Nei giorni scorsi gli avvocati avevano denunciato la situazione sia al pm di Torino, Roberto Sparagna, titolare delle indagini e sia al Dap, ma la situazione è rimasta invariata. Eppure c’è un particolare non indifferente. I detenuti coinvolti nell’operazione giudiziaria come Marco Bisesti e Beniamino Anna (da alcuni giorni in sciopero della fame) erano stati trasferiti da poco nella sezione per detenuti classificata come As2, una sezione dedicata quasi interamente agli anarchici secondo lo schema della differenziazione. Nonostante ciò sono ugualmente sottoposti al regime di isolamento totale. Hanno il blindato sempre chiuso, accedono all’ora d’aria per pochi minuti in solitudine e non possono comunicare con gli altri detenuti della sezione: una carcerazione dura che ricorda molto da vicino il 41 bis. Gli avvocati difensori spiegano che l’art. 33 dell’ordinamento penitenziario prevede l’isolamento solo in tre casi: per ragioni sanitarie, disciplinari e di giustizia. Eppure nei casi denunciati, i difensori precisano che “nessun provvedimento di isolamento giudiziario risulta essere stato emesso dall’autorità giudiziaria che ha disposto esclusivamente il divieto di incontro tra i coimputati”.
In particolare, per quanto riguarda Bisesti, gli avvocati hanno fatto notare che “nessun coindagato si trova ristretto nel carcere di Alessandria, quindi l’esclusione dalle attività comuni e dalla socialità risulta del tutto incomprensibile ed assume natura esclusivamente afflittiva”. Osservano peraltro che qualora vi fosse un provvedimento giudiziario che dispone l’isolamento – circostanza più volte negata dal Pubblico Ministero – lo stesso deve precisare modalità, limiti e durata dell’isolamento medesimo. Infine il regolamento di esecuzione stabilisce che la direzione penitenziaria, qualora manchino tali elementi, debba richiedere all’autorità giudiziaria le integrazioni necessarie. Ma finora l’isolamento permane nei confronti di tutti e sette gli arrestati distribuiti nel carcere di Alessandria, Latina, Terni e Ferrara.
L’operazione giudiziaria condotta dalla Procura di Torino che ha coinvolto i detenuti è scattata il 6 settembre scorso. Secondo il pm Sparagna, gli arrestati risulterebbero affiliati all’organizzazione Federazione Anarchica Informale (FAI). Ai fermati viene contestato il reato di associazione con finalità di terrorismo. L’indagine, attraverso l’analisi di un’enorme quantità di documentazione ideologica (opuscoli anarchici), avrebbe permesso di ricostruire la struttura associativa e l’evoluzione internazionale della Fai. L’obiettivo prefissato e quindi ritenuto pericoloso è la “distruzione dello Stato e del Capitale”, insomma il pensiero anarchico. Gli investigatori hanno ricostruito anche la storia del gruppo, partendo non solo dal documento costituivo nel 2003, in cui oltre a rivendicare l’esplosione di due cassonetti dei rifiuti nei pressi dell’abitazione di Romano Prodi, formalizzavano la costituzione del Fai, attraverso una “struttura unitaria operante sulla base di mutuo appoggio e attraverso una pluralità di sigle”, ma sono andati a pescare perfino nella vecchia inchiesta Marini risalente al 1996. L’accusa è una di quelle più gravi, l’articolo 270 bis, ovvero “Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico”.
Durante l’operazione non hanno solamente arrestato coloro che erano sotto indagine, ma a seguito delle perquisizioni sono state tratte in arresto altre due persone trovate in possesso di opuscoli anarchici e materiali ritenuti esplosivi. Come nel caso del ragazzo romano Alessandro Mercogliano in possesso del quale, durante la perquisizione, la polizia ha trovato delle lampadine, delle batterie e dei miniciccioli. Tra i vari reati, gli è stato contestata l’aggravante di terrorismo, poi decaduta a seguito di riesame dell’ordinanza di custodia cautelare. Anche lui, fino a un giorno fa, era in isolamento completo.
Non è la prima operazione giudiziaria nei confronti degli anarchici. Una delle prime – quelle che seguono sono tutte operazioni giudiziarie eseguite tra il 2011 e il 2012 – è stata l’operazione “Ardire” condotta dalla pm di Perugia Manuela Comodi con l’allora generale dei Ros, Ganzer, poi la “Mangiafuoco”, la “Ixodidae” (ovvero zecca in latino) e l’ operazione “Thor”. Il materiale pericoloso repertato per quest’ultima operazione consisteva in una busta di chiodi, libri anarchici, giornali autogestiti e scambi di lettere con i detenuti anarchici stranieri. Nell’operazione Ardire è crollata l’accusa di associazione terroristica (270 Bis) che aveva giustificato gli arresti preventivi; nella “Ixodidae”, per gli anarchici accusati di associazione sovversiva con finalità di eversione dell’ordine democratico, tutto è finito in un’assoluzione. Per quest’ultima operazione – in seguito risultata fallimentare – sono stati effettuati oltre 10mila intercettazioni ambientali, 92mila ore di riprese video analizzate, 148.990 contatti telefonici, 18.000 comunicazioni telematiche intercettate, 80 eventi giudiziari presi in considerazione di cui 28 sono stati considerati nell’ambito di quel procedimento. Nel 2014 alcuni ragazzi, per aver fatto una manifestazione di solidarietà per gli arrestati nell’ambito di un’altra operazione giudiziaria denominata “Brushwood” – finita con il cadere di alcune accuse come associazione sovversiva con finalità di terrorismo e senza alcuna prova come armi, luoghi, ma solo interpretazioni di intercettazioni – hanno preso una condanna di dieci giorni tramutata poi in un’ammenda di 2600 euro.
Damiano Aliprandi da il dubbio