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Repressione giudiziaria contro le donne giornaliste curde

La Coalition For Women In Journalism denuncia la repressione giudiziaria contro le donne giornaliste e quelle curde in particolare. Immediata la risposta governativa contro la giornalista curda Rabia Önver che aveva denunciato le collusioni di alcune agenzie statali con le reti criminali

di Gianni Sartori

Se le date di pubblicazione non ingannano, appare come una pronta risposta a quanto aveva appena denunciato la Coalition For Women In Journalism (CFWIJ) nel rapporto “La strumentalizzazione dei tribunali: Erdogan intensifica la repressione giudiziaria contro le donne giornaliste”.https://www.womeninjournalism.org/infocus-all/weaponizing-the-courts-erdoans-escalating-legal-repression-of-women-journalistsfb66sa84yjew88db3fp8nfdcbt2sfy

Sottolineando come tale repressione giudiziaria colpisca soprattutto le giornaliste curde o che lavorano per i media curdi.

Dimostrando dati alla mano che “tra tutte le donne giornaliste perseguitate e detenute dalla giustizia turca, coloro che lavorano per la stampa curda sono quelle che subiscono i trattamenti più duri”. Infatti le giornaliste che si occupano della questione curda “vengono abitualmente arrestate e accusate di gravi reati collegati al terrorismo”.

Non dovrebbe essere necessario, ma forse è il caso di ricordare che “il giornalismo non è terrorismo” . Per cui il deliberato tentativo delle autorità turche di reprimere l’informazione indipendente rappresenta “una violazione flagrante della libertà di stampa”.

Immediata o quasi – come dicevo – la risposta del potere.

Nella serata del 20 settembre (praticamente il giorno stesso della pubblicazione del rapporto-denuncia di CFWIJ), l’abitazione della giornalista curda Rabia Önver (corrispondente dell’agenzia JinNews) veniva accuratamente perquisita, rovistata e messa sotto-sopra per ore.

Alla ricerca soprattutto di computer e materiale informatico (pare invano).

La sua colpa, aver indagato con un reportage sul coinvolgimento di agenzie statali nel traffico degli stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione nella provincia curda di Hakkari (Colemêrg).

La giornalista abitava nel capoluogo del distretto di Yüksekova (Gever) e per sua fortuna in quel momento non si trovava in casa. Per cui ora è attivamente ricercata dalla polizia.

Recentemente Rabia Önver aveva pubblicato la terza puntata di “Guerra speciale a Colemêrg”, un’inchiesta sulle reti criminali protette da qualche settore dello Stato. Descrivendo come il consumo di droga venisse incoraggiato nelle province curde. Vecchia storia: succedeva negli USA per disgregare la comunità afro-americana all’epoca delle Pantere nere e nei paesi Baschi nel secolo scorso per distogliere i giovani dalla militanza abertzale (quando addirittura non si utilizzavano i traffici per finanziare le squadre della morte come con il GAL).

Inoltre Rabia Önver aveva raccolto testimonianze sul fatto che le giovani donne curde vengono spinte a prostituirsi.

Dal rapporto di CFWIJ si comprende come le giornaliste rimangano spesso intrappolate in battaglie giuridiche che durano anni, sottoposte a lunghe detenzioni in attesa di giudizio. Inoltre viene loro impedito di viaggiare e – ovviamente – di espatriare.

In particolare utilizzando la legislazione antiterrorista dato che più della metà dei procedimenti giudiziari si basa su accuse legate a presunto terrorismo. Tra le più gettonate anche “l’insulto alla nazione” o al presidente. Così come le denunce per diffamazione da parte di esponenti politici oggetto di inchieste giornalistiche.

In pratica ogni giornalista indipendente viene classificato come “estremista” e “criminale”.

In genere le udienze si prolungano per anni, come una persecuzione, con nuove denunce e indagini che ripartono anche dopo l’assoluzione.

Una strategia deliberata per soffocare la stampa indipendente.

 

 

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