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Razzismo, l’Italia non è un paese sicuro

Il sesto libro bianco sul razzismo a cura di Lunaria prende in esame l’ultimo triennio e quindi il biennio del governo Meloni: mette sotto la lente le dinamiche dell’affermarsi della vulgata “prima gli italiani” e dello svuotamento della Costituzione

di Rachele Gonnelli da Sbilanciamoci

È ancora impossibile mettere un punto e fare un’analisi retrospettiva del provvedimento del governo Meloni in materia di immigrazione che va sotto il nome di “modello Albania”, visto che quasi ogni giorno c’è una modifica o della lista dei paesi considerati sicuri o un nuovo capitolo della contrapposizione con le toghe che chiedono l’applicazione della protezione internazionale e delle indicazioni della giurisprudenza europea. L’ultimo atto in ordine di tempo è l’approvazione da parte della commissione Affari costituzionali della Camera, esaminando il decreto flussi, del cosiddetto «emendamento Musk», che trasferisce la competenza sulla convalida del trattenimento dei migranti dai tribunali alle Corti d’Appello, togliendola così alle procure definite “comuniste”.

Nel frattempo si possono esaminare le linee guida dei due anni di attività del governo a guida Meloni e si possono rintracciare i paradigmi razzisti delle politiche migratorie fin qui applicate tanto dai governi di centrosinistra che da quelli di destra. È ciò che fa il VI libro bianco sul razzismo in Italia appena pubblicato (e scaricabile gratuitamente in pdf) da Lunaria. Il libro prende in considerazione gli ultimi tre anni 2021-2023, con alcuni salti indietro e in avanti per ricostruire quello che si definisce “un razzismo sistemico” ormai, che tocca la legislazione, le politiche, le prassi istituzionali, il discorso pubblico e la narrazione mediatica prevalente. Un razzismo che viene dall’alto, essenzialmente, e si incista nella società modificando il senso comune.

In attesa di un osservatorio nazionale sugli atti di razzismo, xenofobia e discriminazione, il sito di Lunaria Cronache di Ordinario Razzismo e lo sportello dedicato ha documentato nel triennio preso in esame 1.125 casi.

Da questi sono state selezionate venti storie, segnalate per la loro esemplarità e per aiutare a leggere il contesto in cui gli episodi di razzismo si determinano. Per aiutare a decodificare la criminalizzazione dei migranti e i messaggi di odio e xenofobia che fanno da substrato all’avanzata delle destre sulla scena globale, la prima parte del libro è dedicata a contributi più analitici su dieci argomenti: l’origine del successo delle destre radicali in Europa e in America, il nuovo Patto europeo sulle migrazioni e l’asilo, la cittadinanza e i meccanismi di esclusione sociale, le politiche securitarie e restrittive nello svuotamento sostanziale della Costituzione, le narrazioni tossiche e l’agenda mediatica sull’immigrazione, l’applicazione della legge 50 del 2023, l’accesso selettivo e subalterno dei cittadini stranieri al welfare, lo sfruttamento dei lavoratori stranieri nelle campagne e il caporalato, il razzismo nello sport, le nuove sfide del movimento antirazzista, in primis il nuovo protagonismo delle cosiddette “seconde generazioni” come ha ricordato alla presentazione del libro bianco Stefania N’Kombo José Teresa di Lunaria.

Il contributo di analisi che ha fatto da base per il libro e anche per il dibattito della sua presentazione nell’aula consiliare di Palazzo Valentini a Roma è quello di Sergio Bontempelli, presidente dell’associazione Africa Insieme, dirigente degli sportelli per stranieri della Provincia di Pistoia e membro dell’associazione Diritti e Frontiere. A chi non riesce a trovare risposte adeguate allo slogan “prima gli italiani” – che fa il paio con il trumpiano “America first” -, Bontempelli oppone un buonsenso che fa a pugni, però, con il senso comune. “C’è un equivoco di fondo che in tutti questi anni ha impedito una riforma della cittadinanza – argomenta infatti – ed è la confusione tra cittadinanza e identità nazionale o pretesa tale”. La cittadinanza è infatti uno status giuridico che definisce diritti e doveri in uno Stato laico. In termini generali e al di là delle leggi la Costituzione questo status riconosce i cittadini in base al contributo che danno alla comunità e alla vita collettiva in termini di lavoro, in linea con l’articolo 1 della nostra Costituzione, sempre che sia loro permesso di dare questo contributo. L’italianità è invece un concetto assai vago e mutevole.

Secondo i relatori, e in particolare il contributo di Marcello Maneri e Fabio Quassoli che prendono in esame in particolare la strage di Macerata del 2018, esiste un sottotesto dei vari messaggi che tendono a considerare inferiori e non compatibili socialmente i migranti ed è un messaggio non esplicitato che sovrappone italianità con bianchezza, cioè facendo riferimento al colore della pelle. Un concetto che parla di etnia, cultura e religione ma usa questi termini, più accettati dal discorso pubblico, ma rimanda al campo semantico della razza di stampo ottocentesco, con tutoli suo coté gerarchico e coloniale.

Serena Chiodo di Amnesty International interviene nel dibattito a partire dal caso Iuventa, il primo processo a una ong di ricerca e soccorso, finito lo scorso 19 aprile con una assoluzione piena dei soccorritori accusati di facilitare l’immigrazione clandestina perché il fatto non sussiste ma nel silenzio generale dei media che invece hanno suonato la grancassa al momento delle accuse.

Così come anche nel caso Macerata o nella giustificazione delle recenti parole del ministro Valditara sul patriarcato e gli stupri “etnici”, – come ricorda Giuseppe Faso – i media continuano a parlare di “bomba sociale dell’immigrazione” senza alcuna documentazione a riguardo. Secondo Faso “c’è un disegno, un attacco eversivo alla Costituzione che si basa sul razzismo degli ultimi trent’anni e coinvolge anche esponenti del centrosinistra come Marco Minniti e Giuliano Amato, autore quest’ultimo della Carta dei Valori”. Questa Carta dei Valori, spiega Faso, sarebbe stata data da far firmare agli immigrati da regolarizzare e avrebbe dovuto sintetizzare non meglio precisati “valori” costituzionali ed è invece una operazione mistificatoria del dettato della Carta, una operazione supponente che imporrebbe ai migranti di “adeguarsi” per “essere tollerati”.

Se il movimento antirazzista confluisce oggi nel più largo movimento contro il ddl Sicurezza non è dunque solo perché il disegno di legge governativo – ancora in discussione al Senato – nega ai migranti senza permesso di soggiorno persino la possibilità di possedere una sim telefonica, riducendone ancora i diritti e l’umanità, ma perché quel ddl è un ulteriore e decisivo affondo contro la Costituzione e la stessa democrazia, un affondo preparato da decenni di razzismo istituzionale.

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