Riaprite il caso Aldo Bianzino
- aprile 13, 2012
- in carcere, violenze e soprusi, vittime della fini-giovanardi
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Sul nuovo numero di “Terra”, in edicola da oggi, un’inchiesta del mensile racconta di nuovi particolari emersi nella vicenda di Aldo Bianzino, il falegname di Pietralunga che per la procura di Perugia, che archiviò l’ipotesi di omicidio, morì per cause naturali nella prigione di Capanne nel 2007.
Il giornale rivela che nelle udienze tenutesi per giudicare la guardia carceraria Gianluca Cantoro, ritenuto responsabile di omissione di soccorso, falso e omissione di atti d’ufficio e condannato a marzo a un anno e mezzo con pena sospesa, sono emerse almeno tre rilevanti evidenze che sostengono la tesi dei famigliari, secondo cui, come hanno detto al giornale, il caso andrebbe riaperto.
Il primo e più rilevante riguarda l’aneurisma cerebrale di cui Bianzino sarebbe morto. Tutta l’ipotesi dell’archiviazione si basava sull’esistenza di un aneurisma che venne documentato dai consulenti del pm Anna Aprile e Luca Lalli in una minuta documentazione del 2008, nella quale furono mostrate le parti smembrate del cervello di Bianzino e un’altra immagine di sezione di un cervello con, cerchiata in rosso, la “malformazione” vascolare aneurismatica origine del sanguinamento” (come riportato nella didascalia). Ma recentemente, durante un’udienza, la dottoressa Aprile ha spiegato ai magistrati che i medici legali non avevano “..riscontrato l’aneurisma, ma abbiamo riscontrato dei vasi con delle caratteristiche alterate, che ben si correlano con l’ipotesi di una rottura, diciamo, spontanea “. Insomma quella immagine cerchiata in rosso era nulla più che letteratura medica. Il mensile, per la prima volta, mostra le due fotografie inedite del cervello di Bianzano indicando quale delle due si riferisce in realtà a materiale d’archivio.
Il mensile aggiunge poi due altri fatti rilevanti e non tenuti evidentemente in troppo conto ma che ora acquistano una nuova valenza: le rilevazioni mediche accertarono attorno al fegato di Aldo – che appariva “strappato” dalla sua sede naturale – 280 cl di sangue, un terzo di litro, fuoriuscita dovuta – si disse – alla pressione esercitata durante la rianimazione cardiaca. Ma allora Bianzino era già morto e la rianimazione fu eseguita da personale medico professionista. Non vi è inoltre di quell’intervento sul suo corpo durato almeno venti minuti, nemmeno un fotogramma dal circuito televisivo interno del carcere.
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