanna i writers. Insomma, scambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia. «Io ritengo – ha poi proseguito Prodi – che il discorso della piccola criminalità sia un discorso serio e che sia giusto punirla». La dichiarazione del presidente del consiglio arriva all’indomani dalla tolleranza zero invocata dal ministro Amato che ha chiesto «una lotta all’illegalità a 360 gradi» prendendo a modello l’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani.Una ricetta, lanciata ieri dal ministro degli Interni sulle pagine del Corriere della Sera e confermata in serata anche alla festa dell’Unità di Bologna. Il titolare del Viminale non fa che confermare quanto già detto a Ferragosto, la polemica di questi giorni sui lavavetri di Firenze ha solo accelerato questo processo. Che comunque dovrebbe concretizzarsi con «interventi nazionali» e su due direzioni. Sia dal punto di vista amministrativo, coinvolgendo quindi prefetti e questori, sia legislativo con la creazione di norme punitive ad hoc. D’obbligo, poi, l’istituzione di una collaborazione più diffusa tra ministero ed enti locali, equiparando i provvedimenti così da evitare «il rimbalzo dall’una all’altra città di attività trattate da ciascuno con regole diverse». Perché, dice ancora Amato, «la legalità non può valere a singhiozzo».Soddisfatto della cura Amato il ministro della Giustizia Mastella, specie quando il ministro degli interni invoca la certezza della pena per dare sicurezza ai cittadini. Ma poi avverte: «Il suo è un appello giusto purché non vi siano degli eccessi che riportino ad un clima giustizialista, «al modello televisivo “tutti in galera”». E’ vero, secondo il Guardasigilli che «Rudolph Giuliani ha lanciato la “tolleranza zero”, però nella sua città ci sono ancora omicidi a iosa». Dunque non è automatico che repressione faccia rima con sicurezza. Ne è convinta tutta la sinistra radicale, molto critica con l’elogio al «modello Giuliani». Scettico è il capogruppo al Senato di rifondazione comunista, Giovanni Russo Spena, che smentisce la tesi di Amato in quanto «il sindaco di New York non ha affatto risolto il dramma della microcriminalità e della povertà diffusa. Si è limitato a «ripulire» Manhattan (che non è New York), cacciando via quanti apparivano inadeguati alla sua concezione di decoro urbano e di sicurezza». Sempre dalla sinistra radicale si alza anche la voce critica di Manuela Palermi, del Pdci, che vede nella lettera di Amato un «attacco micidiale all’esistenza del governo Prodi». In piena sintonia con Amato si schiera l’Italia dei Valori secondo cui «la certezza della pena, insieme con la prevenzione, contribuisce a trovare la soluzione» del problema scurezza. «Sorpresa e anche un po’ indignata» si è detta anche Rosy Bindi, non tanto dall’ordinanza del sindaco Domenici, «quanto dalle prese di posizione, dalle reazioni a catena cui abbiamo assistito in questi giorni e da cui non è emersa con la necessaria chiarezza la differenza fra la cultura del centrodestra e quella del centrosinistra in merito ai temi della sicurezza».A Firenze, intanto, si cerca una mediazione. Dopo la crociata della giunta Domenici contro i lavavetri che, se pizzicati con secchio e spazzola vicini ad un semaforo, rischiano multe o il carcere fino a tre mesi, ora la giunta gigliata propone addirittura un’assunzione con tanto di licenza. La proposta è dell’assessore fiorentino alle attività produttive, Silvano Gori, ed è quella di creare, nei regolamenti comunali, il mestiere del lavavetri da esercitare «in luoghi non pericolosi, sicuramente non in strada, ad esempio nei parcheggi scambiatori, parcheggi in generale o in altri luoghi da individuare». Il tutto con regolare contratto di lavoro e dopo aver superato un concorso pubblico. I vincitori dell’ambita postazione, precisa l’assessore, dovranno però «avere l’obbligo, pena la decadenza, della cortesia, della non invadenza e del decoro».Ma sui lavavetri le proposte arrivano (tante) anche dall’opposizione. Perché se da sinistra la parola d’ordine rimane una sola: «legalità» (di cofferatiana memoria), a destra i suggerimenti fioccano. Le più originali sono quelle di An e vanno dalla reintroduzione nel codice penale del reato di mendicità molesta, allo sciopero della mancia ai semafori. La Lega, invece, propone dei referendum comunali per far decidere ai cittadini se vogliono o meno, anche nelle loro città, il provvedimento adottato a Firenze.
fonte: il manifesto
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