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Solo negligenza delle autorità locali per la strage di Cutro?

Chi ha imposto al personale della Guardia costiera e della Guardia di finanza le «procedure»», o vi ha partecipato direttamente nel coordinamento ai Tavoli tecnici ministeriali?

di Fulvio Vassallo Paleologo da il manifesto

Il ministro Piantedosi ha replicato con la consueta indignazione all’avviso di conclusione delle indagini sulla strage di Steccato di Cutro nel quale la Procura di Crotone individua come responsabili per omissione nella trasmissione di informazioni, contestando reati molto gravi come naufragio colposo e omicidio colposo plurimo, due esponenti locali della Guardia costiera e quattro componenti del Reparto aeronavale (ROAN) della Guardia di finanza di Vibo Valentia.

Come prevedibile, gli esponenti di governo, da Salvini a Piantedosi, hanno espresso solidarietà ai rappresentanti delle forze dell’ordine coinvolti nelle indagini. In particolare l’attuale ministro dell’interno si è dichiarato certo dell’innocenza dei sei indagati, affermando che «gli operatori di Crotone dimostreranno la loro estraneità», con l’auspicio «che anche per loro valga il principio costituzionale di non colpevolezza fino a sentenza definitiva». Non possiamo che condividere questo richiamo del ministro dell’interno.

Non basta però attribuire tutte le responsabilità della strage ad una virata improvvisa dello scafista, quando l’imbarcazione era giunta ormai a poche decine di metri dalla costa, perché se è vero che il personale della Guardia costiera e della Guardia di finanza avrebbe seguito tutte le «procedure previste», occorre chiedersi chi ha imposto quelle procedure o vi ha direttamente partecipato nei ruoli di coordinamento che competono alle autorità centrali, dunque ai Tavoli tecnici ministeriali ed al Nucleo centrale di coordinamento (NCC) del ministero dell’interno.

A meno di non ritenere che gli unici responsabili della morte di tanti bambini, oltre ai presunti scafisti, siano i genitori che li hanno messi su una barca per attraversare il Mediterraneo, in assenza di più sicuri canali legali di ingresso.

Se un difetto, o una completa mancanza di informazioni, viene contestata agli organi periferici forse si dovrebbe ricostruire la catena di comando ed il flusso di comunicazione costantemente attivo con le autorità centrali, perché soprattutto nel caso di eventi SAR che maturano al di fuori delle acque territoriali, in base al Piano SAR nazionale del 2020, che richiama le Convenzioni internazionali, la competenza per le decisioni relative al passaggio da una operazione di contrasto dell’immigrazione irregolare (law enforcement) ad una operazione di ricerca e salvataggio (SAR) risale necessariamente ai vertici della Guardia costiera ed al Nucleo centrale di coordinamento presso il Viminale, al quale partecipano, tra gli altri, esponenti del Corpo delle Capitanerie di Porto e della Guardia di finanza.

Ed è a questo Nucleo centrale di coordinamento (NCC), che Frontex comunica in tempo reale tutti gli avvistamenti di imbarcazioni sospettate di «trasportare» migranti verso le coste italiane, «target da intercettare, secondo i piani operativi predisposti dal ministero dell’interno, attraverso i periodici “tavoli tecnici”, solo quando arrivano a varcare il limite delle 12 miglia delle acque territoriali, a meno che non sia necessario soccorrerle prima.

Ma nel caso della strage di Cutro è sempre stato evidente, al di là delle responsabilità dello scafista, che i soccorsi, possibili quando il caicco si trovava in acque internazionali, diventavano impossibili in prossimità della costa, per l’altezza delle onde sui fondali più bassi e per il peggioramento delle condizioni meteo.

Non possiamo condividere per questo quanto osservato dalla Procura di Crotone, secondo cui «è risultata non censurabile la scelta iniziale di qualificare l’evento come operazione di polizia (law enforcement) in luogo di soccorso in mare». Lo stesso Regolamento Frontex n.656 del 2014, che la Procura di Crotone richiama a base delle sue determinazioni, contiene criteri di valutazione degli eventi SAR come le condizioni meteo marine, l’assenza di dispositivi di salvataggio, ed il sovraccarico che, se correttamente applicati dalle competenti autorità italiane, avrebbero imposto, già nella sera del 25 febbraio 2023, l’immediata qualificazione dell’evento, subito dopo l’avvistamento da parte dell’assetto aereo di Frontex, come un «evento di soccorso (SAR)» e non invece come un mero evento di immigrazione irregolare (law enforcement).

Se un difetto di comunicazione tra i diversi organi si è verificato, questo va dunque valutato alla luce delle competenze e dei criteri di qualificazione degli eventi SAR imposti dalle autorità centrali. La strage di Steccato di Cutro del 26 febbraio dello scorso anno, è l’ennesima conferma delle conseguenze letali delle politiche di abbandono in mare, frutto della valutazione degli eventi di soccorso (SAR) come attività di immigrazione irregolare, se non “clandestina” e delle limitazioni dell’area operativa di intervento in acque internazionali della nostra Guardia costiera.

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