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Salvini, il diritto alle navi galera

Le responsabilità dell’Italia potrebbero ricorrere sul piano internazionale e su quello interno. Con il trasferimento dei naufraghi dell’imbarcazione verso la frontiera di Valencia potrebbe infatti realizzarsi un vero e proprio respingimento illecito, come quelli verso la Grecia e condannati dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo con la sentenza Sharifi (2014)

Il blocco delle navi umanitarie e il respingimento di centinaia di persone, già duramente provate dagli abusi subiti in Libia, dopo essere state soccorse in alto mare, anche da mezzi della Guardia costiera italiana, viene spacciato come una pressione sugli stati europei per una modifica del Regolamento Dublino. Che stabilisce la competenza del primo paese di ingresso, per l’esame delle istanze di protezione internazionale e per l’accoglienza dei richiedenti asilo.

In realtà alleandosi con i paesi del gruppo di Visegrad le proposte italiane sono destinate a fallire perché sono proprio questi paesi, con l’Ungheria di Orbán, ai quali si aggiunge adesso l’Austria di Kurz, i più strenui avversari del superamento del principio della competenza del primo paese di ingresso.

Le proposte migliorative avanzate dal Parlamento europeo appaiono ormai accantonate per lo spostamento degli equilibri politici nel Consiglio Europeo. Va ricordato che nel voto sulle proposte di un parziale superamento del regolamento Dublino, con l’introduzione di quote vincolanti per ciascun paese, proprio i parlamentari della la Lega e del M5 Stelle si erano astenuti.

Adesso si prospetta un dibattito che vedrà divisioni accentuate tra i diversi paesi, accresciute dalle nuove posizioni italiane, che si esaurirà senza modifiche sostanziali, prima delle prossime elezioni europee.

Al nuovo governo italiano, ed al suo capo «di fatto», il ministro dell’interno Salvini, non resta dunque che ricorrere sistematicamente a veri e propri argomenti di distrazione di massa, per distogliere l’attenzione del suo elettorato dai fallimenti e dalle crisi diplomatiche nelle quali si è cacciato prima ancora di entrare al Viminale. Uno stile di governo che oggi riscuote consenso, un decisionismo violento rivolto contro le Ong, domani contro gli operatori umanitari ed i difensori dei diritti umani, poi verso tutti i segmenti d’ opposizione sui territori.

La disponibilità offerta dalla Spagna per accogliere le 629 persone a bordo della nave Aquarius non è una vittoria da parte dell’Italia sull’Unione Europea, ma costituisce soltanto il risultato insperato di una esibizione muscolare di Salvini, che ha pagato nel giorno del silenzio elettorale, ma che contribuirà a portare all’isolamento il nostro paese. Basti pensare alle dichiarazioni di Macron e del responsabile di “En Marche” che ha definito «vomitevole» la posizione del governo italiano, e della ministra della giustizia spagnola Delgado secondo cui l’Italia rischia «responsabilità penali internazionali». Per quanto la Francia si sia distinta nei respingimenti sommari al confine italo-francese (Ventimiglia, Bardonecchia) anche a danno di minori, e per parte sua la Spagna non può dimenticare la brutalità dei rispingimenti alle frontiere di lame di Ceuta e Melilla.

Ora le responsabilità dell’Italia potrebbero ricorrere anche sul piano del diritto interno, visto che dopo i soccorsi operati dalla Guardia costiera italiana, ed il trasbordo dei naufraghi a bordo di Aquarius, adesso gli stessi migranti si trovano in territorio italiano, a bordo di navi militari che li dovrebbero accompagnare verso Valencia, scortando anche la nave Aquarius.

Con il trasferimento dei naufraghi dell’Aquarius verso la frontiera di Valencia potrebbe infatti realizzarsi un vero e proprio respingimento illecito, come quelli realizzati dall’Italia verso la Grecia e condannati dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo con la sentenza Sharifi (2014) perché queste persone, già soccorse in parte proprio dalla Guardia costiera italiana, hanno fatto comunque ingresso in territorio italiano, trovandosi sottoposte alla giurisdizione esclusiva del nostro stato e non possono essere consegnate, in assenza di un provvedimento formale, ad altri stati, senza avere la possibilità di chiedere asilo in Italia.

Occorre anche ricordare che nel nostro ordinamento è ancora in vigore l’articolo 19 del Testo unico sull’Immigrazione che vieta il respingimento di donne in stato di gravidanza e di minori.

Le Convenzioni internazionali di diritto del mare ed i loro emendamenti non possono essere applicate a seconda della convenienza politica dei governi perché sono preordinate alla salvaguardia della vita umana e della dignità della persona, oltre che alla sicurezza della navigazione.

I migranti che il governo italiano ha deciso di “scaricare” nel porto di Valencia, a differenza di altri più fortunati che una nave militare sbarcherà nel porto di Catania, sono tutte ormai persone vulnerabili rispetto alle quali le convenzioni internazionali impongono lo sbarco nei tempi più rapidi possibili. Non solo quelle del diritto del mare, ma anche la Convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo, alla quale tanto l’Italia quanto Malta sono vincolate, e la Convenzione di Ginevra, per quanto riguarda la possibilità per una persona di chiedere asilo in un Paese alla frontiera. Togliere la possibilità di accesso alla frontiera per chiedere il diritto di asilo va contro la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, e la lunga permanenza in mare, adesso anche a bordo di una nave militare in navigazione per giorni verso il porto di Valencia, potrebbe configurare la violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, affermato dalla Corte europea dei diritti umani.

Altro che cantare vittoria. Le norme e le Convenzioni non si possono forzare per atti d’imperio di un ministro dell’interno.

Fulvio Vassallo Paleologo Docente di Diritto di asilo presso l’Università di Palermo