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Da Roma a Siracusa. Continuano le aggressioni razziste

Mentre si stringe il cerchio attorno ai due uomini a bordo dello scooter da cui è partito il colpo di pistola che ha ferito Manuel Bortuzzo, il nuotatore 20enne ferito da un colpo di pistola, a Roma, davanti ad un pub, è giunta ieri sera la notizia dell’arresto dei due giovani che, nella notte di domenica 27 gennaio, hanno aggredito e tentato di uccidere due addetti alla sicurezza della discoteca Qube. Quello che c’è di nuovo rispetto alla notizia lanciata e ripresa dalle maggiori testate e televisioni, come un banale fatto di cronaca, è che solo oggi si scopre che le due vittime sono “nere”, e che oltre che essere state brutalmente aggredite ed aver rischiato la vita, sono state anche insultate proprio in ragione del colore della pelle (“Siete dei negri di merda”). Infatti, le due persone arrestate, due fratelli di 27 e 30 anni, residenti a Tor Bella Monaca, con precedenti penali, sono accusate di tentato omicidio in concorso “aggravato dall’odio razziale”. Ricercate dalle forze dell’ordine, si sono costituite dopo dieci giorni di latitanza.

Ricordiamo brevemente quanto accaduto. Erano circa le 3.00, quando i due giovani si sono allontanati, furiosi, dopo essere stati respinti all’ingresso del locale perché ubriachi e probabilmente anche sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Tre dei 28 bodyguard ingaggiati dal Qube, proprio per mantenere ordine e sicurezza fuori e dentro il locale, sono riusciti, dopo una piccola colluttazione, a farli andare via dalla fila. Per vendicarsi, i due, saliti a bordo di una Mercedes Classe B, sono partiti in velocità ed hanno investito due degli addetti alla security, altrimenti detti volgarmente “buttafuori”, travolgendo l’ingresso del locale pieno di persone in quel momento. Le scene di terrore sono state riprese da alcune telecamere di sicurezza del locale e da qualche concitato video amatoriale, poi prontamente pubblicato su Facebook.

Il filmato mostra, in modo inequivocabile, come il conducente della vettura abbia puntato deliberatamente l’ingresso accelerando. La vettura, contromano, ha cercato di investire ripetutamente gli addetti alla sicurezza e le persone che si trovavano in fila per entrare nella discoteca. L’auto, nella furia, ha travolto le transenne e le piante all’ingresso. Nel suo secondo tentativo, tuttavia, la macchina ha colpito in pieno uno degli addetti alla security, trascinandolo con sé, sul cofano, per diversi metri (“Si capiva che l’intento era quello di ammazzarlo. Volevano schiacciarlo tra la loro e un’altra auto, lui è stato scaraventato sul cofano e portato per dieci metri e poi è volato, cadendo fortissimo a terra”, ha dichiarato un testimone oculare al quotidiano La Repubblica). Per poi allontanarsi a velocità folle per non essere fermati, danneggiando anche due vetture in sosta.

Sul posto sono accorse diverse volanti e il personale sanitario del 118, che ha soccorso i due addetti alla sicurezza, trasportandoli in ospedale. Da quanto si apprende, le loro condizioni, fortunatamente, non destano particolare preoccupazione: medicati in codice giallo, sono stati dimessi con prognosi che vanno dai 10 ai 14 giorni. Il più giovane dei 2 è stato portato al San Camillo in ambulanza ed è stato dimesso con 35 punti di sutura alla gamba. L’altro di 39 anni, oltre ad aver avuto 17 punti sopra l’occhio, è stato ricoverato per 24 ore per trauma cranico al Gemelli e poi dimesso.

Si tratta di due cittadini senegalesi dei quali non conosciamo neanche i nomi per poter esprimere loro tutta la nostra solidarietà.

E intanto, in queste ore, ci è giunta notizia di un’altra violenta aggressione razzista. A Siracusa. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, intorno alle 20.30, un 19enne di origine gambiana, Lamin Camara, appena uscito dall’azienda di telefonia, dove lavora come dipendente, si è imbattuto in un uomo del posto, un pregiudicato di 42 anni, che ha iniziato a rivolgergli pesanti insulti razzisti: “Niuro bastardo vieni qui che ti ammazzo”. Poi ha estratto un coltello e lo ha inseguito per diverse centinaia di metri. Il giovane è fuggito e ha chiesto l’aiuto della polizia. Una pattuglia è riuscita a bloccare, identificare e denunciare l’aggressore, sequestrandogli l’arma. Nonostante la presenza degli agenti, l’uomo ha continuato a inveire contro il ragazzo con frasi razziste.

Questo clima d’odio diffuso che si sta riproducendo da nord a sud, anche in forme fin troppo violente, non giova a nessuno, se non a chi dell’odio contro il diverso ne fa un vessillo di battaglia politica. Per fortuna si moltiplicano anche le iniziative diffuse di chi non si rassegna a vivere in un Far West in salsa italiana.

“Sono nero e quindi devo morire?”: due violenze razziste in due giorni

Alle quattro del mattino del 31 gennaio, in via Napoli, ad Arzano (Na), Ossuele Gnegne, 28enne originario della Costa d’Avorio e da 10 anni in Italia, si stava recando, come ogni giorno, in bicicletta sul posto di lavoro. Il giovane è un addetto alle pulizie dei locali della palestra Imperial. All’improvviso, ha visto una Smart andare dritta verso di lui. La persona che era alla guida ha volutamente accelerato e lo ha investito (“Ero ben visibile”, dice Ossuele). Non era stato un fatto “casuale”. Voleva investire proprio lui.
Poi, dall’auto sono scesi 4 uomini armati di bastoni, spranghe e sassi. “Schifo di uomo, munnezza. Vogliamo ucciderti”, hanno gridato, poi il pestaggio. “Ho provato a scappare – ricorda la vittima – ma sono stato raggiunto e colpito con il crick”. Poi il lancio di pietre e bottiglie, insulti razzisti e minacce. Ossuele è riuscito, per fortuna a rifugiarsi sotto un’automobile e a chiamare i Carabinieri. Poi accompagnato in ospedale, viene medicato per le contusioni e gli viene ingessato il braccio.
Ossuele ha affidato a un post su Facebook il racconto dell’aggressione subita. E con non poca amarezza scrive: «Sono nero e quindi devo morire? Non pensavo di poter incontrare ancora persone così, al lavoro, nel mio quartiere svolgo una vita normale e tutti mi rispettano e mi vogliono bene. Sono stato fortunato; ho lividi, contusioni, un braccio spezzato, ma tutto questo passerà. Ciò che non passerà è il colore della mia pelle, che in questo mondo crea problemi».
Dopo l’aggressione, i suoi datori di lavoro, per mostrare tutta la solidarietà possibile, hanno attaccato all’ingresso della palestra il cartello: “Vietato l’ingresso ai razzisti”. Anche l’amministrazione di Arzano, con tutta la cittadinanza, ha preso una posizione forte di biasimo e sdegno verso la vile aggressione.
Due giorni dopo, e non molto lontano, nel salernitano, a Eboli, una nuova violenza razzista. Le vittime sono due cittadini italiani “rei” di avere la “pelle scura”: un ragazzo di origini brasiliane di 21 anni, Hugo Leonardo D’Onofrio, adottato da genitori italiani, giocatore di rugby e atleta, che vive nella cittadina salernitana e la sua fidanzata, di origini colombiane. I due stavano passeggiando sul viale Amendola quando, come riporta la stampa locale, un gruppo di giovani ha iniziato a offenderli. Dagli insulti (“marocchino di merda”), si è passati ad una vera e propria aggressione fisica con spintoni, schiaffi e calci.
Il gruppo di aggressori ha poi tentato di strappare il cellulare dalle mani del giovane, che però ha opposto resistenza. La coppia è poi riuscita ad allontanarsi, trovando rifugio in una farmacia. Il titolare dell’esercizio commerciale, sempre secondo quanto riportato sulla stampa locale, sarebbe stato costretto a barricarsi dentro per evitare che gli aggressori potessero continuare ad aggredire la coppia. Allertati dalle vittime, sul posto sono intervenuti i carabinieri ed i vigili urbani. Il ragazzo, all’arrivo delle forze dell’ordine, è uscito dalla farmacia confermando agli agenti la dinamica e gli insulti: «Mi hanno chiamato marocchino di merda e negro di merda». Gli aggressori sono stati individuati rapidamente e portati in caserma: per loro una denuncia con l’accusa di aggressione con l’aggravante per razzismo e furto. Una settimana fa, il ragazzo aveva denunciato altri casi di razzismo.

da Cronache di Ordinario Razzismo