Sette esuli politici arrestati a Parigi su richiesta del “partito della vendetta”
- aprile 28, 2021
- in anni '70, emergenza, misure repressive
- Edit
Il governo del banchiere Macron vuol far contento il governo del banchiere Draghi, culturalmente egemonizzato dal fascioleghismo e dagli ex campioni della “fermezza”.
Sette italiani rifugiati da quasi 40 anni in Francia sono stati arrestati stamattina per esaudire (o valutare) la richiesta dell’Italia. Altre tre sarebbero al momento irreperibili e dunque ricercati.
Lo annuncia lo stesso Eliseo (la presidenza della Republique, a conferma dell’interessamento diretto di Emanuel Macron.
I dieci sono accusati per fatti risalenti agli anni ’70 e ’80, dall’Italia classificati come “terrorismo”. La “dottrina Mitterand”, nell’accoglierli, contestò metodi e procedure processuali dell’Italia di allora, come le condanne in contumacia, l’utilizzo “generoso” del “concorso morale” (che consentiva di condannare anche persone non coinvolte direttamente in una azione), e altri infiniti limiti al diritto di difesa.
I sette sono stati arrestati tutti a Parigi. L’operazione, secondo quanto si apprende da fonti italiane, è stata condotta dall’Antiterrorismo della polizia nazionale francese (Sdat) in collaborazione con il Servizio di cooperazione internazionale della Criminalpol e con l’Antiterrorismo della Polizia italiana e con l’esperto per la sicurezza della polizia italiana nella capitale francese.
Gli arrestati sono in attesa di essere presentati al giudice per la comunicazione della richiesta di estradizione da parte dell’Italia.
Secondo le notizie diramate da fonti di polizia francesi, si tratta di Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, accusati di aver fatto parte delle Brigate Rosse. Ma anche di Giorgio Pietrostefani, ex dirigente di Lotta Continua condannato per l’omicidio di del commissario Luigi Calabresi (nel cui ufficio venne ucciso Giuseppe Pinelli) e di Narciso Manenti, dei Nuclei Armati contro il Potere territoriale.
Non è inutile ricordare che stiamo parlando di settantenni che, nel loro soggiorno in Francia, si sono comportati in modo assolutamente “irreprensibile”, come del resto certificato da decenni di occhiuta sorveglianza…
Puntualmente ogni tot di tempo emerge il disastro che è stato fatto non arrivando a una soluzione politica per i cosiddetti “anni di piombo”. Ci troviamo di nuovo in uno di questi momenti perché nei mesi scorsi, sollecitato dalle autorità francesi a loro volta un po’ stufe delle insistenze italiane, il nostro Parlamento aveva ratificato la convenzione di Dublino 1996: in materia di estradizioni non prevale più la legge del Paese che riceve la richiesta ma quella dello Stato che presenta la richiesta. Quindi non conta più che i fatti di 40 anni fa per la Francia sono prescritti. In Italia non lo sono ancora e quindi 14 persone che a Parigi e dintorni si erano rifatte una vita rischiano adesso fortemente di essere imbarcate su un aereo e arrivare a Fiumicino per finire magari immortalati dagli iPhone di qualche ministro della Repubblica, come era accaduto a Cesare Battisti.
E la “nuova” fase era iniziata proprio con la consegna dalla Bolivia all’Italia, in violazione di regole e trattati internazionali, dell’ex militante dei Pac. Perché il presidente Mattarella, quello che insieme al suo predecessore Napolitano non si era fatto scrupolo di graziare quattro agenti della CIA condannati per il sequestro e le torture ai danni di Abu Omar, prometteva: «E adesso gli altri». Così le autorità nostrane tornavano alla carica con i cugini di oltralpe. Riunioni e incontri a livello di servizi segreti e di polizia fino all’esplicito “consiglio” francese: ratificate Dublino 1996 e la risolviamo finalmente. I grandi giornali si accorgevano in ritardo della novità giuridica e con determinazione andavano all’attacco. Ora è il turno di Repubblica, un quotidiano che è sempre stato tra i più ostili a una soluzione politica dal momento che fu tra i tifosi più accaniti dello stato di eccezione praticato senza dichiararlo formalmente.
“Un’operazione di vendetta, non di giustizia, messa in campo da uno Stato debole che non sa chiudere i conti con la propria storia”. Così l’avvocatoDavide Steccanella, legale di Cesare Battisti e autore di numerosi libri sugli anni della lotta armata italiana, commenta all’AGI l’arresto in Francia di sette terroristi. “Il mio disagio è legato a perplessità sia di carattere giuridico che sociale e politico – spiega il difensore dell’esponente dei Proletari armati per il comunismo (Pac) catturato in Bolivia dopo oltre 40 anni dai fatti che gli sono addebitati nel 2019 -. Sono individui i cui delitti risalgono dai 40 ai 50 anni fa, mi domando quale sia il senso della giustizia che interviene a distanza di così tanto tempo su soggetti che non sono da decenni in Italia sulla base di quelli che furono accordi col governo italiano. La ‘dottrina Mitterand’ nacque per risolvere un problema storico perché quegli individui non erano delinquenti singoli”. Il “messaggio” che questa operazione trasmette secondo il legale milanese “è molto negativo e antistorico. Il procedimento utilizzato è quello per i criminali nazisti presi in Sudamerica, paragonando chi ha gestito i lager a chi ha partecipato – parliamo di 6mila persone condannate e altri numeri enormi – a una guerra civile a bassa intensità. Sono soggetti peraltro che nel Paese che li ha ospitati non hanno dato problemi di illegalità”.
Steccanella manifesta “disagio” anche in una lettura giuridica. “Ho letto del ricorso a procedure del tutto straordinarie tra cui l’estensione della nozione di ‘delinquenza abituale’ per consentire termini di prescrizioni più lunghi. Come si può applicare questa qualifica a una persona che ha commesso un delitto tanti anni fa? Sono forzature giuridiche”. Nemmeno, nella lettura dell’avvocato, è corretto parlare di un blitz a beneficio delle vittime”- “Nei Paesi civili le vittime non decidono la sorte detentiva dei presunti colpevoli, ma attendono giustizia e processi. Cosa cambia vedere un singolo arrestato 40 anni per delitti maturati in un disegno collettivo? Non erano quattro disperati che spararono un giorno”. Così come per l’arresto di Battisti “si vuole sventolare un vessillo e accontentare l’opinione pubblica che ha voglia di forca in un momento in cui al Paese non si sa dare altro”. “Mi auguro che la Francia – conclude Steccanella – non consegni questi soggetti all’Italia per fargli scontare una pena che non ha nessun senso costituzionale in condizioni illegittime come quelle riservate a Battisti”.
“Questo Paese appena cinque anni dopo la guerra ha dato amnistia e indulto a membri delle bande di fascisti che torturavano. E vogliamo parlare dell’armadio della vergogna? Sembra che solo i reati degli anni ’70 siano imprescrittibili, perché i protagonisti di quegli anni sono i vinti della storia”. A parlare all’Adnkronos è Paolo Persichetti, negli anni ’80 nelle Brigate Rosse-Unione dei Comunisti, primo (e unico, al momento) ex militante della lotta armata estradato in Italia dalla Francia, che, commentando gli arresti di oggi, sottolinea: “La messa in discussione dello Stato, il crimine rivoluzionario, è quello che non perdonano, anche se quella rivoluzione è fallita e tutti lo sanno, dunque non c’è nemmeno un pericolo di ‘memoria’”.
“L”esilio’ – dice Persichetti, parlando di una esperienza che ha vissuto in prima persona – non dico che è una forma di pena ma è certamente un percorso di difficoltà, di sofferenza: vivi senza permessi, senza lavoro, non è che sei lì a fare la bella vita, anche se poi magari la propaganda ti dipinge a mangiare ostriche e champagne. In Francia non ho mai avuto assistenza medica, non avevo i soldi per fare nulla, quando vivi sans papier è così”. E tuttavia, racconta l’ex terrorista parlando dei fuoriusciti, “quelle persone anche restando lì sono riuscite a dare un valore aggiunto alla loro vita. Roberta Cappelli, ad esempio, lavora da tanti anni come educatrice in una scuola per bimbi disabili: era un architetto, si è riconvertita, ha acquisito nuove competenze ed è diventata una riabilitatrice, una figura fondamentale per tante mamme con figli in difficoltà. Marina Petrella, invece, ha un’associazione che fa un lavoro sociale enorme, si occupa dei vecchietti, fa attività di sostegno sul territorio”.
“Che senso ha ora distruggere tutto ciò? La pena deve avere una funzione socializzante, riabilitativa. E in qualche modo l”esilio’ ha avuto lo stesso effetto – sottolinea Persichetti, oggi ricercatore storico -: è stata la prova di un’alternativa possibile alla pena, alla sanzione e alla repressione, e una prova vincente. Il problema è che questo dimostra l’inutilità del sistema sanzione e del sistema giustizia come lo concepiamo. Ecco allora che dopo 40 anni lo Stato riafferma un potere su persone di 65 anni e più, che minimo dovranno fare 10 anni di carcere per avere benefici. Che senso ha? Il rapporto tra il tempo e la giustizia non può essere infinito”.
Ma gli arresti in Francia ottenuti dall’Italia sono un messaggio soprattutto a chi si oppone adesso.. ai NoTav e agli operai della logistica.., “sarete perseguitati per tutta la vita.. non vi daremo tregua”…. tra passato presente e futuro…
********
aggiornamento da Radio Onda d’Urto – Mercoledì 28 aprile 2021 – Arrestati questa mattina, in Francia, a Parigi, 7 ex militanti di formazioni combattenti rivoluzionarie italiane degli anni Settanta. Altri tre sono ricercati, al momento la polizia francese non li ha trovati. A quarant’anni dai fatti imputati ai 10, scattano vendetta e rappresaglia dello Stato italiano con la collaborazione di Parigi. Nei giorni scorsi, infatti, la ministra della Giustizia italiana Cartabia aveva chiesto di procedere all’estradizione all’omologo francese Eric Dupond-Moretti.
I sette sono Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi, tutti ex militanti delle Brigate Rosse, Giorgio Pietrostefani, ex Lotta Continua, Narciso Manenti ex Nuclei Armati per contropotere territoriale. L’Eliseo ha riferito che la decisione di procedere all’operazione – denominata “Ombre rosse” – è stata presa direttamente dal presidente francese Emmanuel Macron. Secondo le autorità francesi la decisione “si colloca strettamente nella logica della ‘dottrina Mitterrand’ di accordare l’asilo agli ex brigatisti, eccetto ai responsabili di reati di sangue” e la compilazione della lista dei 10 nomi sarebbe il frutto “di un importante lavoro preparatorio bilaterale, durato diversi mesi”. Gli ex militanti arrestati dovranno ora comparire davanti al giudice francese per la comunicazione della richiesta di estradizione da parte dell’Italia e non è detto che il tribunale decida di estradarli.
La ‘dottrina Mitterrand’ fu una politica relativa al diritto d’asilo in Francia enunciata nel 1985 dall’omonimo presidente socialista francese dell’epoca, François Mitterrand. Era diretta a non concedere l’estradizione a persone (in particolare italiane) imputate o condannate, ricercate per “atti di natura violenta ma d’ispirazione politica” – purché non diretti contro lo Stato francese – qualora i loro autori avessero rinunciato a ogni forma di violenza politica. In tal modo concedeva di fatto un diritto d’asilo a ricercati stranieri, che in quel periodo si rifugiarono numerosi oltralpe.
Il commento ai nostri microfoni di Oreste Scalzone, tra i fondatori di Potere Operaio, successivamente dell’area dell’Autonomia operaia ed ex rifugiato politico in Francia. Ascolta o scarica.
Ai nostri microfoni anche Paolo Persichetti, giornalista, ex militante delle Brigate Rosse ed ex rifugiato politico in Francia. Ascolta o scarica
Come leggere, ora, la decisione dei governi francesi e italiani? Il commento di Frank Cimini, storico cronista di giudiziaria e fondatore del sito www.giustiziami.it. Ascolta o scarica
Le valutazioni di Geraldina Colotti, giornalista ed ex prigioniera politica. Ascolta o scaric
Sulle reazioni in Francia la corrispondenza con Ulrike, compagna che vive e lavora come ricercatrice universitaria nella zona nord di Parigi, quella di Saint Denis. Ascolta o scarica
******
l’ex Br Piccioni: “Rabbia, esibizione di forza da Stato che non sa fare lo Stato”
L’ex brigatista Francesco Piccioni parla all’Adnkronos dell’operazione ‘Ombre rosse’ scattata a Parigi
“Un’esibizione di forza” o un’operazione “di distrazione di massa” da parte di “uno Stato che non sa fare lo Stato”. L’ex brigatista Francesco Piccioni, condannato all’ergastolo, mai pentito, parla così all’Adnkronos dell’operazione ‘Ombre rosse’ scattata a Parigi nei confronti di alcuni ex terroristi italiani per cui è stata richiesta l’estradizione dalla Francia.
Piccioni, che ha fatto parte della direzione strategica delle Br, di quegli ex compagni “esuli” a Parigi da quarant’anni dice: “Quel gruppo viene usato come un frigorifero da cui ogni tanto si tira si tira fuori qualcosa per dire ‘vedete siamo bravi, abbiamo preso questo’. È ridicolo, la prossima retata sarà nelle Rsa – ironizza facendo riferimento all’età dei latitanti -. Non è una cosa seria, se non per la vita di quelle persone. Per come la vedo io, non sono gesti politici di uno Stato forte o di uno Stato che difende i propri principi. Quindi, che dire? C’è un po’ di rabbia e c’è anche un po’ di noia, perché è una cosa che si ripete nel tempo. Ci sono gli amici a cui uno pensa, certo, ma che sarebbe accaduto di nuovo lo sapevano già anche loro. Sono abituatissimi”.
D’altra parte, ragiona Piccioni, questa situazione rappresenta anche “una risorsa per uno Stato che non ha molte altre cose di cui vantarsi. Così un giorno tocca a Battisti, un giorno a Petrella… e questa cosa andrà avanti fino a quando i magistrati francesi non esamineranno per la decima volta forse la stessa montagna di fascicoli che ha già portato altri magistrati francesi a negare l’estradizione”.
Secondo l’ex Br, “gli Stati seri che vogliono chiudere una pagina della loro storia, fanno come è stato fatto dopo ogni conflitto e ogni guerra, fanno le fucilazioni o le amnistie”. Tuttavia, a un confronto su un provvedimento di amnistia Piccioni non crede più: “Di queste cose ho discusso con Cossiga e Forlani oltre vent’anni fa e in maniera molto più seria, perché quelli contro cui abbiamo combattuto, i Forlani, gli Andreotti, i Cossiga, erano degli statisti. Certo, anche loro non sono riusciti a prendere una decisione, però almeno si erano posti il problema. Oggi mi sembra che non ci si ponga nemmeno quest’ordine di questioni. Non credo che ci sia spazio di discussione politica dentro questo governo”. D’altra parte, sottolinea, “se si ha intenzione di chiudere con un periodo storico non si fa una cosa del genere, non si ordina una retata”.
Quanto al Quirinale, “una mossa” sul fronte amnistia potrebbe “farla quando vuole, e Mattarella avrebbe tutta l’abilità, la capacità e anche la storia personale per farlo”. Ma “se non lo ha fatto finora, visto che stiamo per entrare nel semestre bianco, non credo che lo farà”.
“La cosa ridicola – prosegue Piccioni – è che tutto nasce dal non voler riconoscere la natura politica di un fenomeno, quando, se dopo quarant’anni si sta ancora a discutere di quello che è accaduto, è evidente che la natura politica di quel fenomeno è sotto gli occhi di tutti”.
In questo senso, all’ex procuratore Italo Ormanni, secondo cui dire che l’arresto dopo 40 anni non serve più è come dire che era inutile processare Eichmann, il criminale di guerra nazista arrestato dai servizi segreti israeliani e condannato negli anni Sessanta, Piccioni replica: “È una cosa insultante, stiamo parlando di scale storiche e dimensionali completamente opposte. Con questa logica qui tra un poco qualcuno chiederà di processare anche Che Guevara…”.
Piccioni non condivide la posizione di chi dice che il rientro in Italia degli ex terroristi potrebbe servire anche a fare luce su alcuni ‘misteri’ di quegli anni: “Questo si sa che è falso, perché ci sono stati i processi, condotti peraltro da magistrati che sapevano fare il loro mestiere, ci sono state le confessioni e se tutte queste informazioni che sono state vere ai fini processuali e della determinazione delle condanne non piacciono perché non corrispondono agli interessi politici non ci possiamo fare niente”.
A chi invece vorrebbe dagli ex terroristi maggiore autocritica, Piccioni risponde: “In un paese che ha appena superato la soglia di 120.000 morti per covid perché ha distrutto volontariamente il sistema sanitario pubblico, se dovessimo discutere di autocritiche, vorrei che qualcuno si facesse avanti. Quanto a noi terroristi, non vedo ragioni di autocritica se non in un foro interno, per le cose fatte e fatte male. Fare autocritica pubblica e fustigarmi davanti a gente che non è in grado nemmeno di assicurare la sanità pubblica della propria popolazione sinceramente questo no”.
***********
Comunicato stampa a firma di Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Gianluca Schiavon, responsabile giustizia del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea
Arresti in Francia, una vendetta inutile
Esprimiamo disappunto nei confronti dei Governi italiano e francese per gli arresti di ex-brigatisti e di un ex-militante di Lotta Continua eseguiti dalla polizia francese.
Non capiamo a cosa serva arrestare, in spregio dell’art. 27 della Costituzione, dopo decenni, persone anziane che in Francia si sono rifatte una vita. Non chiamiamola giustizia. Ci sembra che si stia consumando una vendetta che serve più a fare spettacolo che a difendere la sicurezza collettiva che nessuno degli arrestati minaccia. Non ci pare che vi siano neppure esigenze di indagine alla base di questi arresti.
La Francia qualche anno dopo la Comune di Parigi diede l’amnistia ai comunardi che pure aveva represso violentemente. La Repubblica italiana nata dalla Resistenza fece l’amnistia per i fascisti. Una classe dirigente che ha reso più povero e ingiusto il paese va a caccia di pensionati all’estero.
Il mandato di cattura europeo delle persone arrestate si stava avvicinando alla scadenza al punto che per quasi tutti loro nel 2022 non avrebbe avuto più alcuna possibilità di essere eseguito. Tutto questo ha senso?
Nel rispetto della vittime va chiusa la stagione del diritto emergenziale e approvato un provvedimento generale di clemenza.